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Salt Lake City: Capital Beehive State

Ma i veri viaggiatori partono per partire;
cuori leggeri, s’allontanano come palloni,
al loro destino mai cercano di sfuggire,
e, senza sapere perchè, sempre dicono: Andiamo!”( Baudelaire)

Estate 2023: torniamo negli USA per completare un itinerario che più volte avevamo progettato e poi rinviato per motivi diversi. Sarà un on the road che toccherà 8 Stati e che ha come idea ispiratrice quella di vivere realtà americane molto differenti l’una dall’altra o per aspetti paesaggistici o per consuetudini di vita o, ancora, per accadimenti storici che hanno forgiato gli usi e i costume delle località che andremo a visitare.

Questo l’intento…poi, come sempre, gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo e … andremo dove la strada deciderà di portarci.

Let’s Go!

Partiamo da Salt Lake City! La nostra sosta in questa città è stata breve (solo due giorni, poichè ci è servita solo come avvicinamento allo stato del Wyoming), tuttavia è stata una tappa ricca di “incontri” particolari inseriti in una realtà che è un mondo a sé stante: mi riferisco al fatto che la città è l’equivalente mormone del Vaticano in quanto la chiesa LDS, cioè la chiesa mormone moderna, oggi chiamata Chiesa di Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, possiede moltissimi terreni e continua a esercitare una forte influenza sulla vita dello stato.

Letteralmente “Città del lago salato”, Salt Lake City ( detta SLC) è la capitale dello Utah cioè The Beehive State, stato alveare, in riferimento al fatto che lo Utah è lo stato americano con la più alta percentuale di mormoni, che hanno una nota dedizione al lavoro paragonabile al lavorio incessante delle api. Questo il simbolo dello stato.

Detto questo, si comprende come i luoghi di interesse turistico siano principalmente legati alla chiesa mormone e si raggruppino intorno al “punto zero” della planimetria di Salt Lake City, cioè l’incrocio fra le due strade principali e cioè Temple Square, la piazza del Tempio.

Ma andiamo con ordine: la città ci ha accolto con un cielo di color turchese e una cornice di montagne ancora ammantate di neve; l’impressione che ho avuto è stata quella, non di essere arrivata in una capitale, ma piuttosto in una piccola cittadina, permeata da un’ atmosfera tranquilla. Certo alcune strade cittadine, veramente larghe (anche 40 metri), e il luogo più famoso della città, Temple Square, nella sua maestosità, fanno intendere che ci troviamo in una città che ha una sua rilevanza nel Paese( del resto ha più di un milione di abitanti)

Questa zona della Downtown, ampia 4 ettari e circondata da mura alte 4,5 metri, è davvero caratteristica: ci sono edifici religiosi e di interesse storico, alcuni teatri, il Tempio, un museo; in giro per la piazza abbiamo incontrato diversi “fratelli” , “sorelle” e anziani mormoni che sono pronti a rispondere alle domande dei visitatori ( abbiamo anche “parato” un tentativo di conversione ). Abbiamo anche visitato il Tabernacolo al cui ingresso c’era un cartello che invitata ad assistere alle prove del coro che si tengono ogni giorno: la cosa ci ha incuriosito e, una volta entrati, ci siamo resi conto che si doveva trattare di un coro moooolto numeroso, visto i positivi a sedere ad esso dedicato e così…abbiamo chiesto informazioni. Abbiamo scoperto una cosa molto interessante e cioè che uno dei vanti della città è il Coro del Tabernacolo Mormone che è uno dei cori più antichi ( è nato nel 1847) e grandi del mondo: sono 360 cantanti volontari ( dai 25 ai 60 anni) che appartengono alla chiesa che si sono esibiti davanti a presidenti degli Stati Uniti, hanno venduto milioni di dischi, hanno vinto tantissimi premi e affascinato il pubblico di decine di paesi. Durante le olimpiadi invernali a Salt Lake City del 2002 il coro si esibì alla cerimonia ufficiale di chiusura.

L’altra zona di un certo interesse si trova a circa tre chilometri di distanza: posizionato su una collina, circondato da 500 piante di ciliegi, si trova lo Utah State Capitol. É sicuramente una location molto scenografica, soprattutto perché da lassù si può ammirare il panorama circostante: una cornice di montagne, nuvole, sole e vento che creano un’atmosfera molto particolare ( ad un certo punto, però, hanno iniziato ad addensarsi nuvoli neri e le folate di vento sono diventate piuttosto violente e quindi…meglio levare le tende!)

Siccome siamo arrivati in città a pomeriggio inoltrato, a quel punto il richiamo del cibo ha iniziato a distrarmi dalle bellezze storiche e  abbiamo iniziato a dare un’occhiata ai vari negozi della Main  Street, in cerca di un posticino per cenare. Devo dire che la scelta non manca : caffè, centri yoga, tatuatori, ristoranti internazionali, bistrot biologici, negozi di antiquariato, gallerie d’arte, … Per farla breve: trota marinata al lime, patate aromatizzate al peperoncino e biscotti ripieni di marmellata di fichi gustati un un piccolo bistrò con i tavoli distribuiti attorno alla cucina a vista. Approvato!

Curiositá: la prima volta che sentiti parlare di questa città fu anni fa vedendo un film a tematica “scolastica” e che mi era piaciuto molto: si tratta di “Beyond the blackboard” ( “Oltre la lavagna”), del 2011, basato sulla vera storia di Stacey Bess raccontata nel libro Nessuno ama nessuno.Il film parla di una giovane insegnante neolaureata che nel 1987 arriva a Salt Lake City alla ricerca di un lavoro come insegnante di scuola elementare. L’unico lavoro disponibile è in uno centro per senzatetto dove finisce ad insegnare in un magazzino malmesso: non ci sono banchi o libri, ci sono topi che camminano per la stanza e quando un treno passa l’edificio trema fino alle fondamenta. Stacey, però, è piena di ideali e di voglia di aiutare il prossimo e così cerca di ottenere materiale didattico dalle autorità locali ma non riceverà mai risposta: la realtà è che la “scuola” è stata pensata solo per tenere occupati i bambini durante la loro permanenza nel centro per senzatetto senza un reale scopo istruttivo/educativo. Stacey non demorde e quindi acquista i materiali lei stessa e decora magnificamente la classe rendendola un luogo luminoso e accogliente. Si guadagna rapidamente la fiducia dei bambini e più tardi anche quella dei genitori i quali capiscomo che Stacey cerca di insegnare a questi bambini non soltanto le regole scolastiche e le varie materie ma, soprattutto, cerca di motivarli a migliorare , ad acquisire autostima per avere l’opportunità di un futuro migliore. Alla fine troverà l’aiuto anche di persone che all’inizio la credevano pazza e avevano cercato di ostacolare questo suo progetto; riceverà anche diversi riconoscimenti per il suo impegno nei confronti dei bambini senza casa.

Una bella storia sicuramente, che però lascia un po’ l’amaro in bocca… ancora una volta l’eroismo di uno che si sostituisce all’inettitudine dello Stato. 

Come disse  Gino Strada: 

“I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi”.



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