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L’opinione: Ecologia; finiamola con le bugie!

L’ecologia contemporanea è una grande pretendente di FALSITA’ in cui l’ignoranza del maggior numero soddisfa gli obiettivi ideologici di pochi. Fortunatamente la ragione, l’onestà (e l’umorismo) finiscono abbastanza facilmente a sconfiggerla.

Se vi sentite vagamente colpevoli di non credere nelle previsioni apocalittiche che sono il motore essenziale dell’ecologia politica attuale; se siete stanchi di ripetere continuamente che se, sì, la natura è importante per voi, ma non quella invocata dai Verdi, che è in gran parte fantasia e menzogna; se siete convinti che le nostre società moderne si trovano ad affrontare molte sfide ambientali, ma che l’uomo non ne fa parte, o più precisamente che egli è più una soluzione che un problema, agite per nutrire le vostre intuizioni e rafforzare le vostre opinioni.

Ogni momento, ogni azione è l’occasione per una piccola, precisa, fattuale messa a punto e presa di posizione. Ma ricordiamoci costantemente che l’ecologia è una scienza piuttosto complessa e che le questioni ambientali richiedono non solo conoscenze multidisciplinari, ma anche molto tempo e un minimo di onestà, tutte cose che mancano molto ai dibattiti contemporanei.

Prendiamo alcuni semplici esempi.

Ti piacciono i bagni ma non osi più prenderli perché, consumando un grande volume d’acqua, non avrebbero ecologici? Se l’italiano medio utilizza 50 metri cubi per l’acqua domestica e circa 100 metri cubi all’anno (tutti gli usi combinati), quest’acqua tornerà al fiume. L’acqua non mancherà perché non scompare. Si trasforma, ricicla, si tratta da solo. Pagando la nostra bolletta dell’acqua, non è il liquido stesso che paghiamo, ma il servizio che ci porta, e bevendo inoltre, a casa. In Italia ridurre il consumo di acqua è ovviamente economicamente giustificato ma non ha utilità ecologica.

Le pubblicità ora evidenziano sempre veicoli elettrici, motori ibridi o alimentati a idrogeno. Sei infastidito dal messaggio di fondo il quale dice che le auto, di qualsiasi marca, come la tua a gasolio o benzina sarebbe un “residuo” fra i primi inquinanti nel mondo? Ma sappiamo che se le auto giapponesi alimentate da motori a idrogeno liquido sono per le strade di Tokyo è perché il loro carburante è stato prodotto con l’energia delle centrali elettriche australiane a carbone! L’energia non cade dal cielo (o anche dalle turbine eoliche) e ciò che può sembrare è infatti spesso solo una “falsa buona“;. In questo caso, l’impronta di carbonio complessiva dei veicoli elettrici è cattiva (e persino molto negativa, così com’è allo stato attuale dei processi tecnologici, per l’idrogeno), ma gli ambientalisti sono attenti a non ricordare loro in quanto rimangono ossessionati dall’idea di porre fine alle energie (petrolio, carbone, gas o nucleare) che ha guidato la crescita dell’Occidente.

Ma queste energie sono ancora essenziali, lo sono e lo saranno per molto tempo ancora e senza di loro non emergerà alcuna “transizione”, figuriamoci contro di loro. Tranne, ovviamente, una transizione verso l’oscurità, la scarsità e la miseria. Che altro?

Non sapete molto sugli incendi, ma avete l’impressione confusa che siano preesistiti al riscaldamento globale e che la loro insorgenza – o addirittura la loro entità – possa avere altre cause oltre alla siccità? Nel 1974-75, quando c’era la preoccupazione che il globo si sarebbe raffreddato, 117 milioni di ettari sono andati in fumo in Australia, quasi sette volte più dei recenti incendi del 2019-2020 e quasi tre volte la superficie totale dell’Italia. L’importanza degli incendi dipende ovviamente dalle stagioni, dalle persone, da come la foresta è  (o non è) gestita, dal mantenimento della tecnica ancestrale dell’ecobuage in particolare (ecobuage vuol dire bruciare o cancellare per mezzo del fuoco ed è una pratica agricola ancestrale praticata in tutto il mondo; in origine, il termine si riferisce al lavoro di estirpazione della vegetazione e dello strato superficiale dell’umo mediante un “ecobucco”, uno strumento vicino alla zappa, l’incenerimento in piccole pile di questi elementi e poi la diffusione della cenere sulla terra per arricchirlo con sostanze nutritive; questa pratica intensiva di lavoro è scomparsa gradualmente a favore della tecnica di bruciatura diretta di piante in piedi conosciute come bruciature pastorali e che, tuttavia, ha mantenuto il termine più comune “brucia”) ecc.: la foresta brucia perché, nella stragrande maggioranza dei casi, gli uomini hanno acceso fuochi; bisogna esaminare i motivi per cui lo fanno e cercare, se necessario, di porvi rimedio. Si tratterebbe, in effetti, di un atteggiamento scientifico, responsabile e realistico. Ma quale ambientalista si preoccupa della realtà?

Continuo.

La biodiversità, ad esempio, un concetto complicato che si presta male a questa “difesa”; permanente che gli eventi attuali ci infliggono e della quale comprendiamo rapidamente ch’essa punta più che a difendere la natura ad attaccare l’uomo. Poniamoci questa domanda: il coronavirus responsabile della pandemia che ci aggredisce oggi non è parte integrante di questa biodiversità? Creando nuove varietà, gli OGM così svergognati non lo arricchiscono? La piralide del bosso, che devasta i nostri giardini, dovrebbe essere protetta o combattuta? Quando la fauna selvatica (cervi, volpi, cinghiali) è troppo protetta (o non abbastanza cacciata), si trasforma in un fastidio. Dov’è la vera condotta ambientale in questo settore? L’esercizio di questa riflessione razionale e competente riguarda anche le api, la pesca, le foreste, l’agricoltura biologica. Pensate ancora che si stia facendo troppe contestazioni sui pesticidi, sui prodotti sintetici, sulla chimica? E se invece si scopre che il 99, 99% dei pesticidi che ingeriamo nella nostra dieta sono prodotti dalle piante stesse? Ogni pianta – perché la vita in natura non è facile – sintetizza alcune dozzine di tossine, alcune delle quali sono, in dosi elevate, pericolose per l’uomo. Quindi mangiamo della m…da, per usare il vocabolario fiorito e scientifico degli ambientalisti, ma in questo caso ci viene data dalla natura stessa. Uno studio del 1990 condotto da Bruce Ames negli Atti della National Academy of Sciences dimostrò che l’americano medio ingerì 1,5 grammi di pesticidi naturali al giorno, circa 10.000 volte più dei residui di pesticidi sintetici.

La focalizzazione sul sintetico, una nuova variante di una tecnofobia tanto stancante quanto inutile, sta usando l’incredibile sviluppo dei nostri metodi di rilevamento per spaventare popolazioni ignoranti e creduloni. Chi non si è imbattuto nel seguente annuncio: “tracce (di questo o quello) trovate nel sangue, nelle urine, nei capelli”? Ma oggi basta cercare una traccia di qualcosa per trovarlo! Bruce Ames e i suoi colleghi maliziosamente ricordavano ai loro colleghi che nelle condizioni in cui alcune sostanze sono considerate cancerogene allora sarebbero vietati anche albicocca, ananas, melanzane, basilico, broccoli, cacao, caffè, carota, funghi. In realtà quasi tutti gli alimenti sarebbero da vietare all’alimentazione. Il cavolo, campione di tutte le categorie, produce fino a 49 pesticidi!

Ma come siamo arrivati ad una tale confusione? Immersi per diversi decenni in un’abbondanza alimentare che ci ha fatti dimenticare le carestie del passato, noi Occidentali abbiamo creato nuove piccole paure con le quali riempiamo i piatti o borse della spesa (carta), ben aiutati in questo da molte aziende commerciali. Il nostro cibo è generalmente buono: il resto è solo ideologia e affari succosi. Da un lato, mitologiziamo una natura che non è mai esistita, dall’altro gli agricoltori subiscono regole stupide, costruite da politici sofistici, navigando su un mare (di opinioni) con molte e mutevoli correnti. Ai politici non importa della produzione, della verità, dei fatti. Come ha osservato Spinoza, “non c’è più forza intrinseca della vera idea”. La luce non viene da sola, specialmente quando troppe persone hanno interesse a mantenere l’oscurità o la sfocatura. Quindi devi lavorare, ripetere, insistere.

Marco Affatigato

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