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Stiamo avvelenando l’acqua: l’inquinamento dei mari

L’uomo ha conosciuto per cinquecentomila anni la fame, il freddo, la violenza. Ma questa è la prima generazione umana che non conosce alimenti genuini e il mare pulito.

Secondo l’ultimo rapporto del ministero dell’ambiente «si evidenzia un aumento Delle acque di qualità eccellenti in Italia, con una percentuale pari all’86,3% sul totale delle acque di balneazione italiane, rispetto all’85,1% dell’anno precedente».

Situazione balneazione acque europee

Insomma, un successone quest’anno. Tanto che, sempre stando ai dati ufficiali, le acque di balneazione di qualità scarsa rappresentano una percentuale solo del 2,5% sul totale nazionale (più bassa di altri Stati europei come la Francia, 3%, e la Spagna, 3,3%). Peccato però che i controlli ministeriali e regionali non siano così granitici, semplicemente per il fatto che, come detto, scarichi, foci e sbocchi di canali non vengono minimamente analizzati.

E ecco che allora mentre al ministero si brinda e si sprizza ottimismo da tutti i pori  l’Italia accumula multe europee per il grave deficit del sistema depurativo e porta ad un incalzante inquinamento dei mari e ad una contemporanea mancanza di un adeguato piano di risanamento della situazione.

La procedura d’infrazione (numero 2014/2059), per il mancato rispetto della direttiva europea 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane, arrivata quest’anno e’ la terza. Per le due precedenti l’Italia e’ stata condannata. Secondo la Commissione Europea nel nostro Paese vige «una situazione estremamente preoccupante di non conformità generalizzata e persistente». E non si tratta “solamente” di un problema ambientale e sanitario: le tre procedure potrebbero costare, a partire dal 2016 e fino al completamento degli interventi richiesti, qualcosa come mezzo miliardo di euro all’anno.

Intanto le analisi di  264 campioni di acqua analizzati dal laboratorio mobile Legambiente hanno mostrato come il 55% è risultato fuori legge per i parametri microbiologici previsti dalla normativa. Si tratta di un punto inquinato ogni 51 km di costa. Sono 124 i campioni inquinati prelevati presso foci di fiumi, canali e scarichi sospetti, mentre sono 22 quelli relativi a spiagge affollate di turisti.

Il killer dell’acqua, la principale causa dell’inquinamento dei mari, è soprattutto la mancata depurazione.

L’ultimo procedimento europeo ai danni dell’Italia riguarda 880 agglomerati urbani in tutta la penisola, il 28% del totale, per l’inadeguato trattamento degli  scarichi fognari.

Tra le Regioni maggiormente coinvolte Campania, con il 76% degli agglomerati sul totale regionale in procedura, Calabria (53%), Sicilia (52%) e Marche (50%). In termini di carico non trattato, a riversare il maggior apporto inquinante nei fiumi e nei mari italiani sono la Campania (con 2,4 milioni di abitanti serviti da inadeguati sistemi depurativi), il Lazio (1,8 milioni di abitanti), la Lombardia (1,6 milioni) e la Puglia (1,5 milioni). 

In questa situazione già di per se complicata non conosce sosta il business dell’ecomafia.

Il business delle ecomafie

Traffico e smaltimento Illecito Dei rifiuti, abusivismo edilizio, gestione di appalti pubblici  e attività di escavazione. Grandi business che garantiscono un giro di affari di più di 20 miliardi di euro l’anno.

L’Italia ha una partita tutta da giocare: salvare le sue coste. Salvare l’acqua. Da sempre i paesaggi costieri rappresentano una parte rilevante dell’identità, della storia e della memoria collettiva del nostro Paese, oltre che una risorsa turistica importantissima e un patrimonio naturale di straordinario pregio. Eppure, le trasformazioni avvenute Negli Ultimi Anni attestano una realtà allarmante che non accenna a cambiare.

Il traffico illecito dei rifiuti

Se consideriamo i soli rifiuti illeciti finiti sotto sequestro negli ultimi anni (parliamo di 3 milioni di tonnellate) possiamo immaginare una lunga colonna di 125 mila tir che da Aosta arriverebbe a Trapani.

Pagare le sanzioni senza risolvere il problema significa buttare i soldi fuori dalla finestra. Per l’Italia affrontare queste problematiche significa investire nelle risorse del paese, creare occupazione e valorizzare il nostro territorio.

Uno su cinque veniva da noi, dei turisti internazionali, nel 1950: adesso uno su ventitrè. È cambiato il pianeta, d’accordo, ma una frana così non l’ha subita nessuno. Andiamo giù nonostante il boom mondiale. Andiamo giù nonostante il turismo sia «l’industria del futuro».

A volte ci domandiamo cosa succederà nel futuro. E se e’ vero che non tutto si può prevedere e’ vero anche che abbiamo le statistiche per il futuro: le percentuali di crescita dell’inquinamento, la sovrappopolazione, la desertificazione.

Il futuro è già in atto. Il livello complessivo di qualità dell’acqua interna è lontano dalle richieste di Bruxelles. Circa una metà delle stazioni di monitoraggio collocate su fiumi e laghi rivela il mancato raggiungimento dello standard che sarà obbligatorio dal 2016: se non si chiude il rubinetto dell’inquinamento terrestre le acque marine potranno evitare picchi di inquinamento da colibatteri e ottenere semaforo verde per i bagni, manon sfuggiranno alla contaminazione da metalli pesanti, pcb, diossine, pesticidi. Anche perché il sistema delle fognature arriva solo all’86 per cento del fabbisogno e la depurazione si ferma al 70 per cento.

Questi sono gli investimenti di cui l’Italia ha bisogno.

 

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