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Separazione delle carriere?

Questo governo, tra i tanti obiettivi che si è posto, annovera la famosa/famigerata Separazione Delle Carriere tra magistratura inquirente e giudicante, un vecchio sogno berlusconiano mai realizzato completamente ma mai abbandonato dalla destra. A dire il vero, questo progetto non nasce con Berlusconi ma con Licio Gelli, dal momento che era uno dei punti del suo programma sovversivo di Rinascita.


È un argomento molto tecnico, di difficile comprensione per chi, me compreso, non è addentro a questioni giuridiche. In sostanza, riassumendo brutalmente, se la Riforma caldeggiata anche da Nordio, probabilmente il peggior ministro della Giustizia della storia repubblicana, andasse in porto, magistrati inquirenti (Pubblici ministeri) e giudicanti (giudici di tribunale o di corte) non potrebbero cambiare funzione durante il corso della carriera. Il punto è che già oggi, anche senza questa riforma, i magistrati che nel corso della carriera cambiano funzione sono pochissimi, anche perché le varie riforme che si sono succedute nel corso degli anni (la riforma Castelli prima, la riforma Cartabia poi) hanno reso meno appetibile il cambio.

Nel 2022 appena trascorso le richieste di cambio di funzione sono state venti (20) su un organico di 10.000 magistrati. Davanti a questi numeri si capisce chiaramente come una riforma "utile a tutti gli italiani" non abbia in realtà alcun significato, se non politico. Scriveva qualche giorno fa Elena Chiari: "Ma sono in molti a ritenere che dietro il tema tecnico, ormai statisticamente marginale, di permettere o non permettere a Pm e giudici di passare da una funzione all’altra e quanto, si nasconda in realtà l’intento politico di cominciare da qui per assoggettare progressivamente l’ufficio del Pm all’esecutivo, col risultato che a quel punto sarebbero i Governi a decidere di volta in volta (a seconda del colore e del consenso) quali cassetti un Pm può aprire e quali no. Ma in questo caso il rischio è che un cittadino, uguale agli altri davanti alla legge secondo l’articolo 3 della Costituzione, possa diventare un po’ meno uguale e che il divario tra potenti e comuni cittadini si stringa o si allarghi, a seconda che il Governo di turno decida che i cassetti del potere possano essere aperti o debbano restare chiusi."

In sostanza, il non detto di questa riforma starebbe nell'antico sogno della destra di porre il sistema giudiziario sotto il controllo dell'esecutivo, di renderlo quindi meno indipendente e in rapporto di maggiore sudditanza, esattamente come avviene oggi in paesi come la Polonia, l'Ungheria, la Turchia, non esattamente modelli di democrazia. Che poi tutto questo vada nell'interesse del comune cittadino è ancora tutto da dimostrare. Uno dei più esaustivi articoli su questa complessa tematica lo trovate qui.


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