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Deponteziamento del “Duce a cavallo”: un atto ragionato

Dal 5 novembre verrà illuminata per la prima volta l’installazione con la citazione di Hannah Arendt applicata al bassorilievo del Duce a cavallo sulla facciata principale del palazzo degli Uffici finanziari di Bolzano. La scritta luminosa “Nessuno ha il diritto di obbedire” è la misura scelta dal presidente della provincia Kompatscher per depotenziare il monumento che riporta le note parole “Credere, obbedire, combattere” e dissuadere le persone dal reato di apologia del fascismo.

L’iniziativa di Kompatscher ha lo scopo di archiviare il passato in quanto tale, senza modificarne il significato storico e superando quella necessità di fare un mea culpa degli avvenimenti che hanno caratterizzato il territorio altoatesino. In un discorso sui social afferma di avere la speranza che questo giorno, così come questo gesto, “potrà essere anche il momento di condivisione dei valori della libertà e della democrazia di tutti noi sudtirolesi”. Nei fatti l’iniziativa a Bolzano non porterà alla distruzione del monumento, soluzione prospettata negli anni scorsi, ma un semplice e, nei fatti, innocuo depotenziamento dell’opera.

Non è la Prima Volta che in Alto Adige viene depotenziato un monumento fascista (Monumento alla vittoria), tuttavia viene fatto non con l’intento di attaccare l’arte e la memoria di un popolo, ma di separare il passato dal presente, senza la presunzione di voler leggere con la mente di oggi un momento tanto delicato risalente a settant’anni fa.

Queste intenzioni non sembrano però sufficienti se si va a leggere il discusso DDL Fiano dell’aprile scorso che condanna qualunque gesto e parola anche lontanamente ricollegabili al fascismo.

La proposta del PD ha scaturito scalpore e indignazione non solo verso i partiti all’opposizione ma anche da parte della cittadinanza che è  rimasta sbigottita dall’idea di modificare e rovinare importanti luoghi e simboli. Un esempio è la proposta dello stesso Fiano di rimuovere con un’abrasione la scritta “Mussolini dux” dall’obelisco del Foro italico a Roma oppure dal cambio del nome della piazza a Latina che era in origine intitolata proprio al fratello di Mussolini.

Questa legge che dovrebbe avere come scopo la non proliferazione di ideali fascisti è in realtà un gioco politico che in questo momento non ha grande rilevanza. Quanto invece deciso per il bassorilievo realizzato da Hans Piffarder (finito tra l’altro nel 1957, quindi ben dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale) è un intervento super partes, che non è a sostegno o meno di una compagine politica piuttosto che di un’altra. Di fatto, gli altoatesini avrebbero tutti i motivi per demolire certi monumenti, rappresentazione dello scontro tra la cultura tedesca e quella italiana. Quando dopo la Grande Guerra con il trattato di Saint Germain il Tirolo è entrato a far parte del Regno d’Italia, il territorio, così come i suoi abitanti, ha subito un processo di italianizzazione che ha represso il più possibile quanto c’era di cultura austriaca.

In occasione del Giorno della memoria di gennaio 2017, Kompatscher aveva già osservato come il rispetto del passato, qualunque esso sia, è necessario. Ha dichiarato: “la memoria è una bussola che aiuta ad orientarsi nel presente. Non dimenticare ci aiuta a capire che oggi, in una fase di smarrimento dell’Europa, le forme di integralismo rischiano di trasformarsi in forme di violenza. Questa memoria attiva si deve tradurre in impegno concreto nelle sedi politiche, istituzionali, associative. Come stanno facendo le scuole dell’Alto Adige, dove la memoria storica trasversale è diventata elemento di un lavoro educativo continuo che coinvolge insegnanti, studenti, famiglie. Perché è essenziale spiegare ai giovani ciò che accadde settant’anni fa, metterli nelle condizioni di capire e aiutarli a distinguere il bene dal male, a non essere indifferenti.

di Ingrid Salvadori

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