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Ladycat War Zone #1. “Sole nero”

Perché il sole divenne oscuro, Mentre vagavo nella selva oscura, oltre il terminatore dell’esistenza?
I rami spezzati nella penombra del delirio, mi facevano sussultare, ero un fantasma che temeva i fantasmi.
Avevo perso l’orientamento, non c’era più casa, né orizzonte.
Vagavo da giorni assetata ed esausta, confusa, fra la caverna calda e oscura, e la polla lucente.
Pillole rosse in una mano, per abbattere la paura, pillole blu nell’altra, per andare avanti, nella perenne nebbia viola.
Là, dove le schegge dei miei stessi pensieri aleggiavano vicino a me, al margine della coda dell’occhio della mente, fantasmi probabilistici ai margini della possibilità, pensieri nati e morti all’istante, congelati nell’infinitesimale attimo di esistenza incerta e perenne.
Lo vidi salire sulla collina, addentrarsi nella giungla. Cercarmi.
Poi, l’uragano. La pioggia entrava dentro di me, fin dentro le ossa. Pioggia assassina. Mi asciugò, mi coprì, mi scaldò e pregò a modo suo.
Mi portò in ospedale.
E lui, col cuore fracassato, raggomitolato all’angolo, attese l’inevitabile e crudele gracchiare bianco della radio.
Ma io lo sentii prima di lui…

Vidi le labbra del ragazzo snudarsi, lasciar sorgere i denti, il dolore e la rabbia dall’abisso oscuro del petto e la gola.

Ed ora lo vedo, nel mio temporaneo cubicolo, mentre mi guarda disperato, un timido lapilleggiare rosso, mentre mormora un saluto, prima dei fiori e dell’oscuro e temporaneo crucibolo, il doloroso sudario, le parole spezzate e un’altra parte di lui che muore, mentre sussura una triste litania solo per noi due nella brezza serotonina.

Lo vidi mentre mi adagiava tristemente al di sotto della linea dell’orizzonte. 
E accanto a me riposava anche un’altra parte del ragazzo che era dentro lui, consunto e frantumato. Dannata guerra.

Dispersi sul crinale dell’esistenza, ci siamo ritrovati in bilico sulla nostra inappartenenza. Ci siamo guardati e abbiamo capito che eravamo l’uno per l’altra,
medesimi occhi e speranze.
Ora sto solcando il periglioso sentiero che mi porterà in un nuovo mondo,
o nelle mie origini, e io continuerò a solcare i miei percorsi tracciati nell’erba e nel tuo cuore.
Nei suoi occhi, ci sarà sempre un’eterna e silenziosa vigilanza, ma io sono perennemente legato a lui, ci sarò sempre, fino alla fine.
Un giorno si aprirà la porta e lui sarà lì. Lo farò entrare.
Forse oggi, o domani, o in un futuro passato. Io ci sarò.
Sempre.
Di fronte l’orrore della perdita, lui insegue il fantasma della mia ombra,
ho lasciato in lui una parte della mia anima, e io lo sento e lo vedo ancora, oscuramente,
alla ricerca di me.
Dove è nato questo crucibolo di amore e questo doloroso satori?

Stiamo andando in cima alla montagna, con le gambe rotte e tutte le nostre ferite…




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