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La ferrovia sotterranea recensione serie TV di Barry Jenkins [Amazon Prime Video Anteprima]

La ferrovia sotterranea recensione serie TV di Barry Jenkins con Thuso Mbedu, Joel Edgerton, Aaron Pierre, Chase W. Dillon e Sheila Atim

La ferrovia sotterraneaThe Underground Railroad è la nuova serie diretta da Barry Jenkins (premio Oscar per il Miglior Film con Moonlight nel 2016) e distribuita da Amazon Prime Video a partire dal 14 maggio. La serie è l’adattamento dell’omonimo romanzo di Colson Whitehead, vincitore del Premio Pulitzer, del National Book Award e del Premio Arthur C. Clarke nel 2017. La ferrovia sotterranea del titolo era un complesso sistema di itinerari segreti e aiuti disseminati lungo un percorso che gli schiavi afrodiscendenti compivano dagli Stati schiavisti del Sud agli Stati liberi o in Canada. Nel romanzo ucronico di Whitehead viene presentata come un reale sistema di trasporto ferroviario che i protagonisti della storia seguono per raggiungere la libertà.

La ferrovia sotterranea non è una serie da vedere tutto d’un fiato. Al contrario, bisogna prendersi del tempo, tra un episodio e l’altro, per lasciare che la forza, la bellezza e la sofferenza di questo prodotto penetri dentro e sia in grado di attecchire. Barry Jenkins porta sul piccolo schermo un lungo viaggio attraverso l’oscurità del passato americano, raccontando in maniera sublime una versione differente della storia che chiunque potrebbe trovare sui libri di testo. E lo fa catturando gli spettatori con inquadrature in cui i protagonisti del racconto fissano lo sguardo in camera e ci invitano a non distogliere il nostro, per accogliere l’orrore e la bellezza di una storia amara, eppur ricca di speranza.

Thuso Mbedu (Credits: Amazon Studios)
Sheila Atim (Credits: Amazon Studios)

Nel corso dei dieci episodi seguiremo il lungo viaggio di Cora (Thuso Mbedu), dalla piantagione in cui era schiava in Georgia e da cui fuggirà insieme a Caesar (Aaron Pierre), nel tentativo di raggiungere la libertà e ripercorrere le orme di sua madre, Mabel (Sheila Atim), una figura quasi leggendaria nella piantagione di cotone di Mr. Randall (Justice Leak). Percorrendo la ferrovia sotterranea, raggiungeranno il South Carolina, accolti in una società apparentemente utopistica e dedita a favorire il benessere della comunità nera, ma che nasconde orrori indicibili. La fuga di Cora da lì la condurrà nel South Carolina, in uno Stato dove essere neri è considerato illegale e la forca è il destino che attende non solo le persone nere, ma anche coloro che li aiutano.

Sulle tracce della ragazza c’è, inoltre, il cacciatore di schiavi Arnold Ridgeway (Joel Edgerton), accompagnato dal piccolo Homer (Chase W. Dillon). Trovare la libertà sembra un’impossibile sogno, eppure, Cora vi si aggrappa con tutte le sue forze, fino a raggiungere un’idilliaca comunità in Indiana, grazie all’aiuto di Royal (William Jackson Harper). Ma, neppure lì, i fantasmi del passato sembrano lasciarla in pace…

Chase W. Dillon e Joel Edgerton (Credits: Amazon Studios)

Negli ultimi anni la storia dei soprusi della minoranza nera è stata oggetto di numerose trasposizioni e interpretazioni: da 12 anni schiavo a Moonlight e al road movie Green Book, attraversando il filone cinecomics con Black Panther, alle serie Netflix scritte e dirette da Ava DuVernay come When They See Us, fino alla riscrittura del genere horror con Get Out, Us e il recente Them. La ferrovia sotterranea, tuttavia, non è un nuovo titolo da aggiungere alla lista, ma un’opera complessa, stratificata, arricchita dall’eccellente regia di Jenkins, dalle musiche di Nicholas Britell e dalla fotografia di James Laxton.

La storia che ci viene raccontata non è scevra di immagini orrorifiche e che attingono ai più classici racconti della schiavitù afroamericana, pregne di dettagli crudeli e raccapriccianti: come l’orrore nascosto all’interno di una comunità del South Carolina, che accoglie e offre alla comunità nera la possibilità di studiare, ma in realtà ne piega il corpo ai propri scopi sadistici, per creare la nuova e più perfetta razza nera del domani. Il corpo è centrale nella narrazione di La ferrovia sotterranea, perché è su di esso che si riversano le crudeltà del suprematismo bianco: è il corpo che striscia nella polvere per scappare, che si macchia, si spezza, si rialza. Nel mostrare tutto ciò non c’è estetizzazione del dolore o dei soprusi. Jenkins e Laxton offrono una visione chiara, dolorosa ma ricca di pathos ed empatia per i loro personaggi, evitando un racconto pietistico e regalandoci, al contrario, un campionario di umanità resiliente e tenace.

William Jackson Harper e Thuso Mbedu (Credits: Amazon Studios)
Barry Jenkins e Thuso Mbedu (Credits: Amazon Studios)

A ciò si aggiunge l’ottima interpretazione degli attori e attrici protagoniste: la giovane Thuso Mbedu è un’intensa e appassionata Cora, capace di catturare lo sguardo della camera e sfidarlo continuamente. Una delle scene più belle coinvolge lei e la giovane interprete di Grace (Mychal-Bella Bowman), la cui storia è ispirata a una ragazza realmente esistita e costretta a nascondersi nella soffitta di una casa per sfuggire alle persecuzioni. Il villain della storia, lo spietato cacciatore Ridgeway è interpretato da Joel Edgerton e la serie dedica alla sua storyline due episodi estremamente violenti e che mai tentano di romanticizzare o attutirne la crudeltà, ma contribuiscono ad approfondire un personaggio complesso e legato a Cora dalla madre Mabel, l’unica che sia mai riuscita a scappargli.

Ma non c’è solo l’orrore: nella serie, seppur pochi, i momenti di gioia e serenità sono raccontati altrettanto splendidamente, complice una fotografia luminosa e calda e i suoni della natura che creano una colonna sonora di rara dolcezza. A testimoniare che dopo la sofferenza, uno sprazzo di luce è sempre possibile.

La ferrovia sotterranea non è una serie semplice, non indorerà la pillola su ciò che mostra, né cercherà l’approvazione di coloro che la guarderanno. È una narrazione che non lascia scampo, dolorosa, struggente e necessaria, ma da cui non riuscirete a distogliere lo sguardo.

Aaron Pierre e Thuso Mbedu (Credits: Amazon Studios)

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