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Il buon esempio dei "grandi"


Difficile immaginare che il conflitto arabo-israeliano possa attenuarsi se i primi a farsi la guerra sono i signori in giacca e cravatta che stanno al palazzo di vetro dell'ONU. 

Nello specifico, lo scontro si è svolto oggi durante una riunione speciale del consiglio di Sicurezza e ha visto protagonisti António Guterres e Gilad Erdad, rispettivamente segretario generale delle Nazioni unite e ambasciatore ebraico all'ONU. La scintilla che ha dato fuoco alle polveri è partita da Guterres il quale, dopo aver condannato con forza l'attacco di Hamas del 7 ottobre, si è permesso di far notare che "gli attacchi di Hamas non sono arrivati dal nulla. Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione", anche se questi anni "non possono giustificare gli spaventosi attacchi di Hamas". Da qui la reazione eufemisticamente indignata di Erdad, che ha accusato Guterres di dimostrare comprensione per la campagna di uccisioni di massa di bambini, donne e anziani e quindi di non essere adatto a guidare l'ONU. 

Se si lascia da parte il fatto che in 17 giorni di guerra la rappresaglia di Israele ha causato, secondo Save the Children, la morte di 2000 bambini palestinesi e il ferimento di altri 4600 (ferimento è oltretutto un termine dolce che racchiude ustioni atroci, perdita di arti e altre orribili ferite da esplosione), non si capisce cosa abbia detto Guterres per innescare la violenta reazione dell'ambasciatore di Israele. Ha semplicemente detto ciò che è storia, e cioè che decenni di politiche israeliane hanno contribuito a creare una situazione insostenibile a Gaza. Fino all’esplosione della violenza terroristica di Hamas del 7 ottobre e alla nuova guerra. Quella situazione che Gad Lerner qualche giorno fa ha metaforicamente equiparato a una pentola a pressione che alla fine è scoppiata. E che Israele e l'Occidente abbiano avuto nel corso dei decenni responsabilità enormi per quanto riguarda l'incancrenirsi di questa situazione non è che lo dice Guterres, che è solo l'ultimo arrivato, ma lo dicono da sempre storici, esperti di geopolitica, giornalisti. 

Dire questo non significa comprendere o solidarizzare con Hamas - solo una persona non sana di mente potrebbe farlo -, significa semplicemente contestualizzare il tutto e cercare di capire la storia pregressa che ha poi condotto al tragico epilogo di questi giorni. Ma la vedo dura, se a scannarsi su questi temi sono quelli che dall'alto della posizione che occupano dovrebbero essere i primi a dare segnali di distensione e di pace.



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