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Per carità



Le notizie di attualità mi costringono a pubblicare su questo blog il terzo post consecutivo in cui faccio riferimento alla legge 633/41 sul diritto d'autore.
Ricordo che l'articolo 97 della suddetta legge dice:
(...) Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l'esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all'onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritratta.

Detto questo vi racconto la storia di Ciurar C. una donna rumena che si è riconosciuta in una fotografia pubblicata da un giornale di Trento (non sono riuscito a sapere quale). L'immagine la ritraeva nell'atto di chiedere l'elemosina. La didascalia recitava: "una questuante all'opera nel centro storico di Trento". L'articolo riportava le reazioni e i commenti dei cittadini (pure loro rappresentati fotograficamente) nell'ambito di una tavola rotonda sul "pacchetto sicurezza" e sull'istituzione delle ronde. Nel testo dell'articolo si parlava di "accattonaggio diffuso legato ad organizzazioni criminali".

Ciurar si è sentita diffamata - sia perchè era l'unica delle persone ritratte e pubblicate sul giornale a rappresentare il problema che il "pacchetto sicurezza" avrebbe voluto affrontare, sia perchè il riferimento alle organizzazioni criminali la faceva apparire come ad esse appartenente o di esse complice - ed ha quindi denunciato l'uso improprio della sua immagine.
Il gip di Trento, il 31 gennaio 2011, aveva dichiarato il non luogo a procedere "perchè il fatto non sussiste" nei confronti del direttore e dell'autore dell'articolo, ritenendo quest'ultimo non diffamatorio e definendo le foto come improntate a scoraggiare "fenomeni quali la prostituzione, il vandalismo e l'accattonaggio diffuso".
Ciurar non si è data per vinta e ha fatto ricorso in Cassazione.

La Suprema Corte si è dimostrata di parere contrario a quello del giudice di Trento ed ha accolto la tesi di Ciurar C. nella sentenza 3721/12 della Quinta sezione penale, osservando che "la fotografia di Ciurar C., indicata come questuante all'opera, posta a corredo dell'articolo non può essere considerata neutra, dal momento che il lettore è portato ad identificare la persona rappresentata con uno dei mali da combattere - l'accattonaggio diffuso e l'ipotizzato collegamento con ambienti malavitosi - ed uno dei problemi da eliminare per garantire una pacifica vita cittadina".
La Cassazione ha aggiunto: "quando per esigenze di cronaca si mostrano immagini di persone in qualche modo coinvolte in fenomeni sui quali grava un pesante giudizio negativo della collettività - al fine di evitare che si crei un preciso collegamento tra un fenomeno generale e una specifica e individuabile persona fisica ed evitare quindi la conseguente e inutile carica di disdoro personale - si usa sgranare o comunque coprire il volto della persona ritratta per renderla non identificabile".
Si legge ancora nella sentenza che "non è possibile negare l'oggettiva valenza diffamatoria" della pubblicazione di un'immagine di chi chiede la carità, perchè "La coscienza comune pone questi soggetti in uno dei gradini più bassi della cosiddetta scala sociale ed è allora naturale che chi sia costretto dalla necessità a praticare la mendicità e venga additato come tale si sentirà mortificato e gravemente ferito nella sua onorabilità".
Quindi sarà necessario "coprire i volti delle persone coinvolte in fenomeni sui quali grava un pesante giudizio negativo della collettività".

La sentenza è impeccabile. Non soltanto per l'interpretazione della normativa vigente, ma soprattutto perchè ritiene che sia impossibile considerare un'immagine fotogiornalistica ignorando il contesto in cui essa viene pubblicata. Hanno importanza sia la didascalia della foto, sia l'argomento, i contenuti, i riferimenti e il testo dell'articolo in cui la fotografia viene inserita.
L'immagine fotogiornalistica non è un elemento grafico a sè stante, non è un'illustrazione che funge da tappabuchi, ma un preciso e puntuale strumento di informazione e come tale va trattato e valutato, eticamente e deontologicamente, sia in sede giornalistica che in sede giudiziaria. Nel giornalismo il modo in cui una fotografia viene utilizzata è tanto importante quanto la fotografia stessa.





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