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Parla, mia paura: il viaggio di Simona Vinci

Questo blog ha vissuto – questo blog vive – di una doppia anima: una professionale e una estremamente privata in cui ha trovato spazio uno specchio in cui mi sono riflesso molto spesso. In questo specchio ha trovato – trova e troverà, di certo – spazio il dolore, l’ansia e la paura che, in alcuni periodi, hanno attraversato questi anni.
Periodi in cui mi sono fermato, in cui sono affondato senza appigli e in cui ho dovuto fare i conti con perdite, trasformazioni, pene, vuoti e delusioni.

Oggi, che, nemmeno so come, molte di queste perdite, pene e delusioni si sono accucciate in un angolo e mi hanno permesso di tornare a respirare, ho trovato la voglia di leggere un libro che ho acquistato un po’ di tempo fa. Sapevo di che trattava e dovevo essere pronto a confrontarmi con quello che c’era scritto. Di Simona Vinci ho già detto, ma “Parla, mia paura” è un viaggio, è stato come guardarsi in un nuovo specchio, nello specchio di qualcun altro, per scoprire che l’immagine che restituisce è sempre la stessa. E’ rivedere dei momenti, rivivere delle sensazioni e comprendere che sono comuni a coloro che si confrontano con la depressione, almeno una volta nella vita per qualsiasi motivo.

In un passaggio, c’è forse (con le dovute proporzioni) quello che ho voluto inconsapevolmente fare con Hands on the ground:

Ho deciso di scrivere questo resoconto di un periodo difficile della mia vita e di un disagio esistenziale che mi appartiene, e probabilmente in vario grado mi apparterrà per sempre, perchè avevo bisogno di perdonarmi e al tempo stesso di offrire ad altri che abbiano vissuto o vivano qualcosa di simile, la possibilità, se non di immedesimarsi, almeno di cogliere un riflesso di sè nelle mie parole. Ogni vicenda umana è diversa, ogni storia di ansia, paura e depressione è diversa, non c’è una via unica. Questa è stata – questa è – la mia. Non è paradigmatica, non è estrema, è fatta di piccoli eventi. Eppure, ogni piccola vita, con i suoi eventi minimi, ha qualcosa da dire alle altre vite; ogni vicenda umana è, in qualche modo, di chiunque voglia condividerla.

Simona Vinci, “Parla, mia paura

In Italia, il 12,5% della popolazione soffre di depressione, molti nelle fasce più deboli della società ma non solo.
Eppure non se ne parla, non è tra le priorità del Governo del Cambiamento e pochi, pochissimi sono i momenti in cui la nostra società si confronta con questi disagi.
Siamo impreparati a gestire una persona depressa, siamo incapaci di comprendere e ascoltare. Non è né facile esserci per una persona depressa, perché esserci significa porsi in ascolto profondo di chi vive la sofferenza e non di sé stessi.
Spesso, non vogliamo nemmeno vedere questi “chiummi”. Leggere libri come questo ci aiuta ad immergerci nelle paure e nelle ansie (quando non nel panico) di persone che soffrono quanto nemmeno immaginiamo, perchè incapaci di trovare un appiglio per reagire.

Buona lettura (a chi vorrà).

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