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La “passiata” castelbuonese. Guida essenziale per turisti

I viaggiatori che scelgono di visitare Castelbuono hanno numerosi motivi per farlo. L’enogastronomia è un grande catalizzatore, ma anche l’aria buona che si respira e la calorosa accoglienza seducono chi gravita attorno alle Madonie, producendo quel diffuso desiderio che trova la sua forma concreta nella tipica “Passiata”.

La “passeggiata” cioè, che come atto sociale di condivisione itinerante del centro storico è ancora tradizione radicata, e Castelbuono è fieramente tra gli osservanti più praticanti. Passeggiata che è anche fuga domenicale per i turisti, dai rumori cittadini ad esempio, oppure, in senso più ampio, come una promenade in montagna, quando il sole della buona stagione invita a riconnettersi alla natura.

Si giunge quindi a Castelbuono (e già il nome ci riporta in uno stato di grazia e godimento) e parcheggiata l’auto nei pressi del Parco delle Rimembranze, o qui scesi dal pulman, si respira già un’aria buona a cui si accosta una prima bella visione panoramica, specie costeggiando la strada alberata che rivela il lato nord del Castello dei Ventimiglia (e non salendo dalle scale limitrofe alla scuola). Prima di essere vinti dal magnetismo del castello, prendiamoci alcuni minuti per godere della vista di quelle sontuose montagne che abbracciano e proteggono il paese in una conca naturale.

Il Castello comunale dei Ventimiglia, sulla sinistra, e di fronte la spettacolare quinta delle Madonie, con i caratteristici colli “Pizzi gemelli” in primo piano. © foto: Castelbuono.Org

Salendo, pochi metri dopo, dal belvedere con panchine (non tutto a dire il vero è proprio un “bel vedere”) c’è una vista d’insieme, con Pollina, l’Olimpo erto verso Nord, da cui è possibile scorgere la Torre di Maurolico, e più ad est San Mauro e via via Geraci.

Saziata la vista si prosegue fino a piazza Castello. Del maniero, e delle sue suggestioni medievali e contemporanee al contempo, ne paleremo specificamente in seguito, per ora ci limitiamo a richiamare alla mente agli amanti del cinema la scena del capolavoro Nuovo Cinema Paradiso, ricordando quei bambini che felici correvano lungo la gradinata che fa da base all’edificio al termine della giornata scolastica. Giuseppe Tornatore, mon amour!

Frame da Nuovo Cinema Paradiso

Varcare l’arco di via sant’Anna, immediato e doveroso omaggio alla patrona, è un momento iniziatico: alle spalle ci si lascia ciò da cui tutto ebbe inizio, il Castello, e da qui inizia la vera Passiata. Per il castelbuonese è un percorso preciso – i turisti invece possono anche improvvisare – quantificabile in metri e da reiterare diverse volte, in base allo spessore dei discorsi che vengono fuori durante il tragitto. Una curiosità in proposito: per accentuare il valore dell’affermazione proferita il passiatore è solito interrompere improvvisamente il cammino, costringendo l’interlocutore a fare altrettanto, per poi riprendere pochi secondi dopo.

Arco di “sant’Anna”, che da Piazza Castelo immette nella via omonima

Da via Sant’Anna, la passiata si estende scendendo verso “sopra il ponte” (che “scendere per andare verso sopra” è già un’esperienza grammaticalmente intrigante, che ci riserveremo di approfondire in un capitolo sugli usi linguistici). Ma non aspettatevi ad un certo punto di trovare un ponte (e qui l’esperienza si fa metafisica): perché non esiste, non più, almeno visibilmente. Esisteva in ragione di un fiumiciattolo che scendeva da quelle parti, in una zona che sostanzialmente segnava la fine del centro abitato. Adesso “sopra il ponte” è solo un concetto, uno snodo importante con molte attività commerciali con una piazzetta al centro, piazza Matteotti, cui hanno appioppato un gusto leggermente esotico con palme e ritmi spesso latini.Questi gli estremi del percorso ufficiale della passeggiata castelbuonese. In mezzo alcune suggestioni che si proverà a raccontare.

Ritorniamo con la mente al passaggio iniziatico sotto l’arco, prima era sede di una delle porte che chiudeva la piazza castello, e camminiamo con rilassatezza. Soffermiamoci a guardare i vicoli, alcuni molto caratteristici, con case strette e alte e balconi dirimpetto che quasi si toccano. 
Procediamo dritto davanti a noi fino a giungere al vero cuore pulsante della comunità, Piazza Margherita.

Al centro la fontana cinquecentesca che fa da logo a note attività imprenditoriali e soprattutto perno tra una chiesa, la Matrice Vecchia (non perdetevi la cripta e il Polittico), l’ex Banca di Corte, poi carcere e oggi Museo del Risorgimento (e, meglio, sede della Torre dell’Orologio), e due bar pasticcerie eccellenti da provare entrambe, Fiasconaro e Naselli, di cui abbiamo già parlato qui. Mentre siete lì a gustare i panettoni del Maestro Nicola Fiasconaro e a rinfrescarvi con i gelati 100% Sicilia del Maestro Salvatore Naselli potrete ascoltare le musiche senza tempo del circolo degli Amici della Musica. Da un momento iniziatico siete giunti cosi alla fase mistica e quasi sinestetica: i cinque sensi vi ringrazieranno.

Proseguiamo ancora giù, con “sopra il ponte” come bussola, e tra vicoletti che nascondono e valorizzano ristoranti d’eccellenza potrete intravedere un bagliore azzurro in alto davanti a voi. Sono le maioliche che rivestono l’ex Chiesa del Crocifisso, di recente restaurata e ribattezzata Centro Sud, uno spazio polifunzionale usato per concerti, spettacoli e iniziative di varia natura culturale.

La fontana grande, detta dei “quattru cannoli”: Venere Ciprea.

Poco più avanti, elegante e “femminista”, la Venere Ciprea con Cupido a spianarvi la strada, concedervi un sorso e invitandovi a proseguire. Un tempietto stupendo interamente dedicato alla donna: dall’alto (con la statua di epoca greco-romana di Andromeda) fino in basso, con quattro metope a soggetto mitologico. Girato l’angolo sarete finalmente al confine di “sopra il ponte”, con i quattro “babbi di litria” (quattro statuine poste sul portale dell’ultima chiesa, di Litria appunto) a guardarvi sospettosi e a invitarvi a girare su voi stessi e ripercorrere al contrario il percorso. Alla scoperta di tutto il resto che non vi abbiamo qui suggerito.



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