Nell’incedere barcolla
e nel corpo si fa frolla
quando pensa al suo destino
accoppiata, ma ad un vino
dopo una lenta cottura
nel tegame sepoltura
non è vita, ma tortura
o meglio, rosolatura
e ogni fuga gli è negata
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da quella zampa palmata
che l’impaccia nella corsa
può tentare, ma è già persa
perciò l’anatra tremante
prova a non pensare a niente
e nel bianco della mente
un assillo è più assillante
non la morte, non l’ignoto
capitombolo nel vuoto
se la testa la tormenta
può restarsene anche spenta
no, ben altro è quel tarlo
nel silenzio può ascoltarlo:
se mai mi faranno lessa
sarò brodo di me stessa?