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Il mere, la mazza di giada dei Maori

Le clave e le mazze furono tra le prime armi di offesa utilizzate dall’essere umano. Molte popolazioni occidentali, una volta appresi i segreti del metallo, perfezionarono queste armi fino ad ottenere strumenti come il martello d’armi o la mazza ferrata; altre culture rimaste di fatto all’ Età della Pietra trovarono invece altre strade utilizzando ciò che la natura metteva loro a disposizione: pietre sempre più dure, legno sempre più denso e ossa animali.

La primitività di un materiale non comporta necessariamente un’efficacia ridotta rispetto a materiali più moderni. Anche se il ferro ha innegabili vantaggi sul bronzo, la lega di rame e stagno si rivelò estremamente efficace nel contesto storico in cui venne utilizzata; la pietra, sebbene più fragile della maggior parte dei metalli, presenta caratteristiche che talvolta possono superare le potenzialità di qualunque composto metallico: una scheggia di ossidiana è per natura più affilata di una lama d’acciaio, tanto da essere utilizzata nella chirurgia moderna per la fabbricazione di bisturi di altissima precisione.
Non è quindi il materiale di partenza l’unico fattore determinante per l’efficacia di un’arma: clave preistoriche e asce di pietra possono uccidere in un sol colpo se realizzate con cura e manovrate da mani esperte.

Il mere, la mazza tradizionale degli indigeni neozelandesi, è un esempio perfetto di come una cultura della pietra possa progredire sfruttando al massimo il materiale che l’ambiente può offrire: una piccola mazza a forma di goccia realizzata da un blocco di nefrite, una forma microcristallina di giada dal colore verde intenso conosciuta come “pounamu” in linguaggio Maori.

Mere pounamu custodito all’ Otago Museum in Nuova Zelanda

La nefrite è un minerale estratto tradizionalmente dall’ Isola del Sud della Nuova Zelanda, una terra nota come “Te Wai Pounamu” (“La terra della pietra verde”). Secondo i Maori, ogni oggetto di nefrite aumenta di mana (prestigio) ad ogni passaggio generazionale; secondo lo stesso concetto, i mere di giada più antichi sono considerati oggetti sacri, ma ugualmente impiegati per lo scontro corpo a corpo per via della loro efficacia.

Il tipico mere ha una forma a goccia o a spatola, è lungo dai 25 ai 50 centimetri, largo dai 7 ai 12 centimetri e viene impugnato nella sua parte più stretta e affusolata. Le due facce dell’arma sono lievemente convesse, quasi piatte, mentre l’estremità superiore veniva generalmente affilata per consentire affondi al volto o al collo.
Le dimensioni ridotte dell’arma sono una conseguenza delle tecniche di combattimento più comunemente utilizzate dai Maori: scontri corpo a corpo molto ravvicinati, spesso ritualizzati e preceduti da un cerimoniale.

Anche se il termine mere si riferisce generalmente ad armi in nefrite (mere pounamu), in molte altre regioni della Nuova Zelanda furono realizzate armi identiche (chiamate patu) a partire da materiali più poveri come legno duro, ossa di balena (patu paraoa) o pietre meno pregiate della giada come il basalto (patu onewa). Indipendentemente dal materiale di partenza, il mere può rivelarsi un’arma estremamente efficace se impugnata da un esperto guerriero Maori.

Serie di patu di pietra al Canterbury Museum

La realizzazione di un mere in nefrite partiva dalla selezione accurata del blocco di pietra, che doveva essere privo di imperfezioni e avere il giusto colore e la giusta lucentezza. Il blocco di nefrite veniva inizialmente sbozzato utilizzando pezzi di quarzite, sabbia e acqua; successivamente la pietra veniva levigata utilizzando frammenti di arenaria per ottenere una superficie uniforme e lucida.

Data la durezza della giada (in realtà, la nefrite è actinolite, ma somiglia moltissimo alla giada), i mere erano solitamente più sottili e leggeri dei patu realizzati in pietra o legno, ma il processo di lavorazione era più lungo e faticoso se paragonato ai tempi necessari per produrre uno strumento a partire da materiali più poveri o più facilmente reperibili. Secondo la tradizione indigena, alcuni mere particolarmente pregiati e rifiniti furono completati nell’arco di un’intera generazione, accumulando mana fin dai primi momenti della loro creazione.

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Il combattimento con il mere richiede un contatto stretto con l’avversario. L’arma ha una portata molto limitata ma si dimostra particolarmente efficace se utilizzata per impartire colpi di taglio alle costole, alla gola o alle tempie, oltre che affondi alle parti del corpo più delicate. In base alla tradizione guerriera Maori, è possibile aprire un cranio in due con un fendente alla tempia ben assestato seguito da un rapido movimento del polso.

I guerrieri Maori iniziavano l’addestramento al combattimento in giovane età: per anni rafforzavano alcune parti del corpo, come il polso, per ottenere il massimo dalle armi che possedevano. Per un Maori il più grande onore era quello di morire in battaglia e non appena raggiungeva l’età adatta veniva immediatamente esposto ai pericoli della guerra o delle imboscate nemiche, combattendo fianco a fianco con i membri adulti del suo clan munito di mere/patu e di un’arma da lancio.

Un riproduzione moderna di una mazza wahaika in legno

Un guerriero ben addestrato nell’uso del mere o del patu era in grado di tenere testa o sopraffare un combattente munito di armi lunghe, come una lancia o il bastone taiaha, anche grazie ad un’ imbottitura indossata sul braccio libero (chiamata whakapuru) impiegata per mitigare la potenza dei colpi avversari.

Il mere e il patu restarono pressoché immutati fino all’arrivo degli Europei in Nuova Zelanda, ma non furono le uniche armi del loro genere ad essere impiegate dai Maori. Un’importante variazione del patu fu il wahaika, una piccola mazza di legno o di osso di balena utilizzata per il combattimento e le cerimonie sacre. Il wahaika, oltre ad essere finemente decorato, presenta due caratteristiche distintive: ha l’estremità più affilata e sottile di un patu (le ossa forniscono generalmente lame più taglienti di molte pietre) e un lato concavo utilizzato per agganciare l’arma o gli arti superiori dell’avversario.

Maori Weapons
Mere (weapon)



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