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Autoclave: funzionamento e costo dell’impianto autoclave

L’autoclave è un impianto con la funzione di aumentare la pressione dell’acqua potabile, nel momento in cui essa non è sufficiente per sopperire al fabbisogno necessario.

Questo strumento, dunque, risulta particolarmente richiesto in determinati ambiti, anche e soprattutto di tipo domestico ed è quindi importante sapere esattamente com’è fatto e qual è il suo funzionamento.

Questa guida, pertanto, nasce con lo scopo di spiegare nel dettaglio come funziona un impianto autoclave, come e perché installarlo e, naturalmente, a quali costi.

In alcuni punti l’argomento suonerà un po’ tecnico, ma c’impegneremo al massimo per renderlo il più chiaro possibile. Se lo ritenete di vostro interesse, quindi, non avete che da proseguire con la lettura. 

– Come funziona l’autoclave per acqua

Come abbiamo accennato nell’introduzione, l’autoclave è un impianto che serve per aumentare la pressione dell’acqua potabile nel caso in cui questa risulti insufficiente.

Per capire il suo funzionamento, tuttavia, è bene innanzitutto comprendere com’è fatto fisicamente questo strumento e di quale parti si compone.

Componenti dell’impianto autoclave

Di seguito andiamo a elencare le specifiche componenti che formano l’impianto autoclave: una volta compreso quali sono e a che cosa servono, infatti, capire il funzionamento di questo strumento risulterà molto più semplice.

  • Pompa elettrica: il primo componente dell’autoclave è dato dalla pompa elettrica, che serve per ottenere lo scopo primario, ossia l’incremento della pressione dell’acqua.
  • Pressostato: questo secondo componente è un dispositivo che funziona a due stati (aperto o chiuso), il cui compito consiste nell’accendere la pompa elettrica nel momento in cui rileva uno specifico valore della pressione.
  • Serbatoio: l’installazione di un serbatoio di acqua potabile rappresenta il terzo componente fondamentale che consente il funzionamento dell’autoclave. Esso serve per l’appunto a contenere l’acqua proveniente dalla rete idrica e a tenerla da parte per i momenti di bisogno, vale a dire nei casi in cui non è possibile utilizzare quella erogata dalla rete di distribuzione.
  • Contenitore a pressione: quarto e ultimo componente, all’interno del quale troviamo una camera d’aria detta anche “polmone dell’autoclave“.

La forza e la potenza dell’impianto autoclave, dunque, dipendono dal “lavoro di squadra” delle sue singole componenti, ciascuna delle quali riveste un compito fondamentale.

Va da sé, naturalmente, che se dovesse malauguratamente guastarsene una, anche le altre subirebbero un danno e l’autoclave cesserebbe di funzionare o, quantomeno, non riuscirebbe più a lavorare correttamente.

Ciò è una chiara dimostrazione di quanto questo strumento sia delicato e di come l’errore di una singola componente possa compromettere il lavoro dell’intera struttura.

Quando è necessario installare un autoclave

Come abbiamo già detto, l’installazione di un autoclave si rende necessaria nei casi in cui la pressione che regola la distribuzione di acqua potabile non risulti sufficiente a coprire l’intero fabbisogno: una situazione che nel nostro Paese si verifica molto spesso.

Un esempio piuttosto comune è dato dalla struttura dei condomini: nel caso di questi edifici, infatti, capita di sovente che l’acqua potabile arrivi in gran quantità ai piani bassi, faticando però a raggiungere quelli alti, proprio a causa della pressione insufficiente.

Nei casi più gravi, tuttavia, essa può addirittura venire a mancare del tutto, il che rappresenta in assoluto la situazione di emergenza più impellente, quella in cui l’installazione di un autoclave diviene praticamente d’obbligo.

Nel prossimo paragrafo avremo modo di approfondire meglio la questione dell’installazione di questo strumento, differenziandola a seconda del luogo in cui essa viene richiesta.

– Installazione dell’impianto autoclave: luoghi d’interesse

Come abbiamo detto, l’installazione di un autoclave può rendersi necessaria in un condominio o in un’abitazione a più piani nel momento in cui quelli superiori non riescano a essere serviti dalla giusta quantità di acqua potabile.

Questa, tuttavia, non è certamente l’unica circostanza in cui questo tipo d’impianto si rende indispensabile. In questo paragrafo, dunque, andremo a esaminare due dei più comuni luoghi d’interesse per l’installazione dell’autoclave, che corrispondono ad altrettante situazioni di bisogno: in questo modo, dimostreremo come e quanto questo strumento risulti assolutamente indispensabile.

Autoclave per appartamento

Questo primo caso rappresenta quello più tipico ed emblematico, in quanto si riferisce all’esempio che abbiamo già proposto e che vede gli appartamenti superiori di un condominio ricevere meno acqua potabile rispetto a quelli inferiori.

L’installazione di un autoclave risulta pertanto necessaria al fine di aumentare la pressione dell’acqua e riuscire così a inviarla ai punti d’interesse degli appartamenti superiori, vale a dire il wc, i rubinetti, le lavatrici, le lavastoviglie, ecc.

Allo scopo di risolvere questa situazione, dunque, l’autoclave farà lavorare tutti i componenti di cui è composto (che abbiamo illustrato nel paragrafo precedente), in maniera tale da spingere l’acqua potabile fino agli appartamenti più elevati.

Il processo, spiegato in parole semplici, è il seguente: il serbatoio riceve l’acqua dalla normale rete idrica di distribuzione, per poi trasferirla nella pompa elettrica che, a sua volta, la invia alla camera d’aria in cui è contenuto il polmone.

A questo punto, acqua e polmone iniziano a comprimersi a vicenda e, così facendo, il livello della pressione acquatica inevitabilmente sale, anche di parecchio. Grazie a questa pressione più forte, dunque, l’acqua potabile riesce finalmente a raggiungere anche gli appartamenti posti ai piani superiori nella quantità necessaria al fabbisogno richiesto.

Come possiamo vedere, dunque, il funzionamento di un autoclave di per sé è semplice e immediato.

Va da sé, naturalmente, che in esso sono anche presenti delle misure di controllo che stabiliscono quando lo strumento deve entrare in azione e quando invece deve fermarsi: questa mansione è svolta dal pressostato che, come abbiamo detto, svolge la funzione relativa all’accensione e allo spegnimento della pompa elettrica.

È sottinteso, naturalmente, che la legge preveda una specifica normativa per l’autoclave condominiale: poiché essa non si occupa soltanto della suddivisione delle spese da sostenere, ma anche di calcolare questioni decisamente più tecniche quali le misure dell’autoclave e il luogo in cui esso dev’essere installato, è bene affrontare la situazione con l’aiuto di un tecnico specializzato.

Autoclave per pozzo

Una seconda, tipica situazione nella quale può sorgere la necessità di montaggio di un autoclave è quella in cui l’acqua viene prelevata da un pozzo.

In questi casi, infatti, l’acqua può servire per alimentare circuiti d’irrigazione o, in generale, sistemi idrici che necessitano di un’elevata portata: la presenza di un autoclave, dunque, può risultare molto utile allo scopo di aumentare la pressione dell’acqua e coprire così questo grosso fabbisogno.

Il funzionamento dello strumento, pertanto, resta pressoché identico rispetto a quello descritto nel caso precedente: a cambiare è soltanto l’obiettivo dell’autoclave.

Mentre nel caso di un condominio lo scopo è quello di consentire agli appartamenti più alti di godere della stessa quantità d’acqua di quelli più bassi, nel caso del pozzo l’acqua potenziata grazie all’autoclave serve per interventi agricoli come bagnare le piante, i campi e, in generale, lavori per i quali è richiesta un’ingente portata d’acqua.

– Lo schema dell’autoclave: come funziona il procedimento a livello tecnico

Nel paragrafo precedente abbiamo fornito un breve accenno in merito al funzionamento dell’autoclave, illustrandolo in maniera molto semplificata.

In questo, invece, proporremo un vero e proprio schema tramite il quale lo spiegheremo a un livello più tecnico e, per rendere l’esposizione facilmente comprensibile, suddivideremo il procedimento in fasi.

Funzionamento dell’impianto autoclave: le fasi del processo

Di seguito andiamo a elencare le tre fasi principali che regolano il funzionamento dell’impianto autoclave.

Come avremo modo di notare, si tratta di un procedimento molto schematico e preciso, nel quale i componenti dello strumento lavorano tutti insieme in maniera metodica e continuativa.

Fase 1: raccolta dell’acqua

La prima fase del procedimento prevede la raccolta dell’acqua all’interno della cisterna dell’autoclave: con quest’espressione si fa riferimento al serbatoio che, come abbiamo già avuto modo di vedere, serve per immagazzinare l’acqua potabile proveniente dalla rete idrica.

Questa fase avviene grazie alla presenza della pompa elettrica, il cui funzionamento è a sua volta regolato dal pressostato: questo strumento, infatti, ha il compito di accendere la pompa nel momento in cui la pressione è inferiore al limite minimo, e di spegnerla quando invece il livello raggiunge il valore massimo prefissato.

Fase 2: compressione dell’acqua

Una volta che l’acqua ha raggiunto il serbatoio, entra in contatto con il polmone che, come abbiamo visto, serve a comprimerla allo scopo d’incrementarne la pressione, rendendola anche di molto superiore rispetto a quella concessa dalla rete idrica.

Il polmone altro non è che una camera d’aria, la cui presenza è necessaria per evitare bruschi cali di pressione nel momento in cui la pompa viene spenta. Grazie alla presenza dell’aria all’interno del serbatoio, infatti, la pressione rimane stabile, consentendo così alla pompa di spegnersi senza provocare incidenti.

Fase 3: distribuzione dell’acqua

Quando il livello di pressione raggiunge il limite prefissato, la pompa si spegne in automatico e l’acqua, la cui pressione è stata innalzata, trova l’energia necessaria per arrivare dove serve, nel rispetto della quantità e del fabbisogno necessario.

Come si evince facilmente da questo schema, dunque, il procedimento che regola il funzionamento dell’autoclave è basato su passaggi ben precisi, nei quali tutti i componenti della macchina lavorano insieme allo scopo di far funzionare il tutto.

Tra di essi, il pressostato è probabilmente l’elemento cui è affidato il compito più difficile: esso, come abbiamo visto, agisce a livello elettrico, accendendo e spegnendo la pompa a seconda dei livelli di pressione raggiunti.

Questi livelli sono stabiliti sulla base di specifiche disposizioni di fabbrica, alle quali si consiglia caldamente di attenersi: il tentativo di modificarli potrebbe infatti causare un’ostruzione nel pressostato, dal quale dipende di fatto l’intero funzionamento dell’autoclave.

Ciò significa, in parole povere, che un danneggiamento a carico di questo delicato strumento potrebbe compromettere il lavoro stesso dell’impianto.

Tipologie di autoclave e differenze nel loro funzionamento

Il procedimento che abbiamo descritto nella sezione precedente è praticamente sempre lo stesso e questo a prescindere dalla tipologia di autoclave con cui abbiamo a che fare.

Di impianti di questo tipo, infatti, ne esistono fondamentalmente di due tipi e, pur funzionando nella stessa maniera (quella che abbiamo appena descritto), una piccola, ma importantissima differenza effettivamente c’è. Scopriamola insieme esaminando le due tipologie di autoclave in questione.

Impianto autoclave tradizionale

Si tratta della tipologia più conosciuta e diffusa sul mercato, il cui funzionamento segue passo passo il procedimento classico. Fulcro principale di questa procedura è ovviamente rappresentato dalla presenza del pressostato che, come abbiamo detto, funge da “cervello” dell’intero impianto, accendendo e spegnendo la pompa a seconda dei livelli di pressione registrati.

I vantaggi garantiti dall’utilizzo di questa tipologia di autoclave comprendono sia una grande facilità nel reperire eventuali pezzi di ricambio, sia una manutenzione molto semplice.

Di contro, tuttavia, si segnalano anche alcuni svantaggi, come la necessità di avere a disposizione ampi spazi per l’installazione dell’impianto (che tende a essere grosso) e un maggiore consumo di energia elettrica.

Impianto autoclave con sistema a inverter

Questa seconda tipologia è quella in cui si riscontra l’importante differenza che abbiamo menzionato: pur funzionando pressoché allo stesso modo dell’autoclave tradizionale, infatti, in questa tipologia d’impianto il cervello del sistema non è più il pressostato, bensì una centralina elettrica denominata “inverter“.

Essa, infatti, rileva in automatico e in maniere istantanea l’andamento del consumo dell’acqua, regolando i giri del motore sulla base dei dati rilevati e mantenendo sempre costante la pressione di esercizio.

I vantaggi di questo sistema innovativo comprendono, oltre al fatto di consumare molta meno energia, anche una più semplice installazione in spazi più ridotti.

Di contro, tuttavia, questo tipo di autoclave necessita di tecnici altamente specializzati per la sua manutenzione e la sua riparazione, vale a dire persone che siano competenti nel campo dell’elettronica; in più, trovare gli eventuali pezzi di ricambio non è affatto semplice.

Queste, pertanto, sono le due principali tipologie di autoclave che possono essere installate. Nel prossimo paragrafo andremo invece a concentrarci su di una questione di fondamentale importanza, vale a dire quanto ci tocca spendere per il montaggio di un impianto autoclave.

– I prezzi dell’autoclave: quanto costa installarlo e di quali variabili bisogna tenere conto

Arrivati a questo punto, il funzionamento dell’impianto autoclave dovrebbe essere ormai chiaro ed è quindi giunto il momento di porsi una domanda fondamentale: quanto costa installare questo strumento?

Ebbene, la risposta non immediata, in quanto sono molte le variabili che intervengono nello stabilire il prezzo. Ad ogni modo, in questo paragrafo cercheremo comunque di fornire un’idea in merito e, per semplificarci il compito, faremo riferimento al costo dell’impianto di un autoclave domestico, che è anche quello maggiormente richiesto.

Costo dell’autoclave: variabili delle quali tener conto

Partiamo subito dal presupposto che l’installazione e il montaggio di un impianto autoclave devono necessariamente essere affidate a un tecnico professionista, sia perché non si tratta di un’operazione semplice, sia per il fatto che, specie nel caso di un condominio, essa è soggetta a precise normative che, in quanto tali, non devono essere violate.

In questa sezione, dunque, andremo a elencare tutte le variabili che intervengono nel procedimento d’installazione e che contribuiscono quindi al calcolo del prezzo finale. Vediamole insieme.

  • Costo della manodopera: si riferisce, ovviamente, alla parcella del tecnico che si occupa dell’installazione.
  • Dimensionamento dell’autoclave: tra le decisioni da prendere, c’è anche quella relativa al volume e alla capacità dell’impianto. In commercio, infatti, esistono molti modelli diversi di autoclave, disponibili a prezzi differenti. Sarà per l’appunto il nostro tecnico a suggerici quanto ci conviene spendere sulla base delle nostre necessità e dell’uso che intendiamo fare dell’autoclave.
  • Posizionamento dell’autoclave: si tratta, anche questa, di una questione molto importante che il nostro tecnico si ritroverà ad affrontare. Egli dovrà infatti stabilire il posizionamento corretto dell’autoclave sulla base della situazione che si ritroverà di fronte, prevedendo anche delle adeguate misure di sicurezza per arginare eventuali guasti o perdite d’acqua.
  • Tipologia dell’abitazione: un autoclave posizionato in condominio avrà ovviamente un costo differente rispetto a quello posto in una villetta. Anche questa, dunque, rappresenta una variabile molto importante in grado d’influenzare non poco il prezzo finale.

Come si può vedere, dunque, il costo di un autoclave non può essere calcolato a prescindere, in quanto dipende dalle suddette variabili, che finiscono inevitabilmente per influenzarne il totale.

Ad ogni modo, giusto per avere un’idea, se siamo i fortunati proprietari di una villetta l’installazione di un impianto autoclave dovrebbe ammontare a un prezzo compreso tra i 1200 e i 1600 euro.

Se viviamo invece in un condominio, allora la faccenda cambia, in quanto i costi dell’installazione andranno divisi tra tutti i condomini, ottenendo così un costo differente.

Il consiglio, pertanto, onde evitare di complicarsi inutilmente la vita, è quello di rivolgersi a un bravo professionista, che sappia guidarci nella scelta dell’impianto migliore per il nostro caso e offrirci anche un preventivo adeguato.

Spese di manutenzione dell’autoclave

Se pensate che le spese da sostenere per un impianto autoclave si limitino alla sua installazione e montaggio, con tutte le variabili di cui occorre tenere conto, allora siete purtroppo fuori strada.

Nel momento in cui decidiamo di acquistare questa macchina, infatti, dobbiamo ricordarci che essa necessiterà di una manutenzione continua, manutenzione che dovrà essere anch’essa eseguita da un bravo tecnico, onde evitare di commettere errori grossolani o, peggio ancora, di farci del male.

La manutenzione di uno strumento è per sua natura costosa e, pertanto, oltre ai costi relativi all’installazione e al montaggio dell’impianto, dovremo calcolare anche quelli relativi al suo futuro mantenimento.

Anche in questo caso, tuttavia, non è possibile farsi un’idea precisa in merito a quanto andremo a spendere, in quanto tutto dipende da un paio di variabili, che sono le seguenti.

  • Tipologia di autoclave installata: nel paragrafo precedente abbiamo presentato due diverse tipologie di autoclave, sottolineando come ciascuna di essi offra dei pro e dei contro. La seconda tipologia presentata, per esempio, tra i contro presentava l’obbligo di necessitare di un tecnico altamente specializzato per la sua manutenzione, così come la difficoltà di reperimento degli eventuali pezzi di ricambio: due variabili che contribuiscono inevitabilmente a far lievitare i costi. Teniamone conto, nel momento in cui dobbiamo decidere che tipo di autoclave installare.
  • Tipologia della nostra abitazione: il secondo dato di cui dobbiamo tenere conto riguarda invece la nostra abitazione. Viviamo in una villetta oppure in un condominio? Perché nel primo caso tutte le spese saranno ovviamente a carico nostro; nel secondo, invece, avremo la possibilità di dividerle con tutti gli altri condomini, in quanto l’autoclave in questo caso verrà considerato un bene comune.

Come si può vedere, dunque, stabilire a priori il costo di un impianto autoclave non è praticamente possibile.

Riassumendo, dunque, possiamo affermare che nel calcolo della spesa totale influiscono diverse variabili: alcune relative al momento dell’installazione e al montaggio della macchina; altre, invece, non sono immediate, ma si riferiscono a situazioni che potranno verificarsi in futuro e delle quali dobbiamo necessariamente tener conto, come appunto la necessità di manutenzione (perché le macchine, com’è noto, si possono guastare!).

– Conclusione

Siamo ufficialmente giunti al termine di questa lunga guida dedicata all’impianto autoclave che, come dovrebbe essere ormai chiaro, rappresenta la migliore soluzione per potenziare la pressione dell’acqua potabile e consentirle così di arrivare dove non riesce.

Data l’elevata tecnicità dell’argomento, il consiglio rimane sempre quello di rivolgersi a un bravo tecnico, che possa consigliarci per il meglio e aiutarci a trovare la soluzione migliore per noi e per il nostro caso.

Installare un impianto di questo tipo, infatti, può portare a godere di diversi vantaggi: sia che si tratti di un autoclave per appartamento, ad uso domestico quindi, sia che invece abbia uno scopo più professionale come nel caso del pozzo con autoclave.

Sia come sia, il modo migliore di poter godere di tutti i lati positivi garantiti da questa macchina consiste nel compiere una perfetta installazione, scegliendo un autoclave affidabile dalla manutenzione semplice.

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