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Power of Rome recensione film di Giovanni Troilo con Edoardo Leo e Giorgia Spinelli [Anteprima]

Power of Rome recensione film Sky di Giovanni Troilo con Edoardo Leo, Giorgia Spinelli, Marcello Mazzarella, Jacopo Antinori e Victoria Chapman

Roma è tanti mondi. Roma è tutto il mondo [..] dove papi, imperatori, ladri, barbari, artisti hanno rincorso il sogno di misurarsi con l’eternità, per dominare il potere“. Così Edoardo Leo ci introduce all’ultima opera di Giovanni Troilo, Power of Rome, un docufilm che omaggia Roma e la sua storia, un romantico excursus su ciò che l’ha portata ad essere grande, la più grande, ‘caput mundi’, fino alle sue battute finali, un viaggio epico che parte da Giulio Cesare fino all’instaurazione del Sacro Romano Impero.

Le auspicia erano diverse forme di divinazione romane, tra queste riconosciamo le ex avibus, una loro particolare declinazione che consisteva nell’interpretare il volo degli uccelli. Ed è proprio attraverso questo, rappresentato dall’uso di una camera aerea, che veniamo catapultati nei suggestivi scenari della capitale d’Italia, il Colosseo, Circo Massimo, Villa Adriana, immagini che, per chi nasce all’interno di queste ‘mura’, non possono che evocare bellezza e magnificenza.

Giorgia Spinelli e Edoardo Leo (Credits: IIF/Vision Distribution/Sky)

La storia ci viene raccontata attraverso un moderno Cicerone, Edoardo Leo, romano di nascita e indissolubilmente legato alla sua città, calato in un contesto metanarrativo in cui dovrà interpretare Giulio Cesare in un documentario di stampo italo-americano. Tuttavia, nel giorno delle riprese delle Idi di Marzo, il giorno della morte del grande condottiero, Leo fugge dal set con un solo interrogativo: cosa sarebbe successo se Cesare non si fosse fatto assassinare.

Roma è chiaramente la protagonista indiscussa di quest’opera, l’attore romano funge da veicolo attraverso il quale ripercorriamo la storia della città che gli ha dato i natali, con la quale condivide, inoltre, la data di nascita: il 21 aprile. L’attore cammina per i vicoli della capitale, contempla i suoi monumenti, e attingendo ai classici cliché cinematografici sfreccia per le sue strade a bordo di una Vespa. Attraverso litigate nel traffico, chiacchierate con i passanti e incontri con artisti di strada, lo spettatore si troverà catapultato nel cuore pulsante della città, ammaliato dalle opere artistiche che la caratterizzano. I particolari sulle chiese, i monumenti e i siti storici fungono da starter per le ricostruzioni storiche, talvolta introdotte da interessanti guizzi registici di Troilo.

Power of Rome di Giovanni Troilo con Edoardo Leo e Giorgia Spinelli (Credits: IIF/Vision Distribution/Sky)

Le gesta degli antichi romani vengono riprodotte in un teatro di posa, un set delimitato che rende l’idea di un impianto teatrale, forma di intrattenimento caratteristica di quel tempo e che risulterà omaggiata, a questo vengono associati interessanti cromatismi tratteggiati da varie tonalità del rosso, impresse su di una seta più tenue o diffuse da neon ben più accesi. La fotografia rende giustizia alla grandiosità dell’impero, il largo uso di questi toni cromatici richiamano alle asperità della guerra e delle uccisioni da una parte, e lo sfarzo e la grandezza dall’altra. Le scene ambientate in epoca moderna, invece, vengono filtrate attraverso un color grading votato sul giallo, andando a chiudere il cerchio su quelli che sono i colori cardine dell’impero romano.

Se la regia di Giovanni Troili, fatta di buoni movimenti di camera ed interessanti scelte artistiche, convince, anche grazie alla sopracitata fotografia di Valerio Coccoli, non sempre si può dire lo stesso dell’impianto narrativo. L’incipit che lega la storia di Power of Rome è si romantico ma a tratti si ha la sensazione che il fil rouge che lega i vari racconti storici venga a mancare, restituendo allo spettatore la sensazione di muoversi per una narrazione episodica.

Edoardo Leo per le strade di Roma (Credits: IIF/Vision Distribution/Sky)

La cornice che racchiude la storia di Roma, in cui, come ci viene detto, “il passato non è mai veramente passato“, parte da un incipit interessante che però tende a perdersi un po’ per strada, sacrificato dalla voglia di documentare ciò che ha reso grande la capitale. La cosiddetta semina narrativa non viene raccolta. Vengono gettate le basi per un interessante parallelismo che vede nel cinema e nella politica le più pure delle forme di illusioni – in un delizioso dialogo che omaggia Fellini – ed è proprio sotto questo punto di vista che il montaggio ci presenta tagli di opere filmiche che richiamano a grandi rappresentazioni dell’impero romano, però, in questo caso, il messaggio di fondo tende a perdersi per strada e a fare posto alla rappresentazione visiva di Roma, lasciando l’amaro in bocca per una linea narrativa che avrebbe aperto le porte a parecchi spunti interessanti.

Una Roma fatta di campi lunghissimi e momenti onirici.

Edoardo Leo attua una prova sentita, immerso nelle strade a cui è più legato, la sua voce fuori campo trasmette l’amore per questa città, quello che è stata e quello che è, con tutte le sue criticità. Non sempre, purtroppo, questa stessa narrazione da parte dell’attore romano permette di veicolare la carica epica che le immagini proiettate vorrebbero trasmettere e, alcune volte, si ha la sensazione di assistere ad un’opera monocorde. Discorso che si amplia notevolmente quando andiamo ad indagare i suoi comprimari, il taglio non completamente documentaristico fa stridere le prove attoriali ‘acqua e sapone’ di alcuni personaggi che appaiano non ottimamente calati nell’impianto narrativo, se non fuori luogo.

L’occhio del Pantheon (Credits: IIF/Vision Distribution/Sky)

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