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RITRATTO DI UNA GIOVENTÙ

A volte la statistica ci aiuta a comprendere la realtà che ci circonda, come dimostrano i dati dell’ISTAT (rapporto annuale 2011) sulla condizione dei giovani nel nostro paese. Dati spaventosi. Secondo l’Istituto di statistica, sono 2 milioni i cosiddetti Neet (Non in education, employment or training), in pratica coloro che non cercano un lavoro, non frequentano nessun percorso di formazione scolastico o universitario. Per lo più sono giovani tra i 15 e 29 anni talmente disillusi da vivere nella totale inattività. A questi si aggiungono quei 30-40enni costretti a rimanere in famiglia per motivi economici.(28,9 % nel 2009).

E’ un “quadro” preciso e dettagliato, insomma. Ne viene fuori il ritratto di una gioventù delusa, senza la forza di rovesciare un sistema non funzionante ed esclusivo, di cui pure porta il peso sulle spalle ma del quale non si sente responsabile. Eppure a questo “quadro” manca qualche cosa, è un semplice profilo in bianco e nero. C’è bisogno di qualcosa che vada più in profondità. E allora è qui che entra in gioco la letteratura che, attraverso le parole, ha la forza di restituire il colore delle emozioni, la tetraggine dell’angoscia o di far brillare lo smalto della felicità che i meri dati statistici non sono in grado di rappresentare. Per questo, di seguito, riporto qualche estratto dal libro di Joseph Conrad “La linea d’ombra”. Nel romanzo dell’autore britannico di origine polacca, si narra la storia di un Giovane Marinaio come metafora del passaggio dalla gioventù all’età adulta. La “linea d’ombra” è il momento della sospensione, è il bivio davanti al quale le nostre scelte non ci consentiranno di tornare più indietro. Si diventa adulti.

Così Conrad descrive questa fase: “È il periodo della vita in cui possono capitare di quei momenti cui ho accennato. Che momenti? Ebbene, momenti di tedio, di stanchezza, di scontento. Momenti di irriflessione. Parlo dei momenti in cui chi è ancora giovane è incline a commette atti inconsulti, come sposarsi all’improvviso o abbandonare un lavoro senza motivo”.

E di fatti, il protagonista della nostra storia decide, senza alcun motivo apparente, di lasciare la nave sulla quale aveva trascorso gran parte della sua vita. Egli stesso non riesce a giustificare la sua scelta, e infatti dice: “è inutile dare una patina di ragionevolezza a qualcosa che io stesso anche allora ebbi un mezzo sospetto fosse un capriccio”. In realtà egli è stufo della sua condizione, è a pezzi perché non viene riconosciuto per quello che è. Sa di meritare di più. Basta, molla tutto e torna a casa.

È come si vede, né più né meno, la condizione nella quale ci troviamo noi oggi, solo che da storia individuale si è trasformata in uno stato collettivo. L’indignazione globale manifestata in queste settimane sta lì a dimostrarlo. Che cos’è, se non l’urlo di una gioventù che pretende di essere presa in considerazione e che sa di meritare di più? Detto ciò, è interessante notare come Conrad a questa fase di incertezza faccia seguire la realizzazione del sogno del nostro eroe, riponendo sotto il velo delle parole una speranza. E infatti una serie di coincidenze fanno in modo che al giovane marinaio venga assegnato il comando di una nave, che se pur malandata a lui sembra un destriero. Come prosegue il libro non credo sia giusto raccontarlo, ma sentite Conrad cosa fa dire al giovane marinaio alla vista della nave: “Sentii un colpo nel petto – soltanto uno, come se il mio cuore subito dopo avesse cessato di battere”, e ancora: “Si, era là. Divorai con gli occhi, felice, lo scafo, l’attrezzatura. Quel senso di vacuità della vita che mi aveva reso così irrequieto negli ultimi mesi perse la sua amara ragione di essere, la sua malefica influenza, dissolvendosi in un fiotto di emozione gioiosa”. Che sia il desiderio di diventare comandante di una nave o un qualsiasi altro sogno, la lezione di Conrad sembra essere questa: siate tenaci e coraggiosi, e la vita si rivolgerà a voi con un sorriso.




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