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Con “Statale 106” Giuseppe Argirò ricorda Nicola Calipari

Con “Statale 106” Giuseppe Argirò ricorda Nicola Calipari
Fermata Spettacolo

E’ un menestrello che potresti restare per ore, lì, ad ascoltarlo, su quel palco dove pure per due ore, tirerebbe dritto senza mai bere un sorso d’acqua e sempre con quella voce, appassionata e appassionante insieme, con cui vorrebbe raccontare tutte le storie del mondo. Riesce a cucirle troppo bene, per questo Giuseppe Argirò, ha un talento che declina in tutta la sua versatilità artistica: attore, regista teatrale, drammaturgo, docente.

Il Teatro come “messaggio” e quello che manda con “Statale 106” ti lascia esterrefatto. Nel buio del Teatro dell’Angelo di Roma, il 6 marzo scorso, è andato in scena il prezioso monologo di questo artista a tutto tondo, che parte da una nota strada: la “Statale 106”, che si estende per 491 km da Reggio di Calabria a Taranto, percorrendo tutta la costa jonica della Calabria, Basilicata e parte di quella pugliese. Come a dire la “madre” di tutte le strade del Sud Italia. Un’arteria fondamentale per collegare la Calabria e la Puglia. Il monologo è stato scritto, diretto e interpretato da Giuseppe Argirò, che lo aveva già portato a teatro, dopo appena 23 giorni, dalla morte di Calipari, ucciso da “fuoco amico” a Baghdad il 4 marzo del 2005, mentre metteva in salvo la giornalista del “Manifesto” Giuliana Sgrena, rapita in Iraq il 4 febbraio di quell’anno.

Dopo 4 anni, rivisto e arricchito, il lavoro torna in scena, e dopo il Teatro Piccolo Eliseo ed il Teatro Manzoni è arrivato al Teatro dell’Angelo. Lo scopo è far conoscere la sorte amara di Nicola Calipari, morto per fare il proprio dovere (col proprio corpo fece da scudo alla giornalista per ripararla dal fuoco dei colpi di arma da fuoco) e la storia del potere che spesso fa rima con “morte”, dove i “Presidenti” diventano “Re” della storia, ora greca ora latina, o locale. Che bravo quel suo dialetto! Con lui sono lacrime ma anche risa. Un sarcasmo feroce fascia miti che in un sol minuto dissacra e riesuma. Fa collegamenti nella mitologia fino alla “criminalità”, racconta storie popolane e diventa struggente nel racconto quando narra verso la fine del lutto di una madre che perde il giovane figliolo, vedendolo galleggiare impotente sulle acque. Da Calipari in apertura (nato a Reggio Calabria nel 1953), su una prima pagina di giornale, all’immaginario viaggio di una statale che è viaggio nella storia dell’uomo e delle sue brutalità. Di quei legami di potere che non sempre siamo autorizzati a capire.

“Ho scritto questo monologo pochi giorni dopo l’omicidio di Nicola Calipari, un uomo perbene, servitore dello stato, ucciso dal fuoco amico” dichiara il protagonista, a 13 anni dalla sua scomparsa “Desidero ricordare a un Paese senza memoria che chi salva una vita è un uomo giusto per sempre. Per me la 106 Ionica, conosciuta come la strada della morte, è un pretesto per raccontare il potere e i suoi abusi, di cui ognuno di noi è vittima. Dal mito a oggi, il teatro è l’unica forma d’arte veramente democratica.”

Argirò, vogliamo ricordarlo, ha diretto Pamela Villoresi nell’adattamento della commedia di Carlo Goldoni “La pupilla”, Giuseppe Pambieri in “Le fenicie di Euripide” per il Magna Grecia Festival e nella riscrittura di “Agammenone” di Seneca. Ha scritto e diretto il monologo “Odissea Penelope”, interpretato prima da Paola Gassman e poi da Iaia Forte ed ha fatto studi di regia con Dario Fo, Anatolij Vasil’ev e Mario Martone. Attualmente dirige il corso di Recitazione presso l’Ateneo del Cinema e insegna Comunicazione e Public Speaking in un Master post Laurea presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università “La Sapienza” di Roma. Tra gli ultimi allestimenti a teatro vi è “Lo Zoo di Vetro”, con Pamela Villoresi, un adattamento che Argirò ha lavorato dal testo di Tennessee Williams e, che riprenderà nella stagione (2017/2018).

La “Statale 106” continua il suo viaggio il 17, 18, e 19 marzo al Teatro di Tor Bella Monaca a Roma ed il 24 Marzo in Sicilia, a Gela (CL).

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