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Russiagate e la guerra di Hillary Clinton ai Meme

Nelle ultime ore circolano alcune immagini raffiguranti Hillary Clinton in versione satanica mentre affronta Gesù in un tipico duello tra bene e male. O meglio, circolano sui media mainstream. Pare infatti che le vignette incriminate siano nate circa due anni fa, all’interno della campagna per le ultime presidenziali americane, e che siano state ideate proprio per orientare il voto.

La massa da convincere, illudere, addomesticare. Un destinatario vittima ancora dell’ago ipodermico che ha fatto la fortuna di televisione e stampa. Ma le cose sono cambiate e oggi le arene politiche si costruiscono sui social, all’interno delle echo-chambers che hanno assegnato proprio al Web il premio come principale canale di informazione.

Tra i principali imputati del Russiagate risultano colossi come Facebook, Twitter e Google, colpevoli di aver prestato i propri spazi alla propaganda anti-Clinton diffusa dai russi. I numeri parlano di circa 126 milioni di americani che hanno ricevuto contenuti sponsorizzati dalla Russia sulle ultime elezioni presidenziali.

Una propaganda schierata, inquadrata, fatta di circa 3mila spazi pubblicitari su Fb acquistati per una cifra di 100mila dollari; una promozione spassionata dell’attuale presidente Trump costruita sulla demonizzazione del nemico. Sul banco degli imputati, anche Youtube, sul quale circolano ancora contenuti pro-Trump, come i video dei due youtubers sottotitolati automaticamente in russo. E’ la nuova era della politica interattiva, partecipata, amplificata, troppo distante dall’epoca in cui il messaggio unidirezionale non consentiva l’ingerenza del cittadino nella cosa pubblica.

E così, mentre i media mainstream si spendevano per la propaganda a favore dei democratici, circa 470 account fake diffondevano slogan pro-Trump sul social network di Mark Zuckerberg. Più volte il candidato repubblicano si è schierato contro i mezzi di informazione tradizionale, etichettando i giornalisti come diffusori di notizie false e, di conseguenza, parziali. Più volte, lo stesso Trump ha proposto esempi di informazione alternativa, come il sito Breitbart, invitando gli elettori ad informarsi autonomamente su siti anticonformisti.

Secondo il Russiagate, dunque, la propaganda diffusa durante le elezioni americane sarebbe stata pilotata dal Cremlino e avrebbe fortemente influenzato la decisione degli elettori. Spesso, pur senza nominare i due candidati, i messaggi riguardavano temi di dibattito quali musulmani o comunità Lgbt, rimandando indirettamente al confronto tra i due programmi politici.

Eppure la Clinton sembra aver dimenticato tutta la propaganda negativa ai danni del Tycoon, così inadatto al ruolo di presidente americano. Quando è il nemico a vincere, è vitale individuarne la causa, la quale, stranamente, non è mai “interna” alla propria persona. E’ la politica della litote, della negazione, dell’alibi.

Com’è possibile che Trump il cattivo, Trump il folle l’abbia spuntata? Hillary non poteva gridare al complotto del sistema, perché il sistema era tutto dalla sua parte. Allora la colpa è dei Meme, degli account fake, della post-truth. A un anno dall’elezione di Trump, nessuno ancora se ne capacita: ”Ma cos’hanno in testa gli americani?”.

Forse, proprio le vignette satiriche dei russi.

di Antonella Gioia

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