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La società dello spettacolo – Guy Debord – 1967

La Società Dello Spettacolo – Guy Debord – 1967

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Tutta la vita delle società nelle quali predominano le condizioni moderne di produzione si presenta come un’immensa accumulazione di spettacoli. Tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione.
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Le immagini che si sono staccate da ciascun aspetto della vita si fondono in un corso comune, in cui l’unità di questa vita non può più essere ristabilita. La realtà considerata parzialmente si afferma nella sua propria unità generale in quanto pseudo-mondo a parte, oggetto della sola contemplazione. La specializzazione delle immagini del mondo si ritrova, compiuta, nel mondo autonomizzato dell’immagine, in cui il menzognero ha mentito a se stesso. Lo spettacolo in generale, come inversione concreta della vita, è il
movimento autonomo del non-vivente.
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Lo spettacolo si presenta nello stesso tempo come la società stessa, come una parte della società, e come strumento di unifi cazione. In quanto parte della società, esso è espressamente il settore che concentra ogni sguardo e ogni coscienza. Per il fatto stesso che questo settore è separato, è il luogo dell’inganno dello sguardo e il centro della falsa coscienza; e l’unificazione che esso compie non è altro che un linguaggio ufficiale della separazione generalizzata.
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Lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale fra individui, mediato dalle immagini.
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Lo spettacolo non può essere compreso come un abuso del mondo visivo, prodotto delle tecniche di diffusione massiva delle immagini. Esso è invece una Weltanschauung divenuta effettiva, tradotta materialmente. È una visione del mondo che si è oggettivata.
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Lo spettacolo, compreso nella sua totalità, è nello stesso tempo il risultato. La società dello spettacolo e il progetto del modo di produzione esistente. Non è un supplemento del mondo reale, la sua decorazione sovrapposta. È il cuore dell’irrealismo della società reale. In tutte le sue forme particolari, informazione o propaganda, pubblicità o consumo diretto di distrazioni, lo spettacolo costituisce il modello presente della vita socialmente dominante. Esso è l’affermazione onnipresente della scelta già fatta nella produzione, e il
suo consumo conseguente. Forma e contenuto dello spettacolo sono entrambi l’identica giustifi cazione totale delle condizioni e dei fini del sistema esistente. Lo spettacolo è anche la presenza permanente di questa giustifi cazione, in quanto occupazione della parte principale del tempo vissuto al di fuori della pro duzione moderna.
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La separazione fa essa stessa parte dell’unità del mondo, della prassi sociale globale che si è scissa in realtà e in immagine. La pratica sociale, di fronte alla quale si pone lo spettacolo autonomo, è anche la totalità reale che contiene lo spettacolo. Ma la scissione che è in questa totalità la mutila al punto da far apparire lo spettacolo come il suo scopo. Il linguaggio dello spettacolo è costituito da dei segni della produzione imperante, che sono nello stesso tempo la finalità ultima di questa produzione.
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Non si può opporre astrattamente lo spettacolo e l’attività sociale effettiva; questo sdoppiamento è esso stesso sdoppiato. Lo spettacolo che inverte il reale è effettivamente prodotto. Nello stesso tempo la realtà vissuta è materialmente invasa dalla contemplazione dello spettacolo, e riproduce in se stessa l’ordine spettacolare portandogli un’adesione positiva. La realtà oggettiva è presente da entrambi i lati. Ogni nozione così fi ssata non ha per fondo che il suo passaggio nell’opposto: la realtà sorge nello spettacolo, e lo spettacolo è reale. Questa alienazione reciproca è l’essenza e il sostegno della società esistente.
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Nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso.
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Il concetto di spettacolo unifi ca e spiega una grande diversità di fenomeni apparenti. Le loro diversità e i loro contrasti sono le apparenze di questa apparenza organizzata socialmente, che deve essere essa stessa riconosciuta nella sua verità generale. Considerato secondo i suoi propri termini, lo spettacolo è l’affermazione dell’apparenza e l’affermazione di ogni vita umana, cioè sociale, come mera apparenza. Ma la critica che raggiunge la verità dello spettacolo lo scopre come la negazione visibile della vita; come una negazione della vita che è divenuta visibile.
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Per descrivere lo spettacolo, la sua formazione, le sue funzioni, e le forze che tendono alla sua dissoluzione, bisogna distinguere artificialmente degli elementi inseparabili. Analizzando lo spettacolo, si parla in una certa misura il linguaggio stesso dello spettacolare, in quanto si passa sul terreno metodologico di questa società che si esprime nello spettacolo. Ma lo spettacolo non è nient’altro che il senso della pratica totale di una formazione economico-sociale, il suo impiego del tempo. È il momento storico che ci contiene.
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Lo spettacolo si presenta come un’enorme positività indiscutibi le e inaccessibile. Esso non dice niente di più di questo, che «ciò che appare è buono, ciò che è buono appare». L’attitudine che esso esige per principio è questa accettazione passiva, che ha di fatto già ottenuto con il suo modo di apparire senza repliche, con il suo monopolio dell’apparenza.
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Il carattere fondamentalmente tautologico dello spettacolo deriva dal semplice fatto che i suoi mezzi sono al tempo stesso il suo scopo. Esso è il sole che non tramonta mai sull’impero della passività moderna. Esso copre l’intera superfi cie del mondo e si bagna indefinitamente alla propria gloria.
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La società che riposa sull’industria moderna non è fortuitamente o superfi cialmente spettacolare, è fondamentalmente spettacolista. Nello spettacolo, immagine dell’economia imperante, il fi ne non è niente, lo sviluppo è tutto. Lo spettacolo non vuole riuscire a nient’altro che a se stesso.
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In quanto indispensabile ornamentazione degli oggetti attualmente prodotti, in quanto esposizione generale della razionalità del sistema, e in quanto settore economico avanzato che foggia direttamente una moltitudine crescente di oggetti-immagine, lo spettacolo è la principale produzione della società attuale.
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Lo spettacolo si sottomette gli uomini viventi nella misura in cui l’economia li ha totalmente sottomessi. Esso non è che l’economia sviluppantesi per se stessa. È il riflesso fedele della produzione delle cose, e l’oggettivazione infedele dei produttori.



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