Per assurdo, le immagini più nitide che ho del Capitano per eccellenza sono immagini di sconfitta, di sconforto, di pianti. Per la verità è un pianto positivo, una sincera commozione, quello della sera del suo addio al calcio. Una serata più emozionante di tante partite, di tanti Milan-Juventus, di tanti Milan-Inter. E la seconda immagine che mi viene in mente è un clamoroso autogol, con un colpo di testa in tuffo, contro quell’Ajax fortissimo che avremmo poi ritrovato in finale di Coppa. Lo ricordo perché quell’autogol portava con sé pensieri tristi, pensieri come “cavolo, Franco è in difficoltà… vuoi vedere che a fine stagione si ritira?”. Non fu quell’anno, fu quello dopo, il tempo di segnare un gol al Padova, di vincere uno scudetto, e infine arrivederci.

Se volessi parlare a lungo del pianto nel dopopartita di Italia-Brasile, ad USA94, annoierei di sicuro i lettori perché tutti gli appassionati di calcio hanno impressa nella mente quella scena, e non la dimenticheranno mai. Nonostante il rigore sbagliato, ricevesti 9 in pagella dalla Gazzetta. Da noi milanisti hai sempre ricevuto 10.

Per assurdo è più difficile ricordare gli anni dei trionfi, i tanti trofei sollevati: eppure li ho vissuti tutti; è Difficile Ricordarsi le interviste, mai fuori dalle righe; è difficile ricordarsi delle mille braccia alzate a chiamare il fuorigioco, perché le immagini si sovrappongono e si fondono l’una nell’altra.

Non c’è lezione morale in questo intervento, nessuna apologia di campione, nessuno scopo recondito: oggi è il compleanno di Franco Baresi e mi andava di scrivere qualcosa su di lui. Qualcosa su come io mi ricordo di lui, perché il ricordo personale è spesso diverso dai lunghi elenchi di vittorie e sconfitte che si trovano negli almanacchi.