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Secondo Atto Diario di avventure, finestre sulla Terra. Agadir…Dentro il ballo frenetico e sudato della bella vita!

La colazione è a bordo piscina, un grande buffet è disteso a forma di elle con bevande, uova, pasta, riso, differenti piatti tipici marocchini e di lato una bellissima chef preparando omelette e sfornando il pane tipico di questa meravigliosa terra che già amo. Sono appena le sette del mattino ma già siamo in piedi, docciati, e pronti per esplorare Agadir, il suo centro storico ed il suo Souk, il mercato rionale. Mangiamo abbastanza, riempiamo una borraccia con acqua fresca, protezione solare, un asciugamano per il mare, scarpe comode e via. Passiamo, prima di uscire dalla reception, dobbiamo chiedere una mappa della città perché, una volta varcata la porta dell’hotel non avremmo più internet e quindi non possiamo usare il Maps di Google. Il signore gentilmente ci stampa una cartina in bianco e nero e con una penna blu ci marca il cammino più rapido e interessante per raggiungere il Souk. Iniziamo a camminare, Agadir, pulita, profumata, elegante, piacevolmente calida. Camminiamo per le sue strade seguendo le indicazioni del signore dell’hotel. Passiamo per differenti piazze dove si ergono piccole o più grandi mosche. Curate e piene di fiori e adorni. Passiamo davanti a parchi rigogliosi, stazioni di polizia dove un paio di poliziotti ci salutano amabili. Chiediamo loro conferma sul tragitto e ci confermano la direzione. Parliamo tra di noi, ridiamo, sudiamo e ci asciughiamo con le mani allegre di esplorare, per la volta una nuova parte di mondo. Ci sta sorprendendo positivamente. Assolutamente oltre le nostre aspettative.

Bastarde aspettative che sempre cercano di rovinare tutto. Ho imparato da qualche tempo ormai, a bruciarle. Le incendio insieme alle vanità inutili ed ipocrite. Insieme all’arroganza, la prepotenza, le frustrazioni ed ai pregiudizi. Quest’ultimi li abbandono a voi, insieme alla voglia di prevaricare, abusare, la sete di potere, di danaro e di comandare. Io mi tengo la Vita ed il suo valore, il suo valere, così alto da custodirlo, conservarlo con tanta forza e determinazione. Con le ceneri del mio falò, le raccolgo e le lancio al vento affinché vadano via, il più lontano possibile. Lontano da me ed i miei cari.

Arriviamo al mercato, il Souk, si apre immenso davanti a noi. È una esplosione di colori, odori, profumi, e tra poco anche sapori. Vi entriamo come due bimbi in un parco giochi la loro prima volta. Uomini e donne marocchini si intrecciano dentro questo labirinto. Stoffe, incensi, pelli essiccando, cuoio, pozze piene di altri tessuti e tingere, altri appesi sopra queste vasche ad asciugare. Andiamo esplorando i dintorni, ci lasciamo perdere e scivolare dentro questo bosco urbano di chioschetti, negozi, chiacchere degli anziani seduti a sorseggiare del thè dall’aspetto fumante. Ci proviamo uno dei vestiti tipici ma indosso ci si vede davvero inguardabili, così desistiamo e passiamo oltre. Entriamo nella parte della frutta, delle spezie, della verdura, dei dolcetti ed alimentazione. Ci fermiamo e compriamo dei dolci col miele, sono buoni e ci beviamo accanto un succo di arancia spremuto davanti a noi ed uno di albicocca che ci allunga un giovanotto con gli occhi curiosi. Proviamo del cioccolato, una mela, dei biscotti. Giungiamo alla parete del bestiame, polli, galline, galli, scorrazzano tranquilli per la zona, sono simpatici. Dopo tre ore o più usciamo e iniziamo la nostra discesa in spiaggia, sempre passando per la città. Giungiamo davanti all’enorme palazzo reale, il re, ci spiegano non è lì in quei giorni, solo le sue mogli, lui è a Rabat, la sede principale. Sta ristrutturando la città, ci dicono, vuole convertirla in più moderna, giovane e attiva a livello culturale.

Un ragazzo ed una ragazza sono seduti su due sedie bianche in plastica, in spiaggia. Il mare è calmo. Stendiamo il nostro asciugamano nelle loro prossimità. Sono vestiti, la ragazza è senza velo, i suoi capelli lunghi e castani sono adagiati sulla schiena. Si guardano, non si toccano fisicamente ma lo stanno facendo con il loro sguardo, i loro occhi si sfiorano e lambiscono l’altro con una tensione romantica e vibrante. Si penetrano con le parole dette sottovoce, il sorriso minuto, nascosto tra le labbra ed il desiderio di esplorarsi, Parlano piano, chissà che cosa si stanno raccontando. Brillano, la loro intesa è tangibile e indissolubile, abbacinate. Sembrano gli anni 50 quando il rispetto ed il pudore era presente ed i giovani si corteggiavano scrivendosi lettere d’amore, quando si lanciavano baci dalle finestre assicurate dai genitori.

Passa un cammello alle nostre spalle. Lo fotografiamo e ci buttiamo in acqua, non è né fredda né calda, è piacevole. Restiamo qualche decina di minuti a mollo. Parliamo, ci raccontiamo anche noi, ci stiamo esplorando, maneggiando, e pian piano l’amore si fa strada tra la pelle ed i pensieri. La sensazione è meravigliosa, intensa, troppo bella, sincera e delicata, senza paura. È già pomeriggio tardo, dopo la colazione non abbiamo mangiato nulla se non qualche assaggio dentro il Souk. Scartiamo i panini che ci eravamo preparati in hotel, durante la colazione, con uova sode, fesa di pollo, formaggio e non ricordo che altro. Ci diamo il buon appetito e addentiamo il bottino. Beviamo un paio di gassose che invece avevamo comprato poco prima in una bottega, le scritte sono in arabo. Ascoltiamo musica latina, italiana e spagnola. Passa il tempo leggero e intelligentemente superficiale, senza distrazione di cellulari, internet o cazzate del genere. Precinge il tramonto rosso che pian piano sfuma all’azzurro. Scende la sera, le prime stelle timide brilluccicano nel firmamento. Ci avviamo verso l’albergo. La montagna illumina la scritta, la luna esce più forte e luminosa. Si prende anche la ruota panoramica. Passiamo metà della notte a bordo piscina, parlando, ridendo, qualche bacio umido. Si accinge già l’ultima notte qui ad Agadir. Ci addormentiamo infine. Una nuova avventura è sempre all’uscita di un sogno.

a cura di Michele Terralavoro

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