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La comunicazione umana: I 5 assiomi

Paul Watzlawick e il gruppo di Palo Alto hanno studiato a lungo la Comunicazione, la sua influenza sulle persone e gli effetti che ha sul comportamento, riassumendoli nel libro sulla comunicazione: Pragmatica della comunicazione umana. Da questi loro studi, partiti oltre cinquant’anni fa, si sono avviate innumerevoli ricerche. Quello che è emerso è che la comunicazione è fondamentale ossia tutto è comunicazione.

Cosa significa comunicare?

Si comunica in ogni momento, con tutti, consciamente o meno, per  raccontare episodi, suscitare emozioni, stabilire relazioni, perseguire obiettivi… con la comunicazione si creano realtà e a volte delle vere e proprie trappole.  È uno strumento che influenza le interazioni con amici, partner, colleghi, sconosciuti, capace di determinarne l’andamento positivo o negativo e della nostra Relazione con loro.

Partendo dalle basi della comunicazione, Watzlawick ci ha fornito 5 assiomi che descrivono approfonditamente tutta la comunicazione umana. Eccoli a voi semplificati e correlati da esempi:

1 assioma: non si può non comunicare

Il comportamento non ha un suo opposto, ovvero non è possibile non avere un comportamento; se si accetta che l’intero comportamento in una situazione di interazione ha valore di messaggio, vale a dire è comunicazione, ne consegue che comunque ci si sforzi, non si può non comunicare:

l’attività o l’inattività, le parole o il silenzio hanno tutti valore di messaggio, in quanto influenzano gli altri e gli altri, a loro volta, non possono non rispondere a queste comunicazioni ed in tal modo comunicano anche loro.

Il fatto che non si parli, perciò, non vuol dire che non si stia comunicando perché la parola non è l’unico strumento di interazione con l’altro.

Il silenzio, erroneamente concepito come intervallo tra parole, già da solo costituisce un linguaggio, con una peculiare semantica, con le sue varianti da interpretare in relazione al contesto.

Una persona che non si fa sentire da un po’ di tempo apparentemente non sta comunicando, in realtà comunica qualcosa e questo qualcosa va anche al di là delle sue intenzioni poiché il significato del suo silenzio finisce per essere l’interpretazione che ne dà un’altra persona che invece si aspetta una telefonata. E’ la classica la situazione tra due persone in fase di corteggiamento in cui per orgoglio o per paura del rifiuto nessuno dei due vuole esporsi, evitando di farsi sentire.

Il silenzio nella coppia può essere denso di significato e attraverso il silenzio possono passare molti contenuti e sentimenti: ci sono silenzi chiusi, tesi, rilassati, aperti, permeabili o impermeabili..

Inoltre, il nostro volto può esprimere molti sentimenti senza parlare, infatti ci serviamo spesso del volto per far conoscere agli altri quello che proviamo e quello che pensiamo.

Anche un volto apparentemente inespressivo comunica ed anche in questo caso il significato della comunicazione va spesso al di là delle intenzioni del soggetto.

Secondo Michael Argyle, uno dei più stimati esperti della comunicazione non verbale, la gente senza fatica distingue sul volto sette emozioni principali: felicità, sorpresa, paura, tristezza, collera, disgusto e interesse. E’ evidente che l’intero corpo parla perchè le matrici originarie della comunicazione vanno ricercate nel mondo delle emozioni. Ulteriori ricerche del medesimo autore evidenziamo come generalmente la gente distingua nel corpo venti comunicazioni principali che comunicano ed esprimono emozioni. Noi esprimiamo le nostre emozioni con le braccia, le gambe, la torsione dei fianchi, stando eretti, seduti, rannicchiati, distesi, ginocchioni. E’ anche vero che una stessa posizione del corpo può esprimere sentimenti diversi.

La diversità di gesti, di movimenti, di mimiche facciali è il segno più evidente di tensioni emotive che trasformano il nostro apparato anatomico in un “corpo emozionato” e gli conferiscono una particolare espressione.

Il fattori non verbali e il contesto in cui si svolge una relazione sono elementi essenziali per comprendere il fenomeno della comunicazione. Ogni comunicazione è una reale integrazione tra persone. Ciò è possibile solo se le persone coinvolte riescono a creare un contesto condiviso che, come spiega Frauenfelder “non è rappresentato solo dal possesso di un mezzo di comunicazione noto ai partecipanti, ma dalla capacità di ciascuno di essi di prevedere il significato che la propria azione avrà per l’altro e di comprendere il significato che l’altro vuole comunicare con il suo comportamento”.

2 assioma: Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione

L’aspetto di contenuto di un messaggio trasmette un’informazione, che può riguardare qualunque cosa; l’aspetto di relazione si riferisce al tipo di messaggio che deve essere assunto e definisce la natura della relazione tra i comunicanti, dando un’informazione sulla relazione (metainformazione).

In sintesi, l’aspetto di contenuto trasmette i dati della comunicazione, l’aspetto di relazione trasmette il modo con cui si deve assumere tale comunicazione ed è, quindi, metacomunicazione.

Per es. “questo è un ordine” oppure “sto solo scherzando” sono esempi verbali di comunicazione sulla comunicazione ma si può esprimere la relazione anche in modo non verbale, per es. gridando o sorridendo.

Le relazioni, soltanto raramente sono definite in maniera deliberata e con piena consapevolezza.

Quanto più una relazione è spontanea e “sana”, tanto più l’aspetto di relazione passa in secondo piano; viceversa, le relazioni “malate” sono caratterizzate da una lotta costante per definire la natura della relazione, mentre l’aspetto di contenuto della comunicazione diventa sempre meno importante. Un’esemplificazione di questo importante concetto ci viene da un modo di dire comune: “la sua reazione dipende da come le dici le cose” . Le cose rappresentano il contenuto del messaggio, il come rappresenta l’aspetto di relazione tra chi è coinvolto nella comunicazione. Come si può verificare nell’esperienza di interazione con gli altri, lo stesso messaggio viene recepito in modi assai diversi in base alla modalità secondo la quale viene emesso. Questo modo comprende il tono di voce, l’espressione del volto, lo sguardo e tutti i comportamenti non verbali che danno senso al messaggio.

La capacità di metacomunicare è la condizione senza la quale la comunicazione non sarebbe efficace ed è anche strettamente collegata alla consapevolezza di sé e degli altri.

Un esempio di applicazione di tale assioma nella coppia: il coniuge esprime un disaccordo nei confronti dell’altro, influenzato non tanto dal fatto che non condivide quello che ha ascoltato, quanto dal fatto che, al livello relazionale, nutre una mancanza di stima, è arrabbiato o comunque prova sentimenti negativi nei confronti del partner.

3 assioma: La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione fra i partecipanti”.

La punteggiatura organizza gli eventi comportamentali ed è quindi vitale per le interazioni in corso. La nostra cultura ci fa condividere molte convenzioni della punteggiatura che servono ad organizzare sequenze interattive comuni e importanti.

Alla base di tantissimi conflitti di relazione possiamo trovare disaccordo su come punteggiare la sequenza di eventi, di stabilire cioè quale comportamento viene prima, come causa e quale ne è la conseguenza. Ciò si spiega con la mancata capacità di metacomunicare in base ai rispettivi modelli di interazione. Questa incapacità di metacomunicare si osserva facilmente nelle persone, anche per esempio tra coniugi in conflitto, quando entrambi definiscono il proprio comportamento come la risposta al comportamento dell’altro, perdendo la consapevolezza del fatto che ognuno può provocare una reazione nell’altro.

Per esempio supponiamo una coppia che abbia un problema coniugale di cui ciascun coniuge è responsabile al 50%: lui chiudendosi passivamente in se stesso e lei brontolando e criticando.

Quando spiegano le loro frustrazioni, l’uomo dichiara che il suo chiudersi in se stesso è la sua unica difesa contro il brontolio della moglie, mentre lei critica il marito a causa della sua passività, ritenendo la spiegazione del marito una distorsione di quanto “realmente” accade nel loro matrimonio; sia il marito che la moglie dichiarano soltanto di stare reagendo al comportamento del partner senza rendersi conto che essi a loro volta influenzano il partner con la loro reazione.

4 assioma: La comunicazione si suddivide in numerica (quella verbale) e analogica (non verbale).

La comunicazione analogica riguarda tutto ciò che afferisce alla sfera del non-verbale. Quando, ad esempio, si comunica tramite immagini, gesti, e simili, si sta mettendo in atto l’aspetto analogico.

Dall’altra parte, il linguaggio verbale, le parole, fanno parte del modulo cosiddetto numerico. Secondo Bateson e Watzlawick, le parole sono dei segni arbitrari, che non rappresentano qualcosa di specifico, che non sono correlati con l’oggetto che indicano, ma possono essere manipolati da regole linguistiche, sintattiche e lessicali. L’esempio principe è pensare alla parola Tavolo: ognuno riuscirà a comprendere, con più o meno precisione, a cosa ci si sta riferendo, tramite una descrizione dell’oggetto, ma la parola in sé veicola un’immagine unica in ogni persona, poiché ognuno avrà la propria idea di tavolo. Quindi possiamo dedurne che il linguaggio numerico pur possedendo una sintassi complessa ed efficace, manca di una semantica adeguata.

Il linguaggio numerico , nel rapporto interpersonale, non è solo di tipo cognitivo: quando parliamo nominiamo le cose, scambiamo informazioni sugli oggetti ma adoperiamo il linguaggio numerico anche con la funzione di trasmettere la conoscenza di epoca in epoca.

Nel linguaggio analogico si ha una semantica adeguata ma non si ha un’adeguata sintassi per definire la natura della relazione. Il linguaggio analogico è in realta ogni comunicazione non verbale che accompagna i messaggi non verbali: reazioni, stati d’animo, ansietà aspettative, animazioni, percezioni, emozioni, allusioni, sentimenti che trasmettiamo attraverso l’atteggiarsi del corpo, il gesto, le espressioni del viso, le inflessioni della voce (assertive, interrogative, pedanti, ironiche, provocatorie), il tono della voce (alto, sommesso, dogmatico, malizioso, stridente, melodioso, carezzevole), il ritmo e la cadenza delle stesse parole, gli sguardi, la scelta del momento in cui parlare ed è anche mediante ciò che volutamente non diciamo. Il linguaggio analogico è anche un insieme di atteggiamenti che denotano il quadro socio culturale nel quale si è stati educati e cresciuti e nel quale si vive.

Ancora, possiamo precisare che il linguaggio analogico colora il messaggio di tipo cognitivo. Amplifica notevolmente il significato della comunicazione verbale e può rafforzare o distorcere il contenuto trasmesso.

ambedue le modalità di comunicazione hanno pregi e limiti. Il linguaggio digitale è un importante ed efficace mezzo in grado di comunicare un contenuto ma è il linguaggio analogico che quasi sempre comunica la reale intenzione del parlante, perchè individua una relazione.

Non è importante registrare solo quello che si dice e si ascolta perchè bisogna prestare molta attenzione al “come” si dice e al “come” si ascolta.

Abituati ad ascoltare solo quello che si dice perdiamo quel mondo di segnali che ci permetterebbero di individuare e tradurre le intenzioni dell’interlocutore e il rapporto che desidera instaurare con noi.

Sappiamo che l’ambiguità dei segnali analogici non sempre ci consente una lettura agevole perchè lo stesso atto si può, a seconda del contesto interpretare differentemente. Alcuni esempi di tale concetto: ci sono lacrime di dolore e lacrime di gioia, l’atto di serrare i pugni può essere un segno di aggressività o di costrizione, un sorriso può essere di comprensione o di disprezzo, la riservatezza può manifestare indifferenza oppure tatto.

Un esemplificazione curiosa di tale assioma applicato alla coppia deriva da Haley, tratta dal libro “Terapia del Matrimonio”: “quando un uomo e una donna decidono di legalizzare la loro unione con una cerimonia matrimoniale si pongono un problema che continuerà a presentarsi per tutta la durata del matrimonio: ora che sono sposati stanno insieme perchè lo vogliono o perchè lo debbono?” (p.219).

Se teniamo conto di quanto esposto, diventa assai problematico definire in un modo che non sia ambiguo il rapporto di tale coppia quando si aggiunge una numerizzazione (contratto matrimoniale) all’aspetto prevalentemente analogico della relazione (il corteggiamento).

5 assioma: le interazioni tra comunicanti possono essere simmetriche o complementari

Watzlawick delinea i percorsi della comunicazione, differenziando la relazione simmetrica da quella di tipo complementare, a seconda se i due interlocutori tendono ad uguagliarsi o piuttosto a differenziarsi.

Nell’interazione simmetrica, entrambi gli interlocutori tendono a porsi ad uno stesso livello (uguaglianza della relazione).

Così mentre uno dei soggetti cerca di definire la natura della relazione, l’altro risponde alla definizione che viene data confermandola, rifiutandola o cercando di modificarla. Abbiamo così una relazione simmetrica sana, e quindi stabile, quando entrambi gli interlocutori riescono a posizionarsi sullo stesso livello, considerandosi uguali e confermandosi reciprocamente. E’ il caso del rapporto fra pari, dove io “definisco te come amico” e “tu definisci me come amico”, risultando in perfetta simmetria (principio di uguaglianza).

Abbiamo invece una relazione simmetrica patologica, quando uno dei due attori rifiuta o squalifica il “livello di uguaglianza” dell’altro, cercando di porsi “al di sopra” (verso una posizione one-up) rispetto all’altro (“io sono migliore di te”, “tu sei diverso da me”). Di fronte a questa presa di posizione il secondo interlocutore, dal lato suo, cercherà di ripristinare la posizione di uguaglianza, rifiutando o squalificando il ruolo imposto dal primo (“tu non sei migliore di me”, “io non sono diverso da te”). Se entrambi rimangono rigidi sulle proprie posizioni, si genera un circolo vizioso che prelude ad un’escalation simmetrica che sarà caratterizzata da forti conflitti che rischiano di protrarsi nel tempo, fino alla reciproca esclusione, in cui si fa finta di ignorarsi “come due perfetti sconosciuti”, o peggio alla rottura definitiva.

Nella relazione di tipo complementare, al contrario, il comportamento di uno tende a differenziarsi, ponendosi in posizione opposta e complementare rispetto a quello dell’altro. Un esempio può essere fornito dal rapporto madre-figlio, dove una definisce se stessa madre e l’altro figlio, o ancora dalla relazione medico-paziente. Avremo quindi uno che sta “al di sopra” (posizione one-up), ovvero che dirige e consiglia, e un altro che sta “al di sotto” (posizione one-down), obbedendo o accettando la definizione della relazione che l’altro ha deciso per entrambi. Potrebbe invece nascere lo scontro nel caso in cui si cercherà di puntare all’uguaglianza. Pensate ad esempio ad un figlio adolescente che si ribella alle regole di un genitore, non riconoscendogli l’autorità.

Anche in questo caso, come nell’interazione simmetrica, possiamo parlare di relazione complementare sana quando vi è un’accettazione spontanea e non imposta da parte di entrambi del tipo di relazione definita. (Es. il figlio che accetta il ruolo dei genitori, il paziente che si fida del proprio medico, etc.)

Mentre si ha una relazione complementare patologica se la posizione di chi sta “al di sopra” si irrigidisce, rischiando di creare un un’unione morbosa fino a soffocare la personalità dell’altro.

Entrambe le posizioni, simmetrica e complementare, non sono da considerarsi né positive né negative, fino al punto in cui non si irrigidiscono, generando forme patologiche di interazione.

La forma di relazione/comunicazione più matura, è data quindi dal sapersi porre in alcuni casi in modo complementare e in altri in posizione simmetrica, ciò al fine di creare un “rapporto equilibrato”.

Da questi assiomi, volutamente semplificati e sintetizzati per questo articolo, parte uno studio complesso e approfondito dei processi comunicativi, delle loro sfaccettature, degli errori tipici e di conflitti, disturbi e psicopatologie create a partire da rigide ridondanze degli errori stessi.

 Dott.ssa Nadia Calderaro


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