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MEMORIES HAWAII: seconda parte

La seconda tappa del nostro itinerario ci ha portati   verso la costa est di Oahu: qui si incontrano le spiagge più belle e più adatte ad un tipo di vacanza balneare “tranquilla”. Noi, in realtà, ci siamo fermati durante il tragitto solo per scattare qualche foto e per “respirare” l’oceano…non è mai stato lo scopo di questa vacanza trascorrere ore in spiaggia. Certo, può sembrare strano, visto che quando si sente parlare di Hawaii, la prima cosa che viene in mente è proprio la tipica vacanza spiaggia, oceano, lettino e abbronzatura… Ma il mio desiderio era di esplorare luoghi, vedere usi e costumi, comprendere un po’ meglio la cultura e le tradizioni di questo popolo.

Per questo motivo la tappa successive del viaggio è stata la visita al Polynesian cultural center: in questo centro culturale studenti universitari originari Delle isole polinesiane Hawaii, Tahiti, Fiji, Tonga, Samoa e Aotearoa (nome maori della Nuova Zelanda) rappresentano in molti modi gli usi e le tradizioni della loro isole. 

Ad ognuna di esse è dedicata una sezione dell’area e, attraverso le varie esibizioni a cui si sceglie di assistere, s’impara come accendere il fuoco, estrapolare il latte di cocco dalla noce, creare le collane di fiori (lei), scalare un’alta palma, poi si ascoltano i tamburi delle isole Tonga, si assiste ai balli tahitiani e alla danza tradizionale neozelandese denominata haka. Ovviamente noi ci siamo soffermati principalmente nella zona riservata alle isole Hawaii (ma è stato interessante sfruttare questa occasione per una “infarinatura” anche delle altre isole polinesiane!) ed abbiamo cosi’ potuto assistere alla spiegazione del significato di alcune delle loro danze rituali, accessori indossati e tatuaggi ( sìììì…mi sono fatta fare un tautaggio! Quello denominato “Queen” :-),  assistere alla preparazione di cibi, vedere alcune abitazioni ed edifici sacri.

Purtroppo il tempo a disposizione non è bastato per esplorare tutto quanto avrei voluto…ma è stata un’esperienza molto bella e formativa.

Il nostro viaggio è proseguito verso la North Shore Oahu: è un tratto di costa settentrionale dove si possono osservare alcune delle onde più alte al mondo. Tra novembre e febbraio qui si possono vedere i migliori surfisti del mondo, ed è sempre qui che si svolgono i mondiali di surf. 

Per la precisione è  Sunset Beach,  un tratto di sabbia considerato uno dei luoghi di surf più praticabili al mondo, che è  stato scelto per ospitare la rinomata Triple Crown of Surfing Vans, che si svolge tra novembre e dicembre, mesi in cui il mare offre le onde più spettacolari, attese dai surfisti di tutto il mondo che qui si danno appuntamento per sfidarsi tra i flutti dell’Oceano.  

Si tratta di un tratto di spiaggia lungo poco più di tre chilometri con sabbie dai colori tipicamente tropicali con prevalenza del bianco e del beige.  Come molte spiagge sulla North Shore di Oahu, Sunset Beach è considerata pericolosa per i surfisti alle prime armi, sia per le forti correnti, sia per le estese formazioni coralline vicino alla superficie che, per la loro conformazione, espongono i bagnanti meno esperti al rischio di farsi male. Onestamente non è l’ambiente adatto a me!! Datemi 15 cm di acqua cristallina e tranquilla  e io sarò felice!!!:-)

Poichè qui è zona di attività sportiva agonistica, è ovvio che le possibilità di rifocillarsi sono innumerevoli e così…abbiamo colto l’occasione per assaggiare il dolce tradizionale per eccellenza  dell’isola, la haupia, un dolce al cocco fresco e leggero che si prepara tradizionalmente durante i luau, cioè le feste hawaiane della domenica, ma si gusta anche durante altre cerimonie, come i matrimoni.

Gusto? Una specie di panna cotta ma…super dolce!! Buona, ma non buonissima.

E’ arrivato il momento di dirigersi verso l’estremità più a orientale dell’isola:  il Ka’ena Point State Park. Questa zona costiera di Oahu è quella più remota e selvaggia: ci si arriva seguendo una strada a tratti pianeggiante e a tratti collinare che all’inizio attraversa piccoli paesi   e zone abbastanza verdeggianti per poi inoltrarsi in una zona piuttosto arida e infine arrivare a quasi lambire l’oceano.

Dopo circa 20 chilometri inizia una strada sterrata che in breve termina in uno spiazzo adibito a parcheggio Da qui si prosegue a piedi:  Il sentiero principale è lungo circa 4,3 km, costeggia le scogliere e risale lungo una parete rocciosa Questi sono  luoghi dove, secondo la leggenda, le anime degli antichi hawaiani saltano nel mondo degli spiriti per incontrare i propri antenati…forse per questo il panorama offre un’incredibile vista sul Pacifico, davvero suggestiva. Purtroppo la giornata non era particolarmente luminosa e quindi non abbiamo avuto la fortuna di poter almeno sperare di vedere da lontano le balene che in questo periodo seguono una rotta che passa a poche miglia dalla costa. Peccato!

E’ ora di riprendere il viaggio. Ripercorriamo a ritroso la strada sterrata e arrivati al primo incrocio prendiamo la direzione che ci condurrà proprio al centro dell’isola. La strada che ci troviamo a percorrere è piuttosto stretta e affiancata da campi completamente coltivati ad ananas: uno spettacolo davvero singolare vedere ettari ed ettari di terreno, fino a perdita d’occhio, completamente ricoperti da piccoli, spettinati, ciuffetti verdi.

E’ proprio dopo circa 30 chilometri che arriviamo a La Dole Plantation: questa piantagione di ananas  fu costruita nel 1950 e nel 1989 aprì al pubblico col nome di Hawaii’s Pineapple Experience, al giorno d’oggi è una delle attrazioni più popolari dell’isola e riceve più di un milione di visitatori l’anno grazie alla sua offerta di attività e tour.

Quali attività vi chiederete….beh leggendo sulla loro brochure pare che all’interno della Dole Plantation sia possibile prendere i Pineapple Express Train, ben tre trenini di diversa età e fattura, che  vi condurranno in un percorso lungo circa due miglia e della durata di venti minuti, durante il quale vi verrà narrata la storia di James Drummond Dole, fondatore dell’attuale piantagione.

Poi è possibile approfittare di un bel tour attraverso i ben otto diversi giardini che la compongono dove si trovano  non solo ananas e canna da zucchero, ma anche banane, taro, mais, lychee, papaya, mango, caffè e cacao, tutti prodotti che vengono utilizzati oggi nei ristoranti locali più raffinati ed esportati all’estero per i consumatori di tutto il mondo.

Ma la piantagione non offre solo piante da frutto, bensì anche piante floreali come l’hibiscus. Il locale hibiscus giallo, noto come “pua aloalo” in lingua hawaiiana è il fiore simbolo delle Hawaii. Questo fiore viene spesso utilizzato nelle ghirlande di benvenuto di queste isole ed il termine hawaiano è Lei. 

Comunque…alla fine…secondo voi ci sono entrata? NO. Per due motivi: odio l’ananas, odio le attrazioni “pretestuose”( comunque il colpo d’occhio era carino)

Riprendiamo l’auto per l’ultimo tratto di strada che ci riporterà al punto di inizio, cioè a Honolulu. dopo alcune miglia, nel nulla, appare sulla strada un locale che capisco essere una specie di torrefazione: non mi pare vero!!! Avevo super bisogno di un caffè ..e quello hawaiano pare sia super.  E’ un posto molto particolare: non solo bar ma anche negozio di gadget a tema “caffè”… mi porterei a casa tutta la parete con appese le foto storiche del posto!!!

Beviamo il caffè ( che davvero merita) e poi ripartiamo a malincuore: la strada adesso attraversa come un nastro di velluto nero delle colline verdissime, completamente ricperte da una fitta vegetazione: ad un certo punto il cielo si oscura ed inizia a piovere piuttosoto abbondantemente , anche il vento si alza…

Da un momento all’altro l’isola tutta sole, mare, onde…diventa una terra cupa, montuosa, umida e osservando con attenzione i profili di queste montagne piuttosto tozze e basse mi richiama alla mente il paesaggio di Jurassic Park ( in effetti alcuni paesaggi montuosi di questa zona sono stati utilizzati per quel film e anche per la serie Lost).

E così come ci è sembrato in un attimo di perderci nella foresta, così ne siamo fuori in un battibaleno: da lontano vediamo il mare scintillante che ci chiama…è l’ora di  assistere al nostro ultimo tramonto hawaiano. Eccoci! Aloha!!

“Gli Hawaiani salutano tipicamente con la parola Aloha, che ha molteplici significati, tra cui condivisione del proprio respiro o della piena presenza con l’essenza della vita. Quando si pensa o si dice la parola aloha, secondo tradizione, si crea un contesto di armonia e amore, inteso come la gioiosa coscienza dell’unità. Oltre alle parole secondo il pensiero indigeno, anche le ossa contengono mana, e molto importante è l’osso frontale, che contiene la vera essenza del nostro essere. Quando si condivide un saluto tradizionale hawaiano con qualcuno,si pone delicatamente la propria fronte contro la sua, e questo gesto apre la nostra vera essenza senza maschere gli uni agli altri. Unendo le nostre fronti, prendiamo un bel respiro assieme, condividendo così l’essenza della vita e la coscienza della connessione con la sorgente unica che ci lega. Questo tipo di saluto permette di fermare la mente, e di essere totalmente presenti con se stessi, con la persona che stai salutando, e con la vita che stai condividendo. Il saluto aloha è spesso seguito dalla frase “Pehea la ka?”, oppure “Pehea Piko kou?”. “Pehea la ka? “ si traduce letteralmente in “come sta il tuo Sole?”,ma questa frase ha anche un significato simbolico. Si riferisce a quella che alle Hawaii è definita la propria ciotola di luce, ed è una richiesta premurosa e attenta che concentra l’attenzione sulla condizione della luce dentro di noi. Per capire bene questo concetto, bisogna conoscere la storia che tradizionalmente viene raccontata ai bambini hawaiani, per insegnare loro l’importanza di una vita “pono”, corretta, giusta,armoniosa.

Questa semplice parabola, racconta che ogni bambino alla nascita è una meravigliosa ciotola di luce perfetta. Se lui nel corso della sua vita farà scelte che tenderanno alla luce, con pensieri, parole e azioni, potrà avere la forza per fare molte cose, nuotare con lo squalo, volare con il falco, comprendere e conoscere tutto. Se invece cederà alla rabbia, alla paura,al risentimento, all’invidia, lascerà cadere nella sua ciotola una pietra. La Luce e la pietra non possono condividere lo stesso spazio, per cui un po’ di luce si spegnerà. Se continuerà a mettere pietre nella ciotola, la luce alla fine uscirà, e diventerà lui stesso una pietra, e la pietra non cresce, e non si muove. Ma se in qualsiasi momento si stuferà di essere una pietra, tutto quello che dovrà fare è “huli”, girare, capovolgere la ciotola, pulirsi dalle pietre, e la sua luce tornerà, brillando ancora nel mondo,e potrà così crescere di nuovo.

Quindi chiedere “Pehea la ka?”, vuol dire, come sta la tua ciotola di luce? La stai facendo brillare, o ci sono delle pietre che ne offuscano il suo brillare?

Il linguaggio è molto importante nella lingua hawaiana così come in altre tradizioni, perché contiene al suo interno la saggezza e la connessione amorevole con il creato, le parole contengono uno spirito, e il potere di portarci verso la luce. Concludo con questa domanda allora, “pehea la ka?”, e vi auguro così di aiutarvi e aiutarmi, a ricordarmi se ce ne sarà bisogno, di pulirmi dalle pietre, e far risplendere la nostra luce.

Rodolfo Carone e Francesca Tuzzi



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