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Cosa ne sarà di mia sorella?

“Non dobbiamo ragionare con la pancia, ma col cervello e anche con un po’ di cuore
Emma Bonino

Perché spesso bisogna prendere decisioni che riguardano gli aspetti più profondi della nostra umanità. E quando facciamo una scelta, quando decidiamo cosa comprare, chi votare, dove andare a vivere, quanto pagare la baby sitter, stiamo compiendo azioni che influenzano direttamente la vita di altre persone. E le persone sono fatte di carne ed emozioni. E quelle persone avranno una Famiglia, un cane, un gatto, un povero cristo che le aspetta a casa la sera.

Perché anche i più stronzi di noi hanno il diritto ad essere considerati degli esseri umani. Perciò bisogna ragionare anche con il cuore.

E bisogna essere empatici. Pensare con la testa degli altri. Emozionarsi delle stesse emozioni che guidano altri essere umani.

***

Questo post va letto e ascoltato. Metti un paio di cuffie e quando ti dico io, premi play sui file audio che troverai strada facendo.

Seguimi perché ti racconterò la storia di una famiglia e delle sue paure.

Come al solito, partiamo da un podcast, dall’episodio 611 di This American Life.

Sabato mattina a Chicago, quattro giorni dopo che l’amministrazione Trump ha diramato le nuove linee guida sulla deportazione di quelli che in America chiamano “undocumented immigrants”, gli immigrati “illegali”. I giornalisti di This American Life sono andati a raccogliere alcune interviste presso il consolato del Messico.

Chicago è una città con una grossa comunità messicana. Ci sono almeno 500 mila persone di origine messicana e circa un quarto di questi non ha i documenti in regola.

Il consolato ha organizzato un “workshop” per spiegare ai cittadini messicani come gestire gli eventuali problemi che queste nuove linee guida potranno generare. Arriva molta gente. Quando la prima stanza con 100 posti si riempe, il consolato deve aprirne una seconda, poi una terza, poi la gente inizia a restare in piedi.

I funzionari del consolato spiegano in spagnolo quali sono i loro diritti e che non devono far entrare in casa  nessun poliziotto a meno che questo non abbia un mandato di un giudice.

Si allenano a dire: “Non do il mio consenso a farvi entrare” [PREMI PLAY]

https://trentapercento.files.wordpress.com/2017/03/idonot.mp3

[le hai sentite le voci dei bambini?]

Dopo aver assistito al workshop i giornalisti di This American Life si intrattengono a parlare con alcuni delle persone nel pubblico.

Tra le ultime persone ad uscire dal consolato c’è Cuca, una donna con due figlie, la prima di 19 e la seconda di 11 anni. La bimba di 11 anni è una cittadina americana, è nata negli USA e lì vige lo ius soli, se nasci in America sei un cittadino americano. La figlia più grande di Cuca è una vincitrice di borsa di studio presso un famoso college di Chicago (Cuca si rifiuta di dare maggiori dettagli).

Cuca ha registrato tutto il workshop perché lo ascolterà con suo marito e dovranno studiarlo assieme.

Cuca racconta che in casa hanno un piano, ne hanno parlato e hanno deciso cosa fare se uno di loro verrà cacciato dal paese.

Cuca non parla inglese e perciò deve essere aiutata da una traduttrice. Per noi italiani però è meno complicato capire cosa sta dicendo Cuca in spagnolo, in fondo “mama” e “mamma” sono abbastanza simili. [PREMI PLAY]

https://trentapercento.files.wordpress.com/2017/03/tumama.mp3

La figlia maggiore di Cuca è protetta dal DACA, il Deferred Action for Childhood Arrivals, un programma creato da Obama nel 2012 che tutela gli immigrati illegali da un’eventuale deportazione. Il DACA tutela tutti quegli immigrati che sono entrati negli Stati Uniti prima di aver compiuto 16 anni e che hanno frequentato con successo le scuole americane. L’idea del DACCA è quella di non punire quei ragazzi o quei bambini che sono stati cresciuti in America e che si sono integrati perfettamente nella società. L’amministrazione Trump e il partito Repubblicano hanno già annunciato che ridurranno il programma DACCA.

Cuca e la troupe di This American Life si incontrano di nuovo nell’appartamento della sua famiglia. Whitney è la figlia più grande e racconta che qualche giorno prima la mamma e il papà avevano chiamato le due figlie nel salone di casa per una riunione di famiglia. [PREMI PLAY]

https://trentapercento.files.wordpress.com/2017/03/whostai.mp3

Whitney racconta che la madre dice loro che devono mettersi d’accordo. La famiglia deve decidere come comportarsi se uno di Loro Venisse Deportato, devono decidere assieme chi resta e chi parte.

All’inizio decidono che se uno di loro venisse deportato allora tutta la famiglia dovrebbe tornare in Messico. Ma poi pensano che forse sarebbe meglio per Whitney finire gli studi in America. E se Cuca venisse deportata, forse non avrebbe senso che anche il marito la seguisse in Messico, forse sarebbe meglio non perdere i soldi dello stipendio di lui.

Insomma, non è facile decidere. [PREMI PLAY]

https://trentapercento.files.wordpress.com/2017/03/complicatas.mp3

Whitney racconta di aver sofferto molto durante quella riunione di famiglia.

Naomi, la sorellina di 11 anni, non sembra invece avere ricordi particolari di quella giornata. Naomi sembra un bambina felice e tranquilla, tutta presa dai suoi videogiochi e sempre pronta a scherzare e a prendere in giro tutti.

Poi incomincia a raccontare che spostarsi in Messico sarebbe stato complicato per lei, perché lì non ci sono tutti i Lego che hanno in America. Non ce l’hanno i Lego di Sponge Bob in Messico.

Qualcuno le chiede cosa si ricordava di quella discussione in famiglia. E Naomi dice che non si ricorda molto, che il papà era tutto serio, che qualcuno piangeva.

https://trentapercento.files.wordpress.com/2017/03/yeahhh.mp3

E Naomi era lì che pensava ai fatti suoi, al fatto che il giorno dopo forse sarebbe venuto a nevicare e lei voleva assolutamente che nevicasse.

Poi ha ascoltato qualcosa che l’ha fatta preoccupare.

“Cosa ti ha fatto preoccupare?”, le chiedono.

[PREMI PLAY]

https://trentapercento.files.wordpress.com/2017/03/family2.mp3

Si rivolge alla sorella più grande e dice:

“Che non ci vedremo per almeno due anni. Noi siamo una famiglia. Noi dobbiamo restare insieme”




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