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Mi farai perdere e dannare, Signora delle Camelie

Mi farai perdere e dannare, Signora delle Camelie

ANTOLOGIA VOL. 93

Iannozzi Giuseppe

TUTTO FUGGE

Avrò un frustino di seta rosa
e uno di rosso amore
per meglio sui fianchi goderti

Vedi come tutto fugge
Vedi come tutto ritorna
Posso solo dirti amore
se nell’anima e nel cuore ti so
Non mi sarebbe
diversamente possibile

Son brevi le notti sempre
quando il sorriso tuo
dal bianco delle lenzuola
s’affaccia
Così lo capisci da te
che non posso far a meno
di frustarti con un po’ di rosa
e una punta appena di rosso
Così lo capisci da te
che son giovane e perso

Poi tutto fugge
e non c’è un perché
per me, per te

Avrò un frustino
per goderti meglio,
per amarti meglio,
ma sempre in me accusando
la dolce curva dei tuoi fianchi
Ma sempre spiando
il lucore che è negli occhi di te,
giovane vergine
Perché la bellezza della carne tua,
perché la tenerezza del tuo cuore
m’appartengono oramai

Poi tutto fugge
e non c’è un perché
per me, per te

Avrò per me tutte le notti,
di tenere grida e risate le tingerò
Avrai per te tutte le notti
e sempre in rosa le vorrai
E sempre in rosso le saprai
mentre sotto al bianco
delle lenzuola ti nascondo
per adorarti meglio

Poi tutto fugge
e c’è un perché,
c’è che bella
mai è la poesia
e il suo bastone

ASPETTAVO TE

Ti aspettavo, aspettavo te
e non un’altra tempesta
Aspettavo come un uomo
che non ha più nulla da perdere
Ho ricevuto il tuo messaggio
Me l’ha dato quella tua amica,
quella che da una vita
mi tallona le costole

T’incontro sulla porta
Subito mi dici che non è giusto:
Hitler aveva le bave alla bocca
come Gesù in Croce,
e allora perché, perché morire?
Scoppi poi in un pianto
che non so fermare
M’inviti a mantenere la calma
Non ho quelle risposte
che vorresti sentirti dire
Non ho quelle scuse
che vorrei sparare a salve

Tengo viva una fame del diavolo
Invano la tua bocca cerco, donna
Mi respingi come un uomo
che ti ha aspettata troppo a lungo
Come bomba inesplosa,
in una risata di echi, di corridoi,
scoppi tu all’improvviso

Sei un amore della madonna
che non sa da che parte stare
E affonda lo sguardo tuo la lancia;
in fronte a te nudo mi resta il petto

Te lo dissi che…
Te lo dissi a chiare lettere
che non ero l’uomo adatto a te
Sempre però sul cuore ti ho tenuta
come una bava da asciugare

Ti aspettavo, aspettavo te
e non un altro gioco di pazzia
Aspettavo come un uomo
che soltanto ha la cattiva abitudine
di dare pane al pane e vino al vino

BALLIAMO, BAMBINA

La puntina arrugginita
Gira gira gira
Sul 33 giri
All’indietro
Per Fato o per Colpa
Bambina
Balliamo
Balliamo ancora
Tanto non crederò
Alla tua crudeltà
Non crederò
Alla mia bontà
Non udirò alcuna musica
Se non quella del Silenzio
Che ti ha fatto Bambina
Di Sempre.

IL TUO ANGELO, ANGELA

Cercami, mi troverai
uguale ma cambiato
Cercami, mi vedrai
di bianco e di nero
Troverai di me
ogni cosa che la mente
ti metterà in bocca
Troverai di me
un fantasma che esiste
ma che impalpabile è

Cercami intorno ai confini
che conosci e non conosci
E non osar d’andar oltre
perché ti perderesti,
e non sarebbe bello
Io lo so cosa vuol dire
non avere eppur essere
per qualcuno o nessuno
un soffio tra mare e terra

Mi puoi baciare
per un fine stordimento
o per darmi al vento
che in un soffio rappresento
Mi puoi uccidere
in un giorno di festa
e non dirò una parola
che ti possa ferire
O puoi venire a trovarmi
dove riposo con un epitaffio da poco
a tenermi eterna compagnia
Ma i clown han sempre sorrisi
anche ai funerali di Stato,
ce li hanno per tutti;
sono così, uguali imperfetti Gesù
che vivono di elemosine quaggiù
E però quando smettono il cerone,
tornano ad esser uomini di lacrime
che si turano gli orecchi
con il cotone
per non sentir più la vita
I più coraggiosi ingoiano veleni
e si chiudono le caverne di echi
con giovane bollente cera

Mi amerai fino all’infinito
Fino a quella misura inconcepibile
uguale a un fantasma, a una fantasia
Mi amerai per un giorno di mescalina
E domani sarò scomparso
tra il batter leggero delle tue lunghe ciglia

Allo specchio cercherai me
Nell’Occhio del Sonno mi dirai poeta
Un po’ mi disprezzerai
Il rossetto poi tirerai su le labbra
e sorriderai al dì che è di nebbia

Così sì, sarò sempre il tuo piccolo
insignificante angelo, Angela

SPOSA D’UNA ROSA

Un giorno tornerai a me
sposa d’una rosa rossa
raccolta e nel petto nascosta,
e mi dirai che son vecchio
Sospirerò sul tuo seno,
nascondendo una lacrima
in una finta risata di cuore
perché non ti sia noia
la mia triste triste gioia
di vederti sempre più bella

Una notte te ne andrai
lontano, lontano da me,
lasciandomi l’impronta
del tuo corpo nel letto,
e l’ombra d’un bacio
sulla fronte mia di rughe

E mi sveglierò nel freddo
da solo, come sempre,
dimenticando che sogno
e sogno troppo spesso
di non averla data alle spine
questa breve vita mia
senza amore né un cielo
da piangerti negli occhi

TU, IMPOSSIBILE PAZZIA

Donna, Amor mio perduto,
di te sempre il ricordo ho serbato
e il desio di te di più l’ho temuto
perché mai l’ho negato all’alma
che una brutta cotta mi son preso
proprio quando credevo d’averla
a posto messa la testa, una volta
per tutte
E invece nella vita mia sei entrata
e nulla è stato più uguale a prima

E adesso che raccolgo fiori di ferro
per scavare la piaga di dentro,
riappari e sei di nuovo magia,
nostalgia, impossibile pazzia
da sostenere – e non posso non amare
la follia tua che m’è tenera carezza,
mia sola unica ricchezza

Eppur fa male saperti qui e lontana
Ma t’amo come allora, come allora
Donna, Amor mio perduto

Così ti prego, non metter sul piatto
una promessa;
sol schiantami con un bacio,
con un unico bacio che mi tolga
per sempre il fiato

NON MENTIRMI MAI

Non mentire, non mentirmi mai
Non lo fare, non lo fare
In un danno senza Dio e rimedio
mi farai perdere e dannare
E’ dunque questo che vuoi?
Il mio cuore che si spezza
in due per eterna pazzia?
E’ questo che vuoi, che vuoi

Diviso in eterno in te e in te,
il pensiero mio tutto vola a te
Ma non lo sai tu raccogliere
come fiore da lasciar riposare
sul tuo piccolo cuore, per ore
ed ore

Mi hai tradito, non mentire
Sol più un reietto dal paradiso
scacciato, sol più un viso
senza la pace d’un sorriso
E tu me lo chiami vivere
E tu me lo chiami amore
questo amore che se ne muore
nella pazzia per te

Mi darai presto alla morte
E nemmeno te ne accorgerai
che ero il sole sulle tue labbra
quando solo il freddo mordeva
il fiore del tuo primo rossore

Mi farai morire così, in un istante
che sarà condanna tra le stelle
Che sarà eterna lacrima distante,
destinata a perdersi nella valle
del tuo grembo a me ormai negato

COME IN UN AMORE DURATO TROPPO A LUNGO

Quando la mia donna morì
noi tutti lo sapevamo che sarebbe successo,
non facemmo un gran fracasso
– quasi tutti in silenzio o lontani
come in incubo senza senso,
come in un amore durato troppo a lungo.
Il mio più vecchio e odiato amico
mi raccomandò di scriverci su un libro:
mi batteva sulla spalla una mano e rideva piano
aggiustando la bocca in una mezza smorfia.
Rimanevo io davanti a lui, di sasso,
e non osavo dirgli che non avrei messo
mano alla penna. Un caffè mi offrì al bar sotto casa:
me ne feci fare uno di quelli forti, l’addolcii però
con una bella dose di panna bianca. Ci salutammo poi,
mi promise lui che m’avrebbe telefonato:
non lo fece mai. Più niente seppi nei giorni a venire.
Quando si fu fatto una sua famiglia,
moglie e due bambini, alcuni anni dopo,
venni a saperlo per puro caso:
era un uomo felice, non ricco ma felice,
perlomeno così si espresse il barista
con gli occhi ancora fatti di sonno.

RONDINI E DISORDINI DI PRIMAVERA

Avanzano i soliti disordini
Ecco il Gatto e il suo amico Volpe
Consigliano pochi zecchini
Dicono che conviene buttarli
in mezzo all’occhio del ciclone
e non pensarci più

Svevo fuma e fuma, Joyce scrive e scrive
Da qualche parte arriveranno tutt’e due
Però noi che siamo terra terra
non capiamo niente dei loro giochi
di testa, a volte di ombelico

I grilli fanno festa quando la notte
Non lasciano dormire neanche dio
e Goethe c’ha un diavolo per capello
Foscolo ha invece una brutta cera
da quando ha preso su di sé la croce
dei cimiteri e della poesia
E i grilli rompono già al crepuscolo
e i postriboli son sempre pieni di seme,
d’un sapor dolciastro che si diffonde
nell’aria tra echi e odor di lavandaie,
di saponi, di acqua colata nei tombini

E tu, sognante ragazza mia, che farai?
Lascerai che quel poveraccio si spari
o gli consiglierai forse
d’andar prima a confessarsi
dall’arrotino col coltello in mano?

E tu, ragazza mia che non sei mai mia,
neanche come estrema consolazione,
che farai stasera? il profilattico e la croce
o una botta di vita a letto, e domani sia
quel che sia?

Son disordini
che arrivano con le rondini
E’ la primavera che ci sveglia
e che ci addormenta di brutto
Son briciole
che lasciamo in eredità
a chi dopo di noi
E poi niente più, niente più

IN UNA POESIA DI MAJAKOVSKIJ

Nessuna abitudine,
nemmeno quella di celare
nella fondina della pistola
un profilattico d’avanzo,
come una pallottola spuntata
sulla poesia di Majakovskij

Così mi fai secco
dritto al cuore
perché più voce non abbia
ma solo un fil di rabbia
inespressa e fumante

Nessuna abitudine
alla vita che in stanco petto
spara giorni di tristezze di morte
a decomporsi per sempre

TRISTE QUESTO TRISTE AMORE

E’ un triste amore, Amore
E ci siamo dentro fino al collo
e proiettano i cine i titoli di coda

Sotto questo cielo bigio
muoiono speranze;
e noi mano nella mano a camminare
sotto una neve incessante,
col fiato corto e i semafori spenti
e le auto veloci più del nostro respiro

Me l’avessero detto che sarebbe finita
non ci avrei creduto:
angeli e demoni perdono le piume,
l’arrotino perde la lingua biforcuta
e la comare ne acquista una,
una di scorta al mercato sottocasa

Davvero triste questo triste amore
Non tiene forza la speranza,
solo l’estrema unzione
pagata col sale delle nostre lacrime

E però quanta e quanta neve bianca
che imbianca tutto l’intorno

MA BELLE DAME SANS MERCI

Petali di rosa le tue labbra,
ma tu piangi per un altro amore,
così non darò fuoco alla mia lingua,
né scioglierò i teneri nodi delle lenzuola
che sanno ancora della tua perversa verità

Non farò nulla che possa alterare il destino
Non piangerò, non invocherò il tuo nome
I cieli sono ancora scuri di ombre,
di piogge antiche:
è un ciclo che non abbandona mai l’uomo,
si è come dentro atavica paura
tra il primo vagito e i bastioni di Orione

Petali di rosa le tue labbra
che sanno cantare bene il dolore
ma per un’altra indigestione;
ho però io un’altra poesia da cantare
che non metterò in bocca a te:
ho io tutto Keats, ma belle dame sans merci,
e un angelo più freddo del marmo
che solo aspetta il mio colpo,
quello che spezzerà la sua catena

E’ un ciclo, è un ciclo
non mi fai più paura, oggi no
E’ una storia di dervisci,
o forse c’è la croce di Costantino in cielo,
e oggi, oggi non mi puoi più far male

Oggi no, oggi non mi puoi

CANZONE DOLCE

Per colpa tua
sotto la luce del sole
Per colpa tua
al chiar di luna
Ma tu, tu non chiedermi
perché sono qui…

Non ho mai dimenticato
la tua immagine al sole
Non dimentico mai
la tua ombra sulla luna

Dove e quando?

Crescono sotto la tua luce
le nostre rose così scure
Ma una pietra …
una pietra è solo una pietra
E’ sempre la solita storia
Non chiedermi il perché,
sono dentro e fuori

Dove e quando?

Per un giorno con te,
e tutte le notti senza di te

Ombre e luci
Conosco la tua ombra,
conosco la tua luce
Mi conosco

Oh, posso capirti
Ma perché?



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