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SALARIO

SALARIO


Molte volte, a Cuba, parlando di fulano che lavorava in quella tale empresa statale, mi sono sentito Dire Che aveva chiesto ed ottenuto la “baja”.
Non ho mai capito, ne ho approfondito, se quel termine volesse dire che effettivamente il tipo si era licenziato oppure aveva preso una sorta di aspettativa.
La leggerezza con cui, nella maggiore delle Antille, si rinuncia ad un posto di Lavoro e' figlia dei miserandi salari che lo stato elargisce ai suoi dipendenti.
Nessuno vive dei 15/20 cuc mensili governativi, aiutano certo ma non ci si vive.
La gente conserva un posto di lavoro un po' per trarne vantaggi....secondari, molto per una questione di immagine, non avere un lavoro oltre ad attirare attenzioni non desiderate rischia di far definire il protagonista un “vago” da parte di tutto il barrio.
Il Salario pero' non e' certo il motore che spinge la gente a conservarsi un posto di lavoro, anche se 20 cuc, per il poco che il lavoro richiede, non sono da buttare via.
Di conseguenza la maggior parte dei cubani cambia spesso lavoro, passando da uno manuale ad uno d'ufficio, per tornare poi ad un altro manuale come se niente fosse.
Ovviamente fuori da questo discorso rimangono i dipendenti del servizio sanitario che, invece, si tengono stretto il posto nella speranza di qualche missione internazionale che, oltre a fornire una opportunita' di....non ritorno, rappresenta la possibilita' di guadagnare finalmente dei soldi veri.
Quasi sempre un medico, tornato da 2 anni di missione, acquista una bella casa, un carro, un motor a cifre impossibili per chi frequenta un normale salario cubano.
Questa idiosincrasia a il mantenere un lavoro si riscontra anche nei/nelle cubani/e che vivono all'exterior.
Raramente mantengono un lavoro, quasi sempre lo cambiano oppure vengono lasciati a casa per scarso rendimento, mancato rispetto degli orari e cose simili.
Ovviamente senza generalizzare, ce ne sono altri (pero' in bassa percentuale) che si comportano in modo differente.
Questo per dire che a Cuba la perdita di un posto di lavoro non e' vista come una tragedia senza fine come accade da noi, la fine del salario non rappresenta la fine di ogni entrata ed il salario stesso non risolve mai, da solo, le incombenze del vivere quotidiano come accade in ogni altra parte del mondo.
Sto' tristemente seguendo la vicenda dell'Embraco di Riva presso Chieri, periferia torinese verso l'astigiano.
Verranno lasciate a casa 497 persone, l'altro ieri c'e' stato un incontro col ministro che poi ha definito “gentaglia” la proprieta' ed i loro consulenti del lavoro.
La ditta e' parte di una multinazionale, non va affatto male ma la Slovacchia (W l'Europa...) ha assicurato una tassazione di molto inferiore a quella nostrana e cosi'....tutti a casa.
Il governo ha proposto 9 mesi di cassa integrazione, ci sono acquirenti importanti interessati a rilevare il pacchetto, ma la proprieta' e' stata irremovibile indicando come motivazione dei licenziamenti...le oscillazioni del titolo in borsa.
497 persone lasciate a casa per un titolo in borsa....
In alcuni casi si tratta di marito e moglie che lavorano entrambi nella ditta, quindi una famiglia ridotta a zero reddito.
Questa e' la grande differenza con Cuba.
In Italia, ma direi in tutta Europa, un salario e' la vita, la perdita dello stesso e' una vera e propria tragedia che investe un nucleo famigliare come se fosse uno tsunami.
Un mutuo, la rata di una macchina, la retta dell'asilo dei figli, i libri scolastici, la spesa....tutto viene messo in discussione.
Senza contare poi le conseguenze sulle persone coinvolte, ritrovarsi a 40/50 anni senza un lavoro puo' far sentire le persone responsabili del fallimento di una vita intera, non poter far fronte alle esigenze basiche della propria famiglia puo' spingere molti alla disperazione, a volte a gesti inconsulti.
Un datore di lavoro dovrebbe anche avere un senso di responsabilita' nei confronti dei propri dipendenti che sono persone, non numeri, ma questo e' il capitalismo.
A Cuba un salario e'...qualcosa, da noi, spesso, la vita stessa.


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