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Dietrofront della scienza: la vitamina D non protegge il cervello!

L’abbiamo sempre sostenuto: la scienza è una materia esatta solo fino a prova contraria. Numerosi studi, infatti, tendono spesso a confutare ricerche precedenti presentando nuovi dati e ribaltando le tesi condivise.

Per la vitamina D è lo stesso. Diverse ricerche di settore, infatti, avevamo confermato il ruolo protettivo della vitamina D per lo sviluppo delle patologie cerebrali: malattie come la sclerosi multipla, il morbo di Parkinson o l’Alzheimer venivano spesso ricondotti ad una mancanza di vitamina D nell’organismo.

Perchè? Come spiegano gli scienziati: Studi precedenti avevano scoperto che i pazienti con una malattia neurodegenerativa tendevano ad avere bassi livelli di vitamina D rispetto a persone sane. Ciò ha portato all’ipotesi che l’aumento dei livelli di vitamina D, attraverso una maggiore esposizione ai raggi UV e al sole o prendendo integratori, potrebbe potenzialmente avere un impatto positivo>>.

Era quindi convinzione diffusa che mantenere elevati i livelli di vitamina D, o quanto meno mantenerli nelle quantità di salute suggerite, avrebbe potuto ridurre il rischio di sviluppare dei disturbi cerebrali o di limitarne la loro progressione.

Una nuova ricerca condotta presso l’Università australiana di Adelaide e pubblicata su Nutritional Neuroscience, però, ha preso in esame oltre 70 studi condotti per riesaminare il ruolo della vitamina D nelle malattie neurodegenerative.

Da qui la nuova conclusione dei ricercatori: I risultati della nostra revisione approfondita e un’analisi di tutta la letteratura scientifica, tuttavia, indicano che non è così e che non ci sono prove convincenti a sostegno della vitamina D come agente protettivo per il cervello>>. Dietrofront della scienza, quindi, non c’è certezza che è la vitamina D a proteggere il nostro cervello da queste patologie.

Secondo gli esperti, comunque, l’esposizione solare avrebbe un impatto benefico sul nostro cervello senza, però, coinvolgere direttamente la vitamina D. Ci sarebbero, quindi, nuovi fattori o variabili che entrano in gioco nel processo di esposizione ai raggi solari e di protezione del cervello. Quali siano questi fattori, però, per la scienza è ancora da comprendere.



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