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lettera ai professori

era rimasto dimenticato in un draft

ho partecipato, a luglio , ad una assemblea sugli scalini del rettorato della sapienza. Sindacati, Studenti, pochi ricercatori precari e professori universitari.

Mentre sull’Università, dopo il silenzio, cala anche il buio, qualcuno cerca di rialzare la voce. “Troppo tardi”, dico ad una docente che ascolta, corrucciata, un suo collega fare una timida ma dotta autocritica.
ne nasce una discussione pacata, come fossimo al bar o davanti ad una vetrina di Zara.
“Possibile che sti ragazzi non capiscano che è in gioco il loro futuro? il diritto allo studio? che se attaccano noi, distruggono loro?”. Così cinguetta indispettita.
Cara professoressa, cari professori, lo capiscono eccome.
Quello che vi sfugge è che la responsabilità è vostra, è a voi che “sti ragazzi”, imputano la fine del loro futuro e non hanno nemmeno la forza di dirvelo in faccia. Siete voi che governate nei senati accademici, eleggete i rettori, gestite i beni del patrimonio pubblico, organizzate le facoltà. E’ a voi che, il Governo peggiore della storia repubblicana, imputa la mala gestione e gli sprechi e, se la riforma Gelmini ha un solo dato di realtà inequivocabile, ahimè, è proprio questo. Vi hanno fregato.  Vi tolgono i soldi, il posto, il potere, i privilegi e gli argomenti. Che fine ingloriosa.
Si è vero, la malagestione, lo sperpero e la miopia con cui avete gestito, insieme ad un nugolo di burocrati senza scrupoli, la cosa pubblica, la usano strumentalmente come scusa per saccheggiare l’università Italiana ma quello che fa rabbia e rattrista è che il furto con destrezza può fare a meno di quest’ultima, ormai. Grazie a voi.
Non è nemmeno vero che sotto attacco è il diritto allo studio in quanto tale;  che cotanta destra, becera e ignorante, voglia una massa di ignoranti da manipolare.  Non sanno  cosa significa la parola diritto, figuriamoci diritto allo studio o cultura. “Ciao cultura, ciao, ‘intu u culo a cultura” recita lo straordianario Cetto Laqualunque di Albanese. Troppo sofisticato il ragionamento per attribuiglerlo.
Quello che vogliono veramente, cara professoressa, i pregiudicati onorevoli, sono gli immobili, il patrimonio delle università italiana, per farne commercio, profitto. Quello che avete in mano voi da sempre. Loro Speculano con il mercato immobiliare voi con il pensiero ed il potere, cara la mia Professoressa.  Voi, ora, ve ne accorgete e  scaricate ipocritamente le responsabilità sui più deboli, sui “bamboccioni”, che aveta allevato nei vostri corsi di laurea iperspecialistici e nepotistici: Scienze della  moda e del costume (a Roma, Bari e Taranto), scienze del fiore e del verde (Pavia) , Scienze dell’allevamento, igiene e benessere del cane e del gatto (a Bari), Scienza e Cultura delle Alpi (a Torino), Scienze e Tecniche Equine (Parma). Ma mi faccai il piacere professoressa. Chi lo ha distrutto il diritto allo studio? Questa sarebbe libertà di insegnamento? Avete speculato talmente tanto con il cervello da inventare nuove scienze. Complimenti.
Ora, un paio di generazioni di studenti e ricercatori precari dovrebbero portare  la bandiera per la vostra libertà? Se non fosse tragico, sarebbe  comico. Come vi può solo veniere in mente?
Credete che questo non lo vedano i ragazzi, che non lo sappiano? Chi è che gli sbarra le strade e fa carne di porco dei meriti e dei sogni, mascherandosi dietro i governi e i tagli?. Perchè le università hanno alberi genealogici al posto di organigrammi?. Che fine fanno i soldi che anche se sempre meno, comunque sono sempre arrivati dalle tasche degli italiani? Allora, cara professoressa se si vuole ricominciare bisogna metterci la serietà e smettere di prendere in giro le persone.
Ho letto scritto su un muro dei bagni di una facoltà. “Mancano gli intelluali organici? No, ci sono professori di Merda”. Sottile, la gioventù.
Volete dimostrare che ci tenete alla libertà, alla democrazia, alla cultura, ai vostri figli? Volete davvero difendere ciò che resta della cosa pubblica. State in silenzio allora, e battetevi nelle sedi opportune, nei senati accademici, nei consigli di facoltà, nei dipartimenti. Quello che manca nelle istituzioni di questo paese sono la trasparenza, la democrazia e la rappresentanza. Abbandonate la retorica e l’ideologia e fate. Cambiate ad esempio gli statuti delle vostre università rendetele più rappresentative. Per eleggere il rettore, ad esempio, introducete quel principio di democrazia banale in voga da almeno un paio di secoli: 1 testa, 1 voto. Oggi chi governa le Università e le sta per consegnare ai privati lo fa con il consenso di pochi grandi elettori appartenenti proprio alla sua categiria, cara professoressa: i docenti, strenui difensori della libertà. Studenti e personale tecnico sono rappresentati per 1 decimo della loro consistenza. Come al solito pochi decidono per molti e molti pagano. Ora però tocca anche a voi, la festa è finita, aprite gli occhi. Questa è una vera grande occasione per realizzare i sogni che non più di 40 fa, portavate nel cuore e nelle università anche voi. Abbandonate qualche privilegio, date voce achi non ne ha e li troverete tutti li, accanto a voi, gli studenti, stia tranquilla, a difendere anche i vostri di diritti.

Carissima direttrice
ho partecipato, un paio di giorni fa, ad una assemblea sugli scalini del rettorato della sapienza. Sindacati, Studenti, pochi ricercatori precari e professori universitari.
Mentre sull’Università, dopo il silenzio, cala anche il buio, qualcuno cerca di rialzare la voce. “Troppo tardi”, dico ad una docente che ascolta, corrucciata, un suo collega fare una timida ma dotta autocritica. ne nasce una discussione pacata, come fossimo al bar o davanti ad una vetrina di Zara.
“Possibile che sti ragazzi non capiscano che è in gioco il loro futuro? il diritto allo studio? che se attaccano noi, distruggono loro?”. Così cinguetta indispettita.
Cara professoressa, cari professori, lo capiscono eccome.
Quello che vi sfugge è che la responsabilità è vostra, è a voi che “sti ragazzi”, imputano la fine del loro futuro e non hanno nemmeno la forza di dirvelo in faccia. Siete voi che governate nei senati accademici, eleggete i rettori, gestite i beni del patrimonio pubblico, organizzate le facoltà. E’ a voi che, il Governo peggiore della storia repubblicana, imputa la mala gestione e gli sprechi e, se la riforma Gelmini ha un solo dato di realtà inequivocabile, ahimè, è proprio questo. Vi hanno fregato.  Vi tolgono i soldi, il posto, il potere, i privilegi e gli argomenti. Che fine ingloriosa.
Si è vero, la malagestione, lo sperpero e la miopia con cui avete gestito, insieme ad un nugolo di burocrati senza scrupoli, la cosa pubblica, la usano strumentalmente come scusa per saccheggiare l’università Italiana ma quello che fa rabbia e rattrista è che il furto con destrezza può fare a meno di quest’ultima, ormai. Grazie a voi.
Non è nemmeno vero che sotto attacco è il diritto allo studio in quanto tale;  che cotanta destra, becera e ignorante, voglia una massa di ignoranti da manipolare.  Non sanno  cosa significa la parola diritto, figuriamoci diritto allo studio o cultura. “Ciao cultura, ciao, ‘intu u culo a cultura” recita lo straordianario Cetto Laqualunque di Albanese. Troppo sofisticato il ragionamento per attribuiglerlo.
Quello che vogliono veramente, cara professoressa, i pregiudicati onorevoli, sono gli immobili, il patrimonio delle università italiana, per farne commercio, profitto. Quello che avete in mano voi da sempre. Loro Speculano con il mercato immobiliare voi con il pensiero ed il potere, cara la mia Professoressa.  Voi, ora, ve ne accorgete e  scaricate ipocritamente le responsabilità sui più deboli, sui “bamboccioni”, che aveta allevato nei vostri corsi di laurea iperspecialistici e nepotistici: Scienze della  moda e del costume (a Roma, Bari e Taranto), scienze del fiore e del verde (Pavia) , Scienze dell’allevamento, igiene e benessere del cane e del gatto (a Bari), Scienza e Cultura delle Alpi (a Torino), Scienze e Tecniche Equine (Parma). Ma mi faccai il piacere professoressa. Chi lo ha distrutto il diritto allo studio? Questa sarebbe libertà di insegnamento? Avete speculato talmente tanto con il cervello da inventare nuove scienze. Complimenti.
Ora, un paio di generazioni di studenti e ricercatori precari dovrebbero portare  la bandiera per la vostra libertà? Se non fosse tragico, sarebbe  comico. Come vi può solo veniere in mente?
Credete che questo non lo vedano i ragazzi, che non lo sappiano? Chi è che gli sbarra le strade e fa carne di porco dei meriti e dei sogni, mascherandosi dietro i governi e i tagli?. Perchè le università hanno alberi genealogici al posto di organigrammi?. Che fine fanno i soldi che anche se sempre meno, comunque sono sempre arrivati dalle tasche degli italiani? Allora, cara professoressa se si vuole ricominciare bisogna metterci la serietà e smettere di prendere in giro le persone.
Ho letto scritto su un muro dei bagni di una facoltà. “Mancano gli intelluali organici? No, ci sono professori di Merda”. Sottile, la gioventù.
Volete dimostrare che ci tenete alla libertà, alla democrazia, alla cultura, ai vostri figli? Volete davvero difendere ciò che resta della cosa pubblica. State in silenzio allora, e battetevi nelle sedi opportune, nei senati accademici, nei consigli di facoltà, nei dipartimenti. Quello che manca nelle istituzioni di questo paese sono la trasparenza, la democrazia e la rappresentanza. Abbandonate la retorica e l’ideologia e fate. Cambiate ad esempio gli statuti delle vostre università rendetele più rappresentative. Per eleggere il rettore, ad esempio, introducete quel principio di democrazia banale in voga da almeno un paio di secoli: 1 testa, 1 voto. Oggi chi governa le Università e le sta per consegnare ai privati lo fa con il consenso di pochi grandi elettori appartenenti proprio alla sua categiria, cara professoressa: i docenti, strenui difensori della libertà. Studenti e personale tecnico sono rappresentati per 1 decimo della loro consistenza. Come al solito pochi decidono per molti e molti pagano. Ora però tocca anche a voi, la festa è finita, aprite gli occhi. Questa è una vera grande occasione per realizzare i sogni che non più di 40 fa, portavate nel cuore e nelle università anche voi. Abbandonate qualche privilegio, date voce achi non ne ha e li troverete tutti li, accanto a voi, gli studenti, stia tranquilla, a difendere anche i vostri di diritti.


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