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Lo sfarzo di Enrico V sceglie i suoi sudditi, ma non la loro salute: è Shakespeare di Daniele Pecci

Lo sfarzo di Enrico V sceglie i Suoi Sudditi, ma non la loro salute: è Shakespeare di Daniele Pecci
Fermata Spettacolo

Il focoso Enrico V con il portamento di Marte è in scena al Globe Theatre annuncia Carlo Valli in vesti di Coro, un gessato arricchito di bottoncini rossi, con semplice arguzia stilistica. Fiaccole, sotto e sopra il palco, acclamano il re, ed eccolo sul trono. In terra Calisca, il braccio di mare più stretto del canale della Manica che separa l’isola della Gran Bretagna dalla costa francese, nessuna donna può salire sul trono ed è proprio il nostro eroe di origini gallesi ad ambire al trono di Francia. Un araldo cerca di distoglierlo da tal proposito e di allontanarlo offrendogli un forziere di fallibili gioielli che frutteranno a al suo re e ai suoi sudditi più lacrime di quante risate le abbiano precedute.

Pietro De Silva, veste abilmente i panni del Caporale Nym e sbucando da una botola a centro palco, a mo’ di spia, introduce allo spostamento degli inglesi in Francia. Ci si prepara alla partenza e se alle armi si risponde col fuoco, questo è il grido di guerra. “ Dio delle battaglie, esti di acciaio il petto dei miei sudditi per renderli impenetrabili al ferro dei nemici.” è l’incitamento del protagonista ai suoi sudditi. Sotto il cielo stellato che precede la battaglia, i francesi giocano ai di dadi la scommessa sulla vittoria e gli inglesi non vedono l’ora che giunga il giorno perché la notte si preannuncia funesta.

Grande è la devozione al Dio del re e si caratterizza per un grande altruismo, pertanto camuffato da viandante, cosciente del sacrificio di vite richiesto, con tanto di mantello a cappuccio, affronta gli animi dei suoi uomini, ed arguisce che se un sovrano manda in guerra i suoi sudditi non è colpevole della tacita abnegazione della sua gente. “Lo sfarzo sceglie i suoi sudditi, ma non la loro salute”. Chiede perdono, seppur tardivo agli dei e prega che il suo popolo vinca in una miglior condizione e si va in guerra. “ Tutto è pronto per il giorno di San Crispino”. Ottimo momento interpretativo di Daniele Pecci, perfettamente umano,  austero e veloce in questo passaggio drammaturgico.

Non si può mostrare in teatro una battaglia ed allora uno schermo, all’uopo allestito dall’abile regia del medesimo proietta con ombre il cruento che di essa è peculiarità. Ne restano le lacrime sul volto di Enrico V e la lettura dei morti nelle pergamene dei due schieramenti. L’Inghilterra conta Edoardo duca di York, il conte di Suffolk, Sir Richard Keighley, il nobiluomo gallese Davy Gam e soli 25 soldati e 10000 francesi, tra i quali 126 principi ed 8400 cavalieri, decisamente più addestrati i primi, al periglio e agli scontri. La Francia è presa e con essa Caterina, la figlia del re.

In un goffo, impacciato e divertente corteggiamento di Enrico V, abilmente interpretato, a fronte dello spalleggiamento tra Mariachiara Di Mitri nei panni della principessa e della sua ancella validissima Francesca Romana Succi, egli conscio che “..un uomo onesto non cambia mai..” e che laddove non sia abile con il francese,  vince con un leale approccio. La vittoria arride al nostro eroe e al palazzo reale, dalle mani di Carlo VI, l’affabile Sergio Basile, riceve la Francia,  il trono e la figlia.

E sebbene i costumi di Susanna Proietti, rendano l’idea, pur nella povertà delle foggie e dei tessuti, e la drammaturgia crei facilmente qualche impercettibile lag recitativo, a chi è meno avvezzo a tali impegni attoriali, lo spettacolo è finito e l’applauso del pubblico premia un’abile interpretazione, un’intrigante e fluida messa in scena comunque di Daniele Pecci.  Un testo poco rappresentato,  ma molto affascinante per il piacevole connubio tra fede, sovranità ed altruismo ingenuo e spontaneo. Il linguaggio cosiddetto ‘basso’ della commedia quasi farsesca e il giovanile approccio a tale dramma ne fanno la chiave di successo sul palco della rassegna shakespeariana romana.

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