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Per esser felice, bisogna saper dimenticare il passato, non inquietarsi dell’avvenire e godere il presente

Sono più le cose che ci spaventano di quelle che ci minacciano effettivamente, e spesso soffriamo più per le Nostre Paure che per la realtà. Ci capita di essere infelici prima del tempo, nonostante le disgrazie che consideriamo imminenti forse non arriveranno mai e di certo non sono ancora arrivate. Certe cose ci tormentano più del dovuto, certe prima del dovuto, certe assolutamente senza motivo; quindi, o accresciamo la nostra sofferenza o la anticipiamo o addirittura ce la creiamo. 

Per questo bisogna considerare se ci sono sicuri indizi di un male imminente: per lo più, infatti, stiamo in ansia solo per sospetti e ci facciamo ingannare da quelle dicerie che riescono a determinare la sorte di una guerra e che, a maggior ragione, determinano la sorte degli individui. E così crediamo facilmente alle supposizioni; non mettiamo alla prova l’attendibilità delle nostre paure e non ce le scrolliamo di dosso; ci agitiamo e voltiamo le spalle come soldati che abbandonano l’accampamento per il polverone sollevato da un gregge di pecore in fuga o come quelle persone che si lasciano spaventare dai racconti di cose senza fondamento e di cui non si conosce neppure l’autore.

È verosimile che in futuro ci accada qualche guaio, ma non è proprio sicuro. Quanti eventi inattesi sono avvenuti! E quanti fatti attesi non si sono mai verificati! E se anche capiteranno, a che giova andare incontro al dolore? Ci dorremo a sufficienza quando il male arriverà: nel frattempo auguriamoci il meglio. Che cosa ci guadagneremo? Tempo. Possono intervenire molti fattori per cui un pericolo vicino, o addirittura imminente, si ferma o cessa o piomba addosso a qualcun altro; spesso in un incendio si apre una via di fuga; qualcuno è uscito illeso da un crollo; a volte la spada è stata ritirata dal collo su cui pendeva; qualcuno è sopravvissuto al suo carnefice. Anche la sfortuna è mutevole. Forse sarà, forse non sarà, nel frattempo non è; speriamo sempre nel meglio.

L’animo si crea mali immaginari: o travisa in peggio una parola ambigua o ingigantisce un’offesa ricevuta, e pensa non a quanto l’altro sia in collera, ma a quanto sia lecito a chi è in collera. Ma non c’è nessun motivo di vivere, nessun limite alle nostre sciagure, se si teme tutto ciò che può accadere. Qui giova essere saggi: respingiamo con forza d’animo la paura anche se giustificata; oppure, scacciamo una debolezza con un’altra: temperiamo il timore con la speranza. Gli eventi temuti non accadono e quelli sperati deludono: è una verità più certa di tutte le nostre paure.

Soppesiamo, quindi, speranza e paura, e quando tutto sarà incerto, favoriamo noi stessi: crediamo a ciò che preferiamo. Anche se il timore avrà più argomenti, scegliamo la speranza e mettiamo fine alla nostra angoscia; la maggior parte degli uomini si arrovella e si agita, sebbene non vi siano mali presenti né certezza di mali futuri. Nessuno, infatti, resiste a se stesso quando ha cominciato ad essere inquieto e non riconduce i suoi timori alla realtà. Ci lasciamo trasportare dal vento; paventiamo l’incerto come se fosse certo; non abbiamo il senso della misura, subito un dubbio si trasforma in timore.

Tra gli altri mali, lo stolto ha anche questo: comincia sempre a vivere.

[tratto da “Lettere a Lucillio” di Seneca | immagine: 100 Days of Overthinking]



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