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PD: I quaderni delle culture politiche del Novecento. “Conservare il passato per trasmetterlo al futuro” di Rosario Alessandro

Il Partito Democratico è erede e custode dei valori ideali di almeno 3 culture politiche del novecento rappresentate dalla Democrazia Cristiana, dal Partito Comunista Italiano e dal Partito Socialista Italiano.

Nel momento più drammatico della storia repubblicana causa pandemia, con la peggior classe dirigente ad affrontarla irresponsabilmente, il Circolo del Pd di Castelbuono sente il bisogno di riannodare i fili della memoria raccontando le vicende locali, con i suoi protagonisti, di queste culture politiche per rendere attuale quell’impegno per il NOI che ha accompagnato quella generazione perduta o che stiamo perdendo.

Ecco il senso de “I quaderni delle culture politiche del novecento – I protagonisti locali”.

Il secondo foglio di questi quaderni è relativo alla Democrazia Cristiana e l’occasione è la ricorrenza del 9 maggio 1978; quest’anno è il 43esimo anniversario del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro nella Renault  4 rossa in via Caetani, stesso giorno, e ne accumuniamo il ricordo, dell’uccisione per mano mafiosa di Peppino Impastato a Cinisi. Quando la pandemia ci darà una tregua, speriamo definitiva grazie al vaccino, organizzeremo momenti di riflessione collettiva.

Abbiamo chiesto una testimonianza al Professore Rosario Alessandro (fra gli ultimi segretari della sezione locale della Democrazia Cristiana), e lo ringraziamo per questo contributo: visse a Roma, dove insegnava, gli anni di piombo e fra questi il rapimento di Aldo Moro e i successivi lunghi 55 giorni de “la notte della Repubblica”. Ci condurrà poi, nel suo racconto di quella stagione politica che segnò la crisi della Dc e dei partiti. Dopo anni, si può nutrire nostalgia per quei tempi che produssero trasformazioni radicali nel sistema politico ma ancora oggi, tutti, davanti a continue evoluzioni, ci troviamo a fare i conti con la storia.

Buona lettura a TUTTI NOI.

Castelbuono, lì  07 maggio  2021

Per il Coordinamento
Il Segretario
Vincenzo Capuana

Conservare il passato per trasmetterlo al futuro

La mattina del 16 marzo 1978 ero in classe, nella mia scuola di Santa Maria Delle Mole. Intorno alle 9,45 bussò il bidello per dirci che la Preside ci convocava immediatamente in Presidenza. Venni a sapere così che Moro era stato sequestrato e la scorta trucidata. Restammo tutti smarriti e confusi. Incerti su tutto, licenziammo i ragazzi che rientrarono subito a casa. Io mi recai all’angolo della via Appia Nuova per salire sul primo autobus proveniente dai Castelli e in pochissimo tempo (già il traffico si era diradato) raggiunsi la mia abitazione in via Taranto, nel quartiere di san Giovanni. Nel percorso notavo come si respirasse tensione e angoscia: la gente per strada era sparita come d’incanto, i negozianti avevano abbassato le saracinesche e un’aria densa di minacce incombeva su tutti. Roma aveva un aspetto lunare. Le edicole esponevano le edizioni straordinarie dei quotidiani che riportavano a caratteri cubitali la notizia di Moro sequestrato dalle  Brigate Rosse. 

A casa mangiai di fretta un boccone mentre seguivo le notizie dei TG, man mano più dettagliate. Appresi che nel pomeriggio i sindacati avevano organizzato una manifestazione proprio a San Giovanni.

Memore dei momenti di tensione vissuti in precedenti manifestazioni alle quali avevo partecipato, preferii scegliere la prudenza e recarmi a Montecitorio utilizzando il “pass” che il senatore Carollo mi aveva fatto ottenere da qualche tempo per assistere alle sedute di Camera e Senato. Curiosamente, non ebbi difficoltà ad entrare e assistere a quella drammatica seduta in cui il presidente incaricato Andreotti presentò il governo che fu subito approvato in un’atmosfera surreale e carica di incognite. Anche dalla tribuna del pubblico era evidente il vagolare nel buio della classe politica di ogni schieramento. Avrebbe dovuto trasmettere certezza e direttive a un paese smarrito mentre non riusciva neppure a controllare le proprie reazioni. Vidi, tra gli interventi, le lacrime di La Malfa che invocava la pena di morte. Quel pomeriggio del 16 marzo segnò davvero la morte della Repubblica. 

La prima Repubblica finisce perché finisce il sistema su cui si reggeva. La democrazia è un sistema complesso che senza l’alternanza non sta in piedi. Moro voleva indirizzarne l’evoluzione verso la democrazia dell’alternanza: verrà ucciso perché questo non succedesse. Solo Craxi tentò di salvarlo dalla “ragion di Stato” che lo diede già per morto prima di essere morto. Dall’indomani del rapimento iniziarono i 55 tremendi giorni di incertezza sulle sorti della Repubblica. Palazzo Cenci Bolognetti, sede della DC a Piazza del Gesù, divenne l’osservatorio dove si registravano le scosse che scuotevano il Paese. Iniziò un frenetico via vai di delegazioni delle varie segreterie dei partiti nel tentativo di trovare il bandolo della matassa. Ma  i visi tesi dei protagonisti  (Zaccagnini, Pisanu, Cossiga, Craxi, Signorile, Berlinguer, Napolitano, Fanfani …) tradivano il dramma di una situazione senza sbocchi. Fuori dagli impegni scolastici, mi catapultavo a Piazza del Gesù per assistere alla rappresentazione della tragedia che lentamente si consumava e alla storia di tutti noi italiani che tristemente si dipanava. In quei pomeriggi, che diventavano sempre più lunghi, feci conoscenza con Antonio Padellaro, allora giovane cronista del “Corriere della Sera”. Era gentile con me, mi anticipava qualche notizia e prendevamo il caffè al bar “Rossopomodoro” di Largo Argentina. La città viveva sempre sotto una cappa pesante, l’aria veniva lacerata dall’urlo continuo delle sirene delle volanti che non si capiva mai dove fossero dirette. Per tutti la vita divenne dura, nella città militarizzata. La mattina, salendo sull’autobus per andare a scuola, sul predellino ci accoglievano due militari con i mitra spianati. 

Questa la realtà e questo il clima di un’Italia impaurita, ricattata e ferita al cuore. Dentro questo dramma collettivo, maturai in me una coscienza sociale e politica più consapevole e partecipata.

Pochi anni dopo, quando tornai a insegnare a Castelbuono, non potei dire di no a Benedetto Alessandro, uomo umanissimo (si meritò l’appellativo di Don Sìsì perché non si rifiutava a qualsiasi richiesta gli venisse fatta) che mi cooptò per la carica di segretario della DC locale. Mi attribuiva qualità che io non avevo …  Fui messo là a dirigere il traffico in una realtà che conoscevo poco: ero ben attento alla politica nazionale ma avevo scarsa conoscenza degli equilibri, degli uomini e delle problematiche della politica paesana. Tuttavia ressi a lungo perché non ero di parte: ero un teorico idealista, sognatore e poco realizzatore. Alla fine, quando capii di aver fatto il mio tempo e faticare nel ricucire e sanare le tante contrapposizioni interne e le tante divergenze, decisi io di scendere da cavallo. Nessuno mi disarcionò. Dovevo mediare tra uomini dello spessore del senatore Carollo, dell’avvocato Lupo, del direttore Raimondo, dell’avvocato Fiasconaro, dell’avvocato Paolo Sferruzza, di Don Mario Fiasconaro, sempiterno “assessore al buonumore”, e con le componenti del partito che, nel dibattito interno, rispettavano comunque il confronto democratico. Ma si arrivò lo stesso a fratture insanabili e alle conseguenti scissioni.

La storia conferma già un giudizio positivo della lunga stagione politica del senatore Carollo che, svolgendo la sua preziosa funzione ai massimi livelli della politica regionale e nazionale, non finirà mai di curare l’interesse del proprio paese, nelle modalità e nei limiti consentiti. Svolse un ruolo dominante nelle scelte che determinarono lo sviluppo sociale ed economico di Castelbuono. A Roma, con il senatore, quando possibile, ci incontravamo. Ho il ricordo di tanti momenti e incontri vissuti insieme che mi appartengono. Quando potevo, davo anche una mano a Caterina Derisi, sua segretaria in via San Basilio. 

Di grande qualità, per gli obiettivi raggiunti   fu anche l’azione dei Dioscuri Mario Lupo e Vincenzo Raimondo che furono sindaci e condussero battaglie difficili , tra cui quella che portò all’ottenimento dello svincolo autostradale e quella per uno sviluppo ordinato ed armonioso del paese ( battaglia, questa, condotta in particolare da Mario Lupo, dotato di un visione chiara e lungimirante, che , a quei tempi, non era per nulla scontata). Però un grave errore di valutazione lo devo addebitare ad entrambi: accolsero con sufficienza e scarsa disponibilità il regista Giuseppe Tornatore, quando venne in paese per le riprese del suo “Nuovo Cinema Paradiso”, che avrebbe meritato l’Oscar da lì a poco. Dopo l’unica ripresa del Castello ne avrebbe voluto fare altre ma, vista la scarsa collaborazione, optò per altri lidi. Queste impressioni le ho apprese dallo stesso Tornatore, quando lo incontrai per organizzare a Castelbuono, per conto del Circolo Culturale, la proiezione del suo film (la prima, dopo Bari), che inizialmente non aveva incontrato il grande successo che, dopo Cannes, lo portò a Los Angeles.

Grande mobilitazione e impegno ci fu invece quando, per iniziativa dell’avvocato Antonio Fiasconaro, ricevemmo la visita del Segretario nazionale della DC Arnaldo Forlani. Del pranzo al “Romitaggio” che ne seguì ricordo con quanto gusto consumò le nostre specialità e quanto io dovetti resistere all’afrore, per me insopportabile,  della ricotta salata che egli invece mostrò di apprezzare moltissimo!

Altro episodio che mi piace raccontare risale al 1986 quando l’attuale Capo dello Stato era commissario straordinario della DC nella Provincia di Palermo. Alla vigilia delle elezioni provinciali, verso le 21, mi squillò il telefono. Alzai la cornetta e sentii dall’altro capo una voce pacata e flebile: “Sono Mattarella …”. Mi chiedeva, con il garbo che ha sempre avuto, quanto consenso ci fosse sulla candidatura di Leonardo Urbani, architetto capolista per la DC in quella tornata elettorale. Riposi che, secondo me, non c’era motivo di preoccupazione. Ma, come spesso succede, … i migliori restano al palo! Il capolista architetto Leonardo Urbani, stimatissimo docente universitario, noto in tutt’Italia, portatore di idee innovative per l’economia siciliana, non venne eletto. Però a Castelbuono, unico pase della provincia, fu il primo per voti ricevuti. 

Non si possono ricordare tutte le iniziative che in quegli anni vennero promosse. Mi limito a citarne ancora una, per sottolineare la vivacità e l’ampiezza degli interessi: il convegno sullo sviluppo energetico in Italia, in cui fu relatore l’ing. Alessandro Morici, allora dirigente dell’E.N.E.A. Di quel tempo rimane la sensazione di un’esperienza vissuta con coralità e ancora non si possono dimenticare i buoni rapporti di amicizia e rispetto con i rappresentanti delle altre forze politiche. Figure di alto profilo che rispondono ai nomi di Gino Carollo, Andrea Sottile, Peppe Spallino, Ciccio Romeo, Nuccio Di Napoli e tanti altri, fino alle giovani promesse Martino Spallino, Mario Cicero e Gioacchino Genchi: tutte tessere importanti del mosaico politico di quegli anni. 

Già dopo Moro si intravedeva il crollo dei partiti della prima Repubblica. Il sistema prende nuove forme e si profilano le nuove alleanze, confermando l’intuizione di Moro che voleva “convertire” comunisti e socialisti portandoli governo. 

Ma questa è la storia del “dopo”: attraverso scissioni e  ricomposizioni si passerà alla formazione di liste popolari, a movimenti autonomi, all’Ulivo, che nacque a Castelbuono in anteprima nazionale, e a nuove crisi sistemiche post Tangentopoli. 

Poi ognuno ha fatto i propri conti con le forze di appartenenza che via via si allontanavano dalla gente che avevano rappresentato per seguire una politica schizofrenica ed egocentrica. Come me, molti che si erano allontanati dal PD, oggi si chiedono se, con Letta alla guida,  si può sperare in una nuova stagione in cui ideali di ampio respiro abbiano forza e consistenza.  L’oggi è sempre più complesso e sfidante ed esige una nuova capacità di ascolto e vicinanza ai bisogni reali della gente. E se il passato è importante, è  il tempo presente che richiede a tutti l’impegno di creare futuro. 

Castelbuono, 5 aprile 2021 
Anno II P.R. (Pandemia regnante)
Rosario Alessandro



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