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I 5 momenti d’oro della Storia con la maggiore concentrazione di talenti

In determinati luoghi e periodi storici si concentrò un alto numero di Uomini Oggi Considerati geniali per la portata rivoluzionaria delle loro idee e delle loro opere.

Solitario, malinconico e un po’ matto.

È questa l’immagine romantica del genio, l’individuo molto più avanti dei suoi contemporanei, che tende a isolarsi perché il mondo non lo capisce e lo capirà in genere molti anni dopo la sua morte.

Un’immagine rinforzata dall’idea antica, e non del tutto superata, che un genio sia tale fin dalla nascita, destinatario di un “dono divino”, come si diceva ieri, o di un patrimonio genetico eccezionale, come si direbbe oggi.

Ebbene, questa idea è destinata a tramontare. E non solo perché tutti gli studi sulla genialità dimostrano che dietro a ogni talento eccezionale ci sono sempre anni e anni di impegno e una buona dose di stacanovismo.

Ma soprattutto perché, facendo un’analisi storica del fenomeno, ci si accorge che le menti più geniali non sono sparse qua e là nello spazio e nel tempo, come ci si aspetterebbe se si trattasse di un fenomeno puramente casuale (un “dono” piovuto dal cielo), ma sono concentrate in particolari luoghi e in particolari periodi.

Insomma: se si va a vedere chi bazzicava nell’agorà di Atene nel V secolo a.C., per le vie di Firenze nel Rinascimento, nei porti olandesi del Seicento, nei salotti della Vienna fin de siècle o nei caffè parigini degli Anni ruggenti, e forse anche nelle startup della Silicon Valley di qualche anno fa, viene proprio da pensare che per diventare un genio sia importante, prima di tutto, trovarsi nel posto giusto al momento giusto.

Il primo a mettere in discussione l’idea del dono divino del genio fu Darwin. E dopo di lui diversi studi hanno gradualmente messo in luce una verità offuscata dal mito dell’“essere speciale”.

«Il genio non è affatto un dono elargito magicamente a pochissimi fortunati», sostiene oggi Michael Howe, psicologo della Exeter University, in Gran Bretagna.

«I geni arrivano a realizzare le opere o a effettuare le scoperte per cui sono universalmente apprezzati in due fasi piuttosto lunghe, e che in parte si sovrappongono: la prima, in cui acquisiscono capacità particolari, e la seconda in cui esprimono la creatività che li porterà alla scoperta o al capolavoro».

L’analisi delle biografie di personalità eccezionali ha permesso a Howe di individuare una serie di caratteristiche comuni: grande interesse per il proprio lavoro, impegno costante, forte senso di indipendenza, concentrazione feroce, tolleranza alle frustrazioni e capacità di sopportare uno sforzo mentale prolungato.

Una ferrea autodisciplina seguirono, per esempio, Masaccio, Edgar Allan Poe, Cézanne, Michelangelo, Leonardo (i cui taccuini testimoniano un’attività forsennata di ricerca, al limite dell’ossessività), Beethoven (che scriveva fino alle tre del mattino), Flaubert (che lavorava dalle 10 alle 12 ore al giorno) o Chopin (che stava fino a 6 settimane sulla stessa pagina).

Come disse Thomas Edison, che di genio doveva intendersene visto che registrò oltre 1.000 brevetti tra cui quello per la lampada a incandescenza, “il genio è l’un per cento ispirazione e il 99 per cento sudore”.

Se il genio – fenomeno raro – non è innato, se ne deduce che il contesto sia determinante per permettere lo sviluppo delle potenzialità. Sarebbero dunque anche le condizioni storiche a permettere lo sviluppo dei cosiddetti cluster (in inglese, “ammasso”) riassunti in queste pagine.

Ma quali sono tali condizioni? Valutando le epoche e le città in cui il fenomeno si è verificato, si possono ipotizzare almeno cinque fattori-chiave.

  1. Il primo è la fioritura economica, con la disponibilità di risorse a cui accedere per realizzare i propri progetti.
  2. Il secondo è la presenza di committenti e mecenati, in grado di riconoscere il talento e di investirvi.
  3. Il terzo è un clima culturale che valorizzi l’uomo e le sue capacità. Come fu la filosofia platonica nell’antica Grecia, l’umanesimo premessa del Rinascimento e del Secolo d’oro olandese, la passione intellettuale per l’introspezione che inaugurò a Vienna quella che il premio Nobel Eric Kandel ha recentemente battezzato L’età dell’inconscio (Raffaello Cortina) e oggi il mito americano del self made man, che ha spinto personaggi come Steve Jobs o Mark Zuckerberg a credere nei propri progetti.
  4. Il quarto fattore è la libertà d’azione e l’apertura al nuovo e al diverso. I geni abbondano quando aumentano le libertà individuali: come è accaduto quando l’impero asburgico ha esteso agli ebrei l’accesso alle libere professioni. E quando l’innovazione è sollecitata per reagire a un passato da dimenticare: è il caso delle avanguardie artistiche parigine dopo la Prima guerra mondiale ma anche dell’Europa minata dalla peste del Trecento, cui seguì un diffuso desiderio di “rinascita”.
  5. Il quinto, infine, è il contatto con altri talenti straordinari, che favorisce la collaborazione, ma anche la competizione.

Il talento sembra concentrarsi in certe epoche e luoghi, in cui convivono personalità geniali. Perché? 

Ecco i 5 momenti d’oro della Storia con il corrispettivo “ammasso” di uomini oggi considerati geniali per la portata rivoluzionaria delle loro idee e delle loro opere..

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