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Controllori fuori controllo

Mina e Salvatore  erano sposati  da 14 anni e , benchè lei desiderasse  avere 3/4 bambini ,  il marito aveva detto   "uno basta e avanza" , infatti dopo la nascita di Stefano non aveva più toccato l'argomento,e le rare volte in cui Mina vi aveva accennato, diventava tutto rosso e le ricordava di prendere sempre la pillola anticoncezionale.
Salvatore faceva un lavoro di estrema responsabilità e precissione  e da
quando si era diplomato all' Academy di Forlì era diventato controllore di volo all' aeroporto di Milano Linate.  Ben presto Mina si era resa conto che il lavoro  del marito era diventato una sorta di deformazione professionale ,  che influenzava  la vita privata di ogni componente della famiglia . Col passare degli anni era  diventata una vera e propria ossessione controllare qualsiasi cosa, dal budget familiare, agli studi di Stefano, dal dal controllo delle email e del blog di Mina, al controllo delle amicizie del figlio su facebook. Le cose peggiorarono ulteriormente quando Salvo diede loro un notes sul quale dovevano segnare ciò che avevano fatto durante la giornata e a che ora , mentre lui ogni sera annotava il numero dei chilometri sull'auto di Mina e sul motorino di Stefano.
  Fu poi la volta del budget personale allorchè una sera annunciò " Quale capofamiglia, ho il diritto di sapere come spendete i miei soldi , quindi ecco a voi due agende ove segnerete ogni spesa, dalla più piccola alla più grande.".  La loro vita era scandita da orari precisi da rispettare tassativamente, pena una scenata da parte di Salvo  durante la quale  ripeteva la sua personale idea di famiglia :" "Ogni famiglia deve essere considerata come un Volo Aereo Fine  a se stesso,composto da una partenza un viaggio e un atterraggio. Nessuno deve intervenire in questo viaggio per non pregiudicarne la sicurezza".  Fu allora che Mina si ribellò dicendo che  una famiglia non la si conduceva in quel modo , calpestando la fiducia e la sensibilità degli altri componenti.   
Salvo scattò e, con un manrovescio, la mandò a sbattere contro lo stipite della porta. Il sangue che colava dalle labbra di Mina mise fine alla discussione ma diede inizio al suo impellente  bisogno   di uscire al più presto da quella situazione. La paura cresceva in lei  e sapeva di non  poter contare su nessuno. Era orfana e qualsiasi ente preposto ai maltrattamenti familiari avrebbero preteso dei riscontri attendibili, non certo quei taccuini con le varie spese annotate. Inoltre suo marito godeva della stima di tutti; colleghi e vicini lo consideravano una persona  onesta, corretta e garbata  senza dubbio  al di sopra di ogni sospetto.
Mina si arrovellava, temeva per il futuro del figlio cui  il padre aveva tolto ogni tipo di socializzazione e realizzazione minacciando varie rappresaglie nel caso in cui qualsiasi particolare inerente la famiglia  fosse stato rivelato e costringeva Stefano a leggere uno dei suoi vademecum sparsi per casa " "Ogni famiglia deve essere considerata come un volo aereo fine  a se stesso,composto da una partenza un viaggio e un atterraggio.  Nessuno deve intervenire in questo viaggio per non pregiudicarne la sicurezza". 
Fu il contadino che si occupava del piccolo casale in Brianza e di quei pochi olivi che ogni anno producevano qualche decina di litri d'olio , che le fece venire l'idea. Dal momento che lei non ci andava mai, l'aveva chiamata come ogni anno  per parlarle della produzione dell'olio e chiederle se doveva procedere come al solito. "Certo Giuseppe, anzi farò un salto lì per vedere  lo sviluppo delle 
piante" e così fece Non era molto lontano, una trentina  chilometri a nord ,  al ritorno avrebbe fatto un piccolo rabbocco di benzina, magari 5 euro, e si sarebbe inventata qualcosa per quella spesa.
L'indomani mattina raggiunse il suo piccolo rustico e restò stupita di tutto quel verde che lo circondava.
I pochi locali erano ancora  accoglienti  con  i mobili rustici che li arredavano e si chiese come avesse fatto ad ignorare quel piccolo angolo per tanto tempo.
Ringraziò Giuseppe e si complimentò per la cura che si prendeva di quel posto per quelle poche decine di litri l'anno e, senza che lei vi accennasse,  lui la portò a vedere l'auto che il  padre aveva voluto lasciare nel piccolo box di lamiera. "Prenditene cura, Giuseppe, non si sa mai che un giorno possa  utile" gli aveva detto il signor Augusto e lui l'aveva fatto mettendola in moto , pulendo le candele e coprendo le parti cromate con un prodotto che rallentava la corrosione. 
A momento di accomiatarsi, Giuseppe le disse che lui e la moglie, il giorno dopo, si sarebbero  assentati  per qualche giorno per andare a trovare il figlio al nord, e al ritorno avrebbe cominciato la raccolta delle olive..
Mina non perse tempo e due giorni dopo si recò al casale  con una tanica  di benzina  che versò nel serbatoio della vecchia Ford e ripercorse la Statale 36 che l'avrebbe riportata a casa . Sapeva che quel giorno Salvatore avrebbe fatto il turno  dalle  13 alle 21. All'altezza di Segrate telefonò al figlio per dirgli che avrebbe ritardato, ma avrebbe portato le pizze ; poi chiamò il marito e gli disse che l'auto l'aveva piantata in asso e gli chiese di passare a prenderla in quella piccola area di servizio in disuso. Salvo si seccò per quell'imprevisto, ma accondiscese a passarla a prendere e quando giunse sul luogo stentò a vedere l'auto dietro una delle vecchie pompe arrugginite. Si accodò all'auto di Mina e, immediatamente dopo, lei aprì la portiera e gli sparò due colpi al petto , a bruciapelo.
Risalì in macchina e tornò al casale ;  ormai era scesa l'oscurità e le sembrò che nessuno l'avesse vista . Ripose il fucile che il padre le aveva insegnato ad usare, nel vecchio armadietto e, riposta la Ford, tornò a casa.
Dopo mezz'ora lei e Stefano erano seduti a tavola a mangiare le pizze che aveva comprato nel pomeriggio.
Ambedue erano meravigliati del ritardo del capo famiglia e tentarono  più volte di chiamarlo e di mandargli degli sms senza alcuna risposta in cambio.
Nessuno dei due fingeva di essere preoccupato: Mina aspettava una telefonata dalla Polizia. Stefano, forse, osava sperare.
  



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