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Neanche il tempo di scattarle! Breve viaggio intorno alle fotocamere istantanee

La polaroid rappresenta una temporalità vorace: tutto e subito.

Sono cosciente di essere un mangiatore di immagini.

Maurizio Galimberti

Ormai l’abbiamo capito: in una foto esiste solo quello che si vede, tutto ciò che non è inquadrato esiste solo se riusciamo ad immaginarlo. La fotografia può solo dare degli indizi su ciò che si trova al di fuori del frame, della cornice che contiene l’inquadratura, ma solo se l’osservatore decide di prestarsi a questo gioco. Ciò su cui bisogna indagare è perché il fotografo, tra tutti i punti di vista e le possibili soluzioni tecniche per lo scatto, ha deciso di catturare proprio in quel modo il soggetto.

Se, citando McLuhan, il mezzo è il messaggio, allora in fotografia la fotocamera condiziona tecnicamente e praticamente gli scatti. È impossibile pensare i reportage di Robert Capa e Henri Cartier-Bresson scattati con un’ingombrante macchina a soffietto, il loro stile necessita di una compatta: della Leica. Viceversa, durante la sua carriera, Ansel Adams ha prediletto i vasti paesaggi americani, soggetti inanimati che solo il grande formato poteva catturare nella loro ricchezza di dettagli. Ad ogni stile la sua fotocamera, su questo non possiamo nutrire dubbi! Eppure manca ancora la regina delle fotocamere istantanee all’appello: la Polaroid.

Storia della fotocamera istantanea

Raccontare la Polaroid significa penetrare ancora una volta in quel misterioso fascino dell’attesa che circola intorno alla storia della fotografia. Non a caso l’idea viene ad una bambina durante una gita nel 1937 a Santa Fè nel New Mexico: “Papà perché non si possono vedere immediatamente le foto scattate?”. Un’infantile capriccio. Se non fosse che il papà era lo stimato ingegnere dell’aviazione americana Edwin Land, arruolato per produrre occhiali e filtri ottici. Basti pensare che Tibbets e l’ equipaggio dell’Enola Gay sopra Hiroshima portavano occhiali polarizzati disegnati da Land per proteggere la vista dalla luminosità del fungo atomico.

Land Camera Polaroid

Soltanto nel 1947 Land, sposando le sue conoscenze ottiche con quelle chimiche, presentò all’associazione degli ottici americani il prototipo di una fotocamera capace di produrre immediatamente un’immagine positiva, evitando la laboriosa operazione dello sviluppo. La Land Camera viene presentata nel 1948 ed è un trionfo che nel solo primo anno di vendita frutta al suo creatore un profitto di ben 5 milioni di dollari!

Curiosità: l’idea dello sviluppo all’interno della macchina non era nuova, esistono infatti varie testimonianze fin dai primi anni della fotografia. Nel 1857, Bolles and Smith di Cooperstown, New York, brevettarono la prima fotocamera istantanea che fu poi prodotta in serie. La risposta europea si ebbe nel 1864 da parte del francese Jules Bourdin, che semplificò il sistema di scatto. Ulteriori furono i brevetti, ma nessuno poté avvicinarsi al successo della polaroid semplicemente perché i tempi ancora non erano pronti. Ancora mancava il gusto pop e la società era ancora restia al consumo di immagini.

Nel 1963 arriva la Polaroid Serie 100 ed è il suo trionfo definitivo: fotografi professionisti la usano per le immagini di prova e i registi di Hollywood l’adottano per studiare le inquadrature prima di consumare chilometri di costosissima pellicola. Chi pensava come un giocattolo questa fotocamera in alluminio e finta pelle è costretto a ricredersi: ormai è uno status symbol. Il perché di tanto successo? É la società dei consumi, nessuno può tollerare un’attesa di oltre tre giorni per poi scoprire di aver sbagliato lo scatto!

Polaroid SX-70

Alla massa, che inizia ad essere notevolmente ghiotta di immagini, basta guardare il quadrato lattiginoso spuntato dalla cassetta e contare fino a 30 per vedere delle sagome prendere vita e quindi nascere la fotografia. Il modello SX-70, insieme alle orecchie di Topolino, il corsivo della Coca Cola e la M di McDonald’s, sarà una delle colonne portanti del sistema culturale statunitense degli anni ’70. La SX-70 era un modello Polaroid Reflex, ovvero una di quelle macchine fotografiche in cui ciò che si inquadra è ciò che si vedrà in fotografia, è stata talmente grandiosa da essere ancora oggi prodotta da un gruppo chiamato Impossible Project ed impegnato nella riscoperta dell’analogico.

Già dal 1948 Ansel Adams era diventato il primo consulente artistico famoso assunto da Land, il compito era di provare le macchine fotografiche, le pellicole e tutti gli accessori utilizzandoli sul campo e in studio. Adams era meticoloso e preciso e ha stilato migliaia di resoconti esaustivi sulle esposizioni, analizzando le prestazioni di ogni singolo dispositivo. Se oggi l’industria fotografica è così avanzata è anche grazie a questa fotografo, che ha saputo collimare l’arte con la tecnica producendo opere che ancora oggi lasciano a bocca aperta.

Se Adams ha però fornito consulenza tecnica, un altro personaggio ha esaltato il mezzo fino a farlo esplodere definitivamente: Andy Warhol. Per l’artista newyorkese l’istantanea è essenziale per catturare gli attimi di delirio che ruotano intorno alla factory. Solo e sempre la polaroid, estensione perfetta di quell’occhio che non deve indagare, ma ubriacarsi all’onnipresenza di immagini, essenza della cultura pop.

Se il prendi e scatta era stato il motto della Kodak, il scatta e vedi è il motto pop della Polaroid. Se i primi modelli si nutrono di cartucce color seppia, già i successivi producono il bianco e nero per giungere al colore e alle sue relative dominanze cromatiche. A differenza dei fotogrammi in pellicola, raccolti nei consueti rullini, le cartucce a sviluppo immediato sono usate in film pack da 10 esposizioni. Due sono i tipi di prodotto: quello a strappo, formato da due fogli sovrapposti che vengono separati dopo un breve tempo rivelando l’immagine positiva, e l’integrale, che espelle dal contenitore un cartoncino piano su cui si forma magicamente l’immagine mentre la si osserva. All’ingresso della luce attraverso l’obiettivo, un particolare meccanismo interno spreme i reagenti chimici in modo da attivare il processo di sviluppo. Per quanto possa sembrare paradossale questi materiali sono ancora molto utilizzati dai fotografi professionali in studio per creare provini in grado di confermare la corretta esposizione e composizione dell’inquadratura.

Le fotocamere istantanee oggi

La fotografia istantanea abbatte la magia dell’attesa? Ma c’è ancora il tempo per l’attesa oggi? Nel frattempo, dopo più di 70 anni dalla vendita della prima macchina, la Polaroid si è arresa al digitale. Le attuali fotocamera istantanee oggi (ri)vivono attraverso nuovi prodotti che comunicano con il digitale, penso alle stampanti portatili Zink. La carta Zink è resistente all’acqua e non è fotosensibile, attraverso il calore che la stampante genera si attivano i cristalli liquidi in grado di riprodurre i cromatismi delle fotografie digitali. Interessanti sono poi le case di produzione/distribuzione indipendenti che hanno riesumato i meccanismi dell’analogico per la sfida al digitale, producendo prodotti di elevata qualità ma sempre e comunque indicati ad un pubblico di nicchia.

D’altra parte, quando guardiamo sul visore della nostra fotocamera digitale, non è anche quella una fotografia istantanea?



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