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Il silfio, l’antica “pianta dei miracoli” ormai estinta

Il silfio è una pianta ormai estinta probabilmente catalogabile sotto il genere Ferula, un gruppo che racchiude molte specie utilizzate nella medicina tradizionale antica (alcune delle quali sopravvissute fino ad oggi) ma che non presentano le stesse gradevoli proprietà organolettiche che resero leggendaria questa pianta.

Gli antichi abitanti d’Europa e del Medio Oriente ritenevano che il Silfio avesse effetti al limite del miracoloso: curava tosse, febbre, indigestione, lebbra, dolori di ogni tipo, verruche, e malattie di varia natura comprese quelle mentali, come suggerirebbe Catullo; pare inoltre che il silfio fosse efficace anche come contraccettivo e come farmaco per terminare gravidanze indesiderate.

Ferula assa-foetida, probabilmente quasi identica alla pianta di silfio

Ancora oggi non siamo in grado di identificare la specie esatta di Ferula che veniva impiegata come medicinale nell’antichità, ma sappiamo che la sua resina (detta laser o laserpicium) veniva raccolta seguendo una procedura identica a quella impiegata sulla Ferula assa-foetida, una pianta dalle proprietà medicinali simili a quelle del silfio ma che sprigiona un odore particolarmente sgradevole quando viene tagliata.

Il silfio viene citato per la prima volta in un poema ateniese del VI° secolo a.C. come spezia e sapore dominante per la preparazione di alcune salse servite durante i banchetti; il suo aroma forte ma gradevole lo rendeva ideale per insaporire alimenti di ogni tipo. Ippocrate fu invece il primo a descrivere le proprietà medicinali del lattice di silfio e a formulare ricette di medicamenti che lo impiegavano come ingrediente principale.

L’unica descrizione della pianta del silfio, parziale e basata su fonti indirette, è di Teofrasto, botanico e filosofo che visse in un periodo in cui il silfio era ancora sul mercato: le sue foglie sarebbero state simili a quelle del sedano, con un odore gradevole, mentre i semi avevano una vaga forma a cuore. Dalla pianta si ottenevano due tipi di resina, uno dallo stelo e l’altro dalle radici; dopo l’estrazione, la resina veniva conservata in vasi di terracotta e mescolata con farina per renderla stabile ed evitarne il decadimento.

Arcesilao II di Cirene assiste alla pesatura del silfio

In epoca romana, il silfio cresceva soltanto in una piccola fascia costiera di 200 x 60 km nella Cirenaica (l’attuale Libia) e per lungo tempo fu la principale fonte di ricchezza di Cirene, una colonia fondata dai Greci (e successivamente occupata dai Romani) considerata come la distributrice del miglior silfio del mondo antico. La piante di silfio fu così importante da essere raffigurata su quasi tutte le monete di Cirene in circolazione per secoli; intorno al VI°-V° secolo a.C. fecero anche la loro comparsa in città alcune monete che riportavano il simbolo di un cuore stilizzato, una forma pressoché identica a quella del seme della pianta.

Moneta che raffigura il seme di silfio

Anche se le cause della sua estinzione nel I° secolo d.C. non sono ancora state chiarite, è possibile che la scomparsa del silfio sia stata provocata dall’ altissima domanda di medicinali a base di questa pianta: una raccolta selvaggia, combinata ad un progressivo impoverimento del terreno dovuto alla monocultura di silfio e la desertificazione del Maghreb, potrebbero essere stati il cocktail fatale che portò alla scomparsa della pianta.

Secondo Strabone, fu il profitto a portare al declino del silfio; quasi due secoli dopo, Plinio descrisse la pianta come “uno dei doni più preziosi della natura all’uomo”. Al tempo, la resina di silfio valeva il suo peso in argento e veniva impiegata per il trattamento della lebbra, della calvizie e come antidoto ad una vasta gamma di veleni. Stando alla testimonianza di Plinio, l’ultima pianta di silfio trovata in Cirenaica fu donata all’imperatore Nerone.

Con la scomparsa del silfio, il mondo delle spezie iniziò la ricerca di un sostituto: la scelta ricadde su altre piante del genere Ferula come la Ferula assa-foetida, parente strettissima del silfio ma priva dell’aroma piacevole della specie di Cirene. Il suo lattice, chiamato asafoetida, veniva estratto dalle radici ed emanava un tipico fetore rancido simile a quello dello zolfo (da cui il nome), odore che tendeva a diminuire con la cottura. Una volta essiccato e usato come condimento, acquisiva un sapore simile a quello dei porri, ma manteneva parte del suo odore sulfureo.

Le piante del genere Ferula sono note fin dalla preistoria per le loro proprietà medicinali, e l’ asafoetida ha trovato impiego in moltissime regioni del pianeta: in Thailandia e in India era impiegato (e lo è ancora oggi) come spezia, digestivo e come rimedio per asma e bronchiti, e le sue proprietà antimicrobiche e antibatteriche erano note in Europa fin dalla nascita di Micene.



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