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Lavorare a domicilio, quando scelsi questa strada

Lavorare a domicilio è poco consueto e spesso mi sono sentita chiedere il perché di Questa scelta. Iniziamo a dire che ho sempre ritenuto che lo psicologo non dovesse necessariamente svolgere il proprio lavoro in uno studio, soprattutto, perché questo spesso è visto con apprensione dai pazienti, i quali collegano lo studio a una gabbia. Persone che avrebbero voluto intraprendere una terapia più volte mi hanno detto ciò. Questo probabilmente è dovuto al fatto che la nostra figura è ancora, purtroppo, vista con diffidenza. Ho sempre pensato che non fosse importante il luogo ma il risultato e so che a queste mie parole i colleghi amanti delle teorie sul setting arricceranno il naso, pazienza. Un altro aspetto, che fortunatamente inizia a sdoganarsi, è riferito al camice e al suo uso, anche in questo caso io preferisco non indossarlo. L’unica volta che l’ho fatto è stata durante il tirocinio, ma questa è un’altra storia. Ciò che ha rinforzato questa mia visione è stata la lettura del libro di Alberta Basaglia, la quale in uno dei suoi racconti annovera gli incontri del suo papà con un paziente all’interno di un bar. Leggere ciò mi ha rinfrancato il cuore e mi ha dato lo stimolo per andare avanti. Franco Basaglia è il mio punto di riferimento e sapere che il mio operato, senza falsa modestia, potrebbe avere come antecedente lui, beh che dirvi, mi scalda l’anima. So di avere tanta strada da fare, ma penso anche di essere sulla retta via. Detto questo che dirvi, beh un saluto e al prossimo incontro, ovunque esso sia.

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