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Storie di pesca. Con la mosca finta.


Un anziano signore, dopo una lunga passeggiata, si siede su una panchina.
Davanti a lui, non molto vicini, arrivano in macchina due pescatori. Padre e figlio.
L’anziano signore li osserva. Posa il cappello, e imbocca una pipa. Non l’accende: ormai non può più farlo.




Il padre scende dall’auto e, con il figlio, vanno a chiedere il rilascio del permesso per poter pescare in fiume.
La pesca di cui si parla, è la pesca con la mosca finta.
Un’arte, nel campo.
Dopo una robusta colazione ed aver comprato il pranzo “al sacco”, preparano le canne.
Il padre istruisce il figlio, come fosse la prima volta: “Quando prendi una trota (se la prendi) metti la mano sotto la pancia, non provare a prenderla come fosse una banana, altrimenti ti scappa”.
“Preferisci il filo del 12 o del 14? Il 14 è un po’ robusto, serve per le trote più grosse”.
Il figlio ridacchia.
Dotato di un talento naturale, quasi mai esercitato, ha ereditato dal padre l’istinto naturale del “killer” tipico del pescatore. Ha pescato sin da piccolo in mare, con la canna fissa, senza mulinello.
Più avanti si è spostato sul fiume: certi movimenti classici della pesca con la mosca finta (ad esempio il tendere la lenza per metri avanti e indietro prima di lasciarla posare nel giusto punto in acqua), a lui riescono naturali.
Altri pescatori impiegano anni per riuscirci.
La vita attuale gli lascia poco tempo per esercitare questa pratica, che – per il padre, così com’era per il nonno paterno – è una religione.
La scelta della mosca finta da usare, per il ragazzo, è tipicamente una scelta “tecnica”: no alle mosche nerazzurre e rossonere per principio, sì a quelle a tinta unita. La prima da utilizzare, però, deve essere bianconera.




Il padre lo accompagna in un un posto incantevole.
In mezzo al verde, il ragazzo deve aspettare che venga rilasciata un po’ d’acqua dalla vicina diga.
Entrasse in quel momento, le trote se ne accorgerebbero e si spaventerebbero.
Il figlio adora andare a pescare ogni tanto col padre, anche se – tutte le volte – lo assale un leggero senso di colpa: sa di avere del talento, ma di non esprimerlo (e migliorarlo) compiutamente. Dopo le pescate, spesso torna a casa dopo aver preso (e rilasciato) piccoli esemplari. Senza poter portare a casa quelli consentiti. Quelli superiori ad una certa misura.
Entra in acqua, dopo essere rimasto fermo 15 minuti ad aspettare, e tutte le sue insicurezze svaniscono.
Era come se – prima di questa giornata – se lo sentisse.
Piove, fa freddo, si gira a guardare dietro di sé e vede il fiume avvolto da una piccola nebbiolina, con gli alberi - da una riva all’altra - che quasi si toccano.





Poi si gira davanti a sé, ed inizia a pescare.
Quello che una volta gli riusciva facile, tutto ad un tratto torna.
Inizia a provare lanci sempre più difficili.
Ed avverte di nuovo quella scossa elettrica che ti prende lungo la schiena, quando sai che ti trovi ad un passo dalla preda.
Arriva la prima trota: oltre la misura consentita. Si può portare a casa!
Ma, dentro di sé, sente che sta per arrivare anche la seconda, più grossa.
E così sarà, dopo qualche ora.
La gioia è irrefrenabile, il ragazzo urla tutta la sua felicità: è tornato.
Pesca come faceva una volta.
Una lacrima gli scivola dalla guancia.
Poi sorride. E guarda in direzione del signore anziano.

Che, a sua volta, gli sorride.
Prende il cappello, si alza e se ne va. Con la pipa in bocca.

Quel signore anziano, che non c’è più, era mio nonno.
Il ragazzo, naturalmente, io.
Lui è stato un grande pescatore.
Mio padre è un fuoriclasse.
Io, al loro confronto, sono una capra.
Ma, da oggi, sono sicuro che potrò tornare ad essere un buon pescatore.




Certe giornate sembrano disegnate da una mano Divina.
Approfitto di avere un diario personale, questo blog, per immortalarla.
Oggi, per me, è stata una di quelle giornate.

Un domani, spero molto lontano, avrei piacere di tornare a pescare con mio padre e mio nonno. Insieme, come quando ero piccolo.

Poi mi staccherei, un attimo, per ammirarli.


Mi siederei su una panchina, insieme a qualche Angelo.
Conoscendomi, direi: “Aaaah, come pescano quei due… Guardateli… Solo in Paradiso si pesca così…”.

Dedicato a mio nonno.

"Alla fine tutte le cose si fondono in una sola, e un fiume la attraversa. Il fiume è stato creato dalla grande alluvione del mondo e scorre sopra rocce che sono le fondamenta del tempo.
Su alcune di queste rocce sono impresse gocce di pioggia senza tempo. Sotto le rocce ci sono le parole, e alcune delle parole appartengono alle rocce.
Sono ossessionato dalle acque."
(Norman Maclean)


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