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Ladycat War Zone #7. “La principessa e il ronin”

Tanto tempo fa, c’era una principessa. Discese nel mondo sotto forma di una gatta.
Di una bellezza che solo pochi occhi potevano scorgere.
Un giorno lei venne scacciata e ripudiata dalla sua casa. Vagò raminga, finché non intravide una piccola casa, scorse un piccolo ronin. Con i suoi occhi capì che la casa e il cuore dell’uomo erano sempre aperti per i pellegrini come lei. Si sedette sull’uscio e guardò dentro.
Il ronin si accorse di lei e fu amore a prima vista.
Le disse che anche lui era un forestiero nel mondo, ma che aveva costruito una piccola casetta nel giardino e sarebbe stato felice se lei l’avesse accettato come rifugio, e se avesse accettato il suo amore, il cibo, l’acqua e i vestiti condivisi con lei.
Lei accettò e lo ringraziò. Era autunno. Il ronin prese la sua tazza, la sua ciotola, la sua coperta e il suo maglione. Adattò la casetta piccola ma confortevole, le mise la tazza e la ciotola, con la coperta e il maglione fece dei giacigli per confortarla d’inverno, per darle frescura d’estate.
Ma un giorno, dopo due anni, inaspettatamente sparì.
Per lunghi sette anni il ronin la cercò, ogni giorno all’alba e al tramonto la cercava sui crinali riarsi dal sole o dal gelo.
Finché un giorno tornò alla sua porta. Come se non fosse passato un solo giorno.
L’uomo la abbracciò e le disse che la sua casetta era pulita e in ordine, era in attesa di lei.
Trascorse del tempo, il ronin venne segnato dagli eventi della vita, entrambi vissero insieme altri due anni. Poi d’inverno l’uomo cominciò a sentire freddo nelle ossa, ma non intravide i cumuli oscuri all’orizzonte, ma percepì che in quell’anno non era giunto l’inverno dello spirito, come sempre.
Un giorno, scoppiò un terribile temporale. La principessa cadde sotto un’oscura ombra, cominciò a perdere se stessa, vagò sotto la pioggia dura, incessante, quella pioggia che scava la pelle, corrode le ossa e ti divora dentro, che cerca di soffocare la luce.
Il ronin non la vide e disperatamente la cercò giorno e notte, sentiva un oscuro presagio.
La ritrovò sotto il temporale. Confusa, piegata, senza forze.
La riportò dolcemente nella casetta, nel suo rifugio. La asciugò tutto il giorno, non smise mai di parlarle, di pregare a modo suo.
Ma la pioggia cadeva sempre più forte, dura, implacabile e impietosa.
L’uomo fece scudo con se stesso, la protesse, cercò di proteggerla, mentre la pioggia perforava il suo mantello e la sua pelle, rodeva le ossa e si calcinava nel suo spirito erodendolo, rendendolo sordo e cieco e vuoto.
Nel momento più buio l’uomo cercò disperatamente aiuto. Anche se sapeva che ormai era troppo tardi. Nella suo totale e contuso annichilimento, sentì che qualcuno stava cercando di dare conforto a loro due. Una donna con un ombrello di carta di riso diede un temporaneo sollievo ai due, al ronin.
Grazie, disse l’uomo tra le lacrime.
Lasciala andare, disse la donna, fallo per lei. Sì, disse a malincuore l’uomo, distrutto, poi si voltò per un attimo.
E quando il suo sguardo ritornò sulla principessa lei era andata, sulle ondate terribili della pioggia.
L’uomo la udì sussurrare. Le disse che le voleva bene. La salutò.
Poi restò a lungo a guardarla, compresso nel suo silenzio.
Un silenzio che unisce due vite. Per sempre.




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