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Gilda, una vita sempre sul filo del rasoio

Oggi sono felice ed emozionata, vi racconto di Gilda, voi però la conoscete come l’autrice del blog Non può essere vero. Sono molto entusiasta del fatto che abbia accettato di raccontarsi, c’è sempre questa sorta di scontro emotivo fra chi soffre di intolleranze e chi soffre di allergie, credo che ognuna vede le cose a modo proprio, ma come dice la stessa Gilda:- Il mio non è sarcasmo e so che risulterò impopolare, però, capitemi, a volte vorrei proporre un cambio, io sto una giornata in bagno e tu provi uno shock anafilattico.

Benvenute nel mondo di Gilda

Gilda scopre la sua prima allergia nel duemilauno dopo aver mangiato un Ferrero Rocher, ma lo faccio raccontare a lei.

La mia prima reazione allergica è stata il quattordici Aprile duemilauno. Era un sabato pomeriggio e improvvisamente ho iniziato ad avere prurito, mi si è gonfiato il labbro e ho smesso di respirare. Avevo mangiato dei Ferrero Rocher che mi aveva regalato mio cugino e che avevo sempre mangiato. Siamo corsi in ospedale e dopo un mese esatto ho fatto i miei primi test allergici.  Prima non era possibile, bisognava smaltire il cortisone che mi avevano fatto in pronto soccorso. Ero risultata allergica a nove alimenti. Dopo quella volta, abbiamo scoperto nuove allergie nel duemilasei. Dal duemilasei in poi, ogni due anni circa sono venuti fuori nuovi alimenti purtroppo.

La vita di Gilda, come si può ben comprendere non è facile, vivere con il terrore di smettere di respirare diciamo che non è l’aspirazione di tutti, ecco, perché, non mi sento di biasimarla quando mi dice che farebbe volentieri cambio con una sola intolleranza. Non è un io contro voi, è semplicemente, la stanchezza tutta umana, di una donna che vorrebbe solo avere un po’ di serenità. Non è semplice vivere con la consapevolezza che ogni giorno ci possa essere qualcosa che ti faccia male.  Chiedo in ogni caso quale iter abbia dovuto percorrere e come abbia reagito a queste scoperte.

Lei mi dice:-In realtà lì per lì non c’è stato nessuno problema, in famiglia ci siamo limitati ad eliminare dalla mia dieta tutte quelle cose che non potevo mangiare, ma ai tempi la situazione non era così grave come oggi, sebbene nel duemiladue ho avuto il mio primo shock anafilattico (fino a quel momento solo anafilassi). I primi test che ho fatto erano i famosi prick test (che adesso non posso più fare), oltre agli esami sierologici. Dal duemilasei mi sottopongo a day hospital,  prima erano annuali, adesso semestrali per controllare la situazione. Il mio piano terapeutico prevede l’uso dell’iniettore di adrenalina (la regione me ne da due gratuitamente annualmente e me li integra se mi capita di utilizzarlo), in più ho diversi tipi di cortisone e antistaminico da utilizzare in base al caso specifico e il Ventolin.

Gilda è una donna forte, ma che vive sicuramente uno stress non indifferente, una di quelle situazioni che credo non sia facile da comprendere. Non è bello sapere che la tua vita sia sempre appesa ad un filo e magari scorgere nello sguardo altrui quel misto di compassione, unito a stanchezza che ti fa venire voglia solo di scappare. Lei si fa forza, è una donna intelligente, ma vi dirò, mi piacerebbe abbracciarla e sciogliere in quel gesto tutte le sue allergie e lasciarle solo un po’ di serenità.

Le chiedo come si sia tradotta l’essere allergica nella vita di tutti i giorni e mi racconta:-

Oggi ti dico che la mia vita è completamente cambiata, so di avere un problema, so di non poter mangiare quello che voglio quando e come voglio, so di dovere sempre chiedere, so di dovere fare rinunce continue e so che a volte potrei essere un peso per le persone che ho intorno. Inoltre, mi capita spesso di avere anafilassi “immotivate” (ovvero ad alimenti a cui fino al giorno prima non ero allergica o causati da contaminazioni non dichiarate), quindi la paura che succeda qualcosa è una costante, bisogna però reagire e trovare in qualche modo la forza di non soccombere. Ti racconto due episodi: il primo è relativo a qualche anno fa, quando avevo chiesto ad un collega di non mangiare vicino a me una pesca e di non imbrattare tutto, lui lo fece lo stesso, tocco delle macchine che poi toccai io e ovviamente sono finita in ospedale (per fortuna fu una reazione non grave).
Il secondo invece è più triste: ebbi una reazione allergica in mensa, venne l’ambulanza, chiamarono mio marito e l’azienda mi chiese tutta la documentazione delle mie allergie che ovviamente ho fornito senza problemi. Dopo pochi giorni mi chiamò l’ufficio del personale per dirmi che non mi avrebbero rinnovato il contratto, ufficialmente perché non c’era più bisogno, ma sappiamo tutti che non era per questo. Come sempre mi sono rialzata e sono andata avanti.

In punta di piedi chiedo a Gilda se vuole parlarmi dell’aspetto più specificamente umano e di donna, lasciandole piena libertà di raccontarsi o meno. Vedete, la bellezza di questa rubrica è il conoscere persone che hanno un mondo interiore infinito, fatto di dolore, di stress, ma anche di tanta bellezza. Ogni una di loro mi ha lasciato qualcosa e tutte le volte che mi sono resa conto che non fossero pronte ad accettare il proprio dolore le ho lasciate andare. Qualcuna se ne è andata da sola, perché, alcuni accolgono il dolore e lo vivono giorno per giorno non accusando gli altri. Altri invece, il cui dolore hanno trasformato in rabbia, lo trasferiscono su di te e quando gli fai presente che non sia giusta la cattiveria gratuita, allora vanno via. Ma torniamo a Gilda e al suo racconto.

Un anno fa circa ho avuto dei problemi di salute dovuti all’eccesso di cortisone assunto negli ultimi due anni (non per colpa mia, ma perché me ne avevano somministrato in enormi quantità in ospedale): il fegato era praticamente andato e questo aveva causato problemi di coagulazione del sangue (scusa se non scendo nel dettaglio, ma non sono un medico e spesso mi mancano i termini esatti per spiegare il problema). Il mio allergologo mi disse che dovevamo risolverli perché se avessi voluto un figlio sarebbe stato un problema, non ricordo bene per cosa. Lì è stata la prima volta –e fino adesso l’unica– che il mio essere donna si è scontrato con il mio essere un soggetto poliallergico grave. E non è stato facile, anche se mio marito mi disse una cosa che non dimenticherò mai:- A me importa che tu stai bene, del resto non me ne frega nulla, abbiamo pur sempre il cane. Mi aveva fatto ridere, mi aveva tirato su il morale e non lo ringrazierò mai abbastanza.

Come si comportano le persone con Gilda? Come la fanno sentire? Ve lo faccio raccontare da lei.

A molti probabilmente faccio pena e basta, altri invece si interessano, mi fanno domande e questo mi fa piacere perché se posso cerco di fare conoscere quanto più possibile cosa significa essere allergici. Altri invece minimizzano e questo mi fa arrabbiare molto. Una delle ultime cose che mi sono sentita dire è che i musulmani non rompono le scatole quando entrano in contatto con la carne di maiale, quindi non si capisce perché un allergico grave rompe quando entra in contatto con l’allergene.
Non sapevo se ridere o piangere.Te ne potrei raccontare a centinaia comunque, è proprio vero che certe volte bisognerebbe contare fino a dieci prima di parlare.

Per fortuna Gilda è circondata da tante persone che la amano, ma si sa la vita è questa, chi ti vuole bene davvero non è interessato a fare la cena delle cene, vuole solo starti accanto. Vuole abbracciarti, ridere e perché no? Anche piangere con te, il resto è fuffa. Gilda dice:-

Sono circondata da persone che mi vogliono bene, chi mi invita a cena sa bene qual è il problema e si fa in quattro (ma anche in otto) per far si che io non corra pericoli. Non posso negare che chi mi sta intorno è sempre stato molto disponibile, a volte penso che non me lo merito tutto questo amore. Perché ecco, sono convinta che sia l’amore -o affetto che dir si voglia- a far si che io viva una vita il più normale possibile.

Mi chiedo come ci si debba comportare nel mondo di tutti i giorni, nella realtà del mondo che sta fuori dove non a tutti interessa di te e lei mi dice:-

Prima di tutto bisogna sempre chiedere, spiegare il problema e fare capire la gravità. A volte sono disponibilissimi, a volte ti dicono proprio che non possono farti mangiare perché è troppo rischioso, altre volte ti mandano in ospedale perché ti dicono di non preoccuparti, ma poi fanno casino.

E sapete qual è la cosa più divertente? Ve lo faccio dire da Gilda!

Ti faccio ridere, uno dei posti che reputo più sicuri è il Mc Donald’s, essendo una realtà enorme hanno dei sistemi molto sicuri. E poi, anche questo ti farà ridere, ho notato un’attenzione enorme al problema nei ristoranti giapponesi (che amo), ho sempre detto ridendo che forse è così perché hanno paura che se succede qualcosa li chiudono senza se e senza ma. Ho poi la pizzeria di fiducia sotto casa e un paio di ristoranti a Roma, dove vivo, dove vado sempre.

Gilda ha un medico di riferimento fuori regione, le chiedo come vive il dover andare in un’altra regione per curarsi e cosa pensi della realtà sanitaria italiana riguardo questo tipo di patologia. Mi dice:- Quando ho iniziato io si sapeva poco e niente, ma devo dire che ero seguita comunque in modo eccellente.

A Roma, dove vivo, non ho trovato nessuno in grado di assistermi nel modo migliore considerata la gravità del mio problema, quindi mi tocca andare fuori regione.
Considera però che il SSN mi fornisce l’adrenalina, ho un’esenzione e se si vuole si può chiedere la 104 (ovviamente parliamo di casi gravi come il mio).

Le dico:-Scusa se magari può sembrarti inopportuno ma hai un professionista che ti supporti da un punto di vista emotivo riguardo il dover vivere con la costante del terrore? E ancora una volta Gilda mostra la sua intelligenza e arguzia.

Non è assolutamente inopportuna, anzi. Adesso non più, ma l’ho avuto. L’ospedale dopo lo shock anafilattico del diciassette febbraio duemilasei, le cui circostanze erano molto particolari, offrì un supporto psicologico sia a me sia ai miei genitori e fu molto importante per tutti. Ad oggi, io ho trovato un equilibrio, grazie alla mia famiglia e al mio allergologo che, come dico sempre, è il terzo uomo più importante della mia vita dopo mio marito e mio padre, ma so di avere a disposizione in qualsiasi momento, anche solo per fare due chiacchiere, il supporto psicologico.

Vuoi provare a spiegare a chi NON conosce ( e purtroppo sono tanti) come si vive ad essere allergici e ad avere sempre il timore di una conseguenza di ciò che hai mangiato?

Si vive male, si vive con difficoltà e ci vuole una forza incredibile per cercare di andare avanti, ma a volte si cade (io ho avuto una tremenda crisi neanche un mese fa). Sembra facile, ma il cibo è ovunque, l’Italia (e non solo) è una repubblica fondata sul cibo, è impossibile non esserne circondati e se non si è abbastanza bravi (non che io lo sia) diventa difficilissimo. Io ho un pessimo rapporto col cibo. Amo mangiare, mi piace, ma associo il cibo alla morte, motivo per cui è stato necessario il supporto psicologico di cui ti parlavo.

Cosa pensi si potrebbe fare per sdoganare un po’ di pregiudizio negli altri riguardo le allergie?

Mi faccio questa domanda da anni e non sono riuscita a trovare ancora una risposta.

Cosa pensi quando si fa confusione fra allergie e intolleranze?

Sarò impopolare, ma mi arrabbio molto. Ho molto rispetto per chiunque, ma Scusa il paragone forte è come associare una dermatite ad un tumore.

Quando qualcuno mi dice che non capisco niente perché passare la giornata seduta al bagno non è bello, rispondo sempre che se vogliono possiamo fare a cambio, io mi prendo la giornata passata al bagno e loro si prendono lo shock anafilattico, l’arresto cardio-respiratorio, il coma e nei casi peggiori, la morte. Di solito a quel punto si scusano.

Sia chiaro, non intendo sminuire le intolleranze, ma il paragone, quanto meno nel caso di un pazienze particolarmente grave, mi sembra quanto meno fuori luogo.

Cosa vorresti aggiungere a queste domande?

Che non siamo contagiosi, cosa che qualcuno pensa

C’è qualcosa che mi è sfuggito e che vorresti invece raccontare?

Una cosa te la racconto perché secondo me è bella, i miei genitori e mio marito non mangiano quello a cui io sono allergica.

Sia mia mamma che mio marito erano pazzi per la Nutella ad esempio, ma nessuno dei due la mangia più, mia madre ha proprio un rifiuto. E ovviamente non solo quella.

So che è una cavolata, ma per me è quanto di più bello potessero fare per me. Grazie Rosaria per avermi dato voce, davvero.

Io non ho altro da aggiungere, con molta emozione vi saluto e vi do appuntamento alla prossima storia!

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