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Barcellona-Milan 3-1, amen e così sia

Dopo aver visto la partita che ci ha eliminato dalla Champions, sono soprattutto rassegnato: il Barcellona ha meritato, del resto era strafavorito, giustamente. Però sono anche un po’ seccato, perché avevamo fatto un buon lavoro e l’abbiamo rovinato con qualche ingenuità. Inoltre qualche giocatore ha deluso. Anche l’allenatore ha deluso, e non per l’atteggiamento difensivo (quando giochi col Barcellona finisci per difenderti per 80 minuti su 95, per cui tanto vale organizzarsi bene).

Visto che ho tirato giù la saracinesca del blog dedicato alle pagelline del Milan, butto giù i miei promossi e bocciati.

Promossi:

Alessandro Nesta, Massimo Ambrosini e Antonio Nocerino. I primi due hanno tenuto in piedi il Milan. Se non abbiamo preso 18 gol, è merito loro. I voti striminziti dati ad Ambrosini sono ingenerosi (ho visto dei 6, persino dei 5,5: ma che si pretende da lui, tessere finemente il gioco da solo contro il Barcellona? Mah). Nocerino ha segnato il gol che ci ha consentito di sentirci qualificati per 10 minuti. Decimo centro stagionale per un calciatore che non ha saltato mezza partita da inizio stagione.

Bocciati:

In tanti: Antonini (5) combina un pasticcio e regala un rigore (netto) a Messi, ma in origine la colpa grave va attribuita a Mexes (4, perché in confusione per tutta la partita). Seedorf (4,5) ha giocato una delle sue peggiori partite di Coppa Campioni da quando è al Milan. Robinho (5) è più leggero di una farfalla (e ha sulla coscienza il gravissimo errore sottoporta dell’andata). Ad Ibra (5,5) non basta un assist a Nocerino per risultare sufficiente.

L’allenatore e il Presidente… Onorario.

Tra i due litiganti, nessuno gode: bocciati tutti e due. I loro destini si intrecciano: il presidente critica l’atteggiamento della squadra, considerato eccessivamente difensivo. Forse però si è scordato di comprarci 2 o 3 campioni in grado di mantenere il pallino del giuoco contro Xavi, Iniesta, Fabregas, Dani Alves.

L’allenatore sconta ancora l’infortunio di Thiago Silva, di cui è corresponsabile (assieme a Thiago Silva stesso). Con il brasiliano oggi non avremmo preso il primo gol, e forse non ci sarebbe stato nemmeno il calcio d’angolo da cui è nato il loro secondo gol. Ma il destino del nostro allenatore si intreccia, come abbiamo detto, con la volontà presidenziale. All’andata avevamo usato, con relativo successo, il vecchio metodo della palla lunga per Ibra. Al ritorno, questa tattica (molto ragionevole, viste le circostanze) è stata abbandonata in favore del tentativo di uscire dalla difesa palla al piede. Tentativi, non serve ribadirlo, che nove volte su dieci sono falliti miseramente prima che fossimo riusciti ad avvicinarci alla linea di metacampo. C’è aria di diktat presidenziale, ahimé.

Vorrei dir due parole anche sulla scelta di mandare l’unico nostro giocatore capace di saltare l’uomo in velocità in tribuna: mi riferisco ad El Shaarawy. Decisione perlomeno discutibile. Per portare Pato in panchina, poi. No comment. Che anche qua ci sia lo zampino del… presidente?




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