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Perché voterò si al referendum anti-trivelle

Siamo prossimi al 17 Aprile, data in cui si svolgerà il referendum anti-trivelle, nato per contrastare alcuni provvedimenti presi dai nostri governi negli ultimi anni, con lo scopo di agevolare la ricerca di giacimenti d’idrocarburi, la richiesta dei permessi estrattivi e la proroga delle durate delle concessioni, sia sulla terra ferma sia sulla fascia costiera. Il referendum anti-trivelle, in particolare, fa riferimento alle concessioni estrattive nei nostri mari (entro le 12 miglia dalla costa): votando SI i giacimenti arriveranno alla scadenza contrattuale precedentemente prevista, votando NO continueranno  fino all’esaurimento completo delle risorse.

La strada dello sfruttamento massiccio dei nostri giacimenti è una strategia energetica già invocata in passato e che ha un buon appeal nei confronti dell’opinione pubblica, anche perché è inevitabile che tantissime persone siano attratte dalla possibilità di vedere il nostro paese più indipendente a livello energetico, sebbene le nostre riserve potrebbero, ottimisticamente, contribuire ai nostri consumi per un arco temporale che va dai 2 agli 11 anni. Arriviamo al dunque:

Perché voterò si al referendum anti-trivelle?

Inizierei sottolineando una cosa: di referendum in Italia ce ne Sono Stati parecchi ma questo è straordinario in quanto non è nato da una raccolta firme, come tutti i precedenti, ma dalla proposta di nove consigli regionali (Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Molise, Marche, Puglia, Sardegna e Veneto) evento mai verificatosi nella storia della nostra Repubblica. Cosa può mettere d’accordo, da Nord a Sud, da Destra a Sinistra, dei consigli regionali cosi diversi (e lontani) fra loro? Io riflettendo sono arrivato a queste conclusioni:

1- Non è il momento di aumentare la nostra produzione

Abbiamo riserve, abbiamo possibilità di sfruttarle in qualsiasi momento. Oggi l’offerta mondiale di Petrolio è maggiore della domanda e il prezzo del petrolio ha subito un calo drastico. Aumentare la produzione nel momento in cui il costo della stessa è quasi tre volte inferiore a qualche anno fa, non è esattamente il modo migliore per valorizzare le proprie risorse. E non serve certo un genio per capirlo.

2- Nessuno ci ruberà nulla

La Croazia trivella l’Adriatico, l’Italia è ferma titolava questo articolo del Sole 24 Ore solo un anno fa. Tanti altri, dai toni molto più catastrofici, li potete trovare tranquillamente facendo qualche piccola ricerca in rete. Che cosa rimane di questa frenetica corsa nella quale rischiavamo di arrivare secondi? Lo scorso Ottobre la Croazia ha ufficialmente sospeso ogni suo nuovo progetto nel mare Adriatico (qui l’articolo ANSA) invitando l’Italia a fare lo stesso.

3- Non ridurrà la nostra bolletta né la nostra dipendenza dagli idrocarburi.

Non ci saranno conseguenze dirette per i consumatori né tantomeno per i nostri consumi. Al consumatore comprare petrolio italiano, venezuelano o iracheno non cambia nulla, a livello di costo. Per lo stato chiaramente c’è un’entrata a livello di royalty e di gettito fiscale ma essendo il beneficio di natura puramente economica e limitata nel tempo, vedi il punto 1.

4- Vanno riviste royalty e vantaggi per aziende che si propongono.

Le royalty pagate in Italia sono molto più basso rispetto ad altri paesi (tra il 7 e il 10 per cento) e, anche se esse sono compensate dalla nostra massiccia tassazione, un aumento fino al 20% delle royalty sarebbe comunque auspicabile. Un discorso a parte invece per le esenzioni (le prime 20mila tonnellate di petrolio prodotto su terraferma e 50mila prodotte in mare sono del tutto gratis) che alimentano micro impianti per nulla strategici (qui un articolo del Fatto Quotidiano).

5- Il territorio non ha visto reali benefici da queste attività. 

Il caso rappresentativo è quello della Basilicata, la regione simbolo delle attività estrattive in Italia. Qui si estrae il 70,6 per cento del petrolio e il 14 per cento del gas italiano e il 70% del territorio è interessato da attività di ricerca e di coltivazione degli idrocarburi, compresi i parchi nazionali. E’ vero che molti posti di lavoro sono stati creati ma parliamo di mansioni poco qualificate, stipendi bassi e, almeno nella metà dei casi, di contratti a tempo determinato, che non hanno impedito alla Basilicata di rimanere una delle maggiori terre di emigrazione.

6- Il nostro paese e il nostro mare, le nostre risorse.

L’Italia è un Paese densamente popolato, a forte rischio idrogeologico, soggetto a terremoti. Aldilà dell’essere ecologisti o meno, sforacchiare uno dei mari più belli del mondo, piccolo, chiuso e gia’ fortemente inquinato, vuol dire mettere a rischio altre risorse strategiche per il nostro paese: il turismo e la pesca. Gas e petrolio tanto vale comprarli nei Paesi dove essi possono essere prodotti con minori danni per l’ambiente e a costi molto più bassi (anche di manodopera). Noi fortunatamente non abbiamo ancora bisogno di costruire isolotti a forma di palma per attirare l’attenzione dei turisti di mezzo mondo. E sarebbe meglio continuare cosi.

7- Serve una strategia energetica che guardi davvero al futuro.

I combustibili fossili sicuramente saranno ancora per anni una risorsa importante per il nostro pianeta. Ma già ora le energie rinnovabili producono il 40%  dell’energia elettrica in Italia, dove il fotovoltaico da solo genera energia pari a quella prodotta da due centrali nucleari. L’Italia è il primo Paese al mondo per incidenza del solare rispetto ai consumi elettrici, un record che abbiamo raggiunto in pochissimi anni, nonostante una burocrazia lentissima che sta per esempio inchiodando lo sviluppo dell’eolico. Quello delle rinnovabili e’ un mercato che vale più di 100 mila posti di lavoro ma, in questi anni, nonostante lo sviluppo record, ci sono stati solo tagli agli incentivi, barriere e tasse senza al contempo dare alcuna prospettiva chiara per il futuro.

Queste sono le mie riflessioni e sono i motivi per i quali andrò a votare al referendum anti-trivelle e voterò Si per dire No anche se forse non basterà e anche se (e di questo sono certo) serviranno molti altri passi in avanti per poter costruire un futuro migliore. E voi cosa ne pensate?

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