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Festa della Repubblica

Festa Della Repubblica

Per concludere su questo punto dico una cosa sola: colleghi democristiani, colleghi repubblicani, non risolvete col colpo di una maggioranza, che oggi avete, ma che domani potreste non avere più, una questione così grave di Organizzazione Dello Stato italiano. E soprattutto in questo momento – ha ragione l’onorevole Nitti – in cui già sono attive forze centrifughe, che non riusciamo a controllare oggi completamente e che forse non potremmo più controllare in nessun modo domani, se ci mettessimo su una strada sbagliata di organizzazione dello Stato. Stiamo attenti a quello che facciamo.
Vengo all’ultima delle esigenze, che ho detto dover stare alla base del nostro lavoro costituzionale: l’esigenza di progresso sociale e di rinnovamento delle classi dirigenti.
Qui si presentano differenti temi, e in particolare quello della formulazione dei nuovi cosiddetti diritti sociali.
Siamo d’accordo, in generale, sulle formulazioni date; abbiamo però parecchie osservazioni da fare. Questo è infatti il punto, dove quel tipo deteriore di compromesso, onorevole Ruini, di cui ho parlato all’inizio della mia esposizione, ha giocato ampiamente, sostituendosi una parola all’altra, attenuandosi questa o quella affermazione, in modo tale da fare sparire del tutto i lineamenti originali del progetto che la prima sottocommissione aveva elaborato.
Nel corso della discussione in questa assemblea, poi, a un certo momento si era stabilito un fronte quasi generale degli oratori contro l’inserimento nella Carta costituzionale della affermazione di questi diritti. Tutti – strano a dirsi – sembravano essere diventati staliniani3. Se si trattasse di una convinzione seria e sincera, non potrei che rallegrarmi; ma non è così: si trattava unicamente di trovare nella citazione del testo corrispondente a una situazione ben diversa dalla nostra un argomento per respingere, oppure per togliere dal testo costituzionale vero e proprio, l’affermazione dei nuovi diritti sociali, per inserirli soltanto – in modo ancora più limitato e modesto di quanto non sia oggi – in un preambolo. In modo molto espressivo diceva uno dei colleghi che mi hanno preceduto che si trattava di confinarla nel preambolo: il confino è infatti luogo dove si mandano le persone non desiderate. […]

Per concludere su questo punto dico una cosa sola: colleghi democristiani, colleghi repubblicani, non risolvete col colpo di una maggioranza, che oggi avete, ma che domani potreste non avere più, una questione così grave di organizzazione dello Stato italiano. E soprattutto in questo momento – ha ragione l’onorevole Nitti – in cui già sono attive forze centrifughe, che non riusciamo a controllare oggi completamente e che forse non potremmo più controllare in nessun modo domani, se ci mettessimo su una strada sbagliata di organizzazione dello Stato. Stiamo attenti a quello che facciamo.
Vengo all’ultima delle esigenze, che ho detto dover stare alla base del nostro lavoro costituzionale: l’esigenza di progresso sociale e di rinnovamento delle classi dirigenti.
Qui si presentano differenti temi, e in particolare quello della formulazione dei nuovi cosiddetti diritti sociali.
Siamo d’accordo, in generale, sulle formulazioni date; abbiamo però parecchie osservazioni da fare. Questo è infatti il punto, dove quel tipo deteriore di compromesso, onorevole Ruini, di cui ho parlato all’inizio della mia esposizione, ha giocato ampiamente, sostituendosi una parola all’altra, attenuandosi questa o quella affermazione, in modo tale da fare sparire del tutto i lineamenti originali del progetto che la prima sottocommissione aveva elaborato.
Nel corso della discussione in questa assemblea, poi, a un certo momento si era stabilito un fronte quasi generale degli oratori contro l’inserimento nella Carta costituzionale della affermazione di questi diritti. Tutti – strano a dirsi – sembravano essere diventati staliniani3. Se si trattasse di una convinzione seria e sincera, non potrei che rallegrarmi; ma non è così: si trattava unicamente di trovare nella citazione del testo corrispondente a una situazione ben diversa dalla nostra un argomento per respingere, oppure per togliere dal testo costituzionale vero e proprio, l’affermazione dei nuovi diritti sociali, per inserirli soltanto – in modo ancora più limitato e modesto di quanto non sia oggi – in un preambolo. In modo molto espressivo diceva uno dei colleghi che mi hanno preceduto che si trattava di confinarla nel preambolo: il confino è infatti luogo dove si mandano le persone non desiderate. […]

Noi siamo qui, prima di tutto, noi della grande maggioranza dell’assemblea, gli esponenti di un grande movimento nazionale liberatore, movimento il quale trae i succhi della propria esistenza dalle migliori tradizioni della vita e della storia del nostro paese: le tradizioni liberali e democratiche. Queste tradizioni il fascismo ha voluto negarle, ha cercato di distruggerle; non vi è riuscito ed è crollato nel baratro, nel quale purtroppo ha trascinato anche noi.
Ma noi ci sentiamo qui, noi comunisti, voi socialisti e anche voi, colleghi della Democrazia cristiana, noi tutti dobbiamo sentirci qui anche gli esponenti di qualche altra cosa: gli esponenti di quelle masse lavoratrici di operai, di braccianti, di contadini, di impiegati, di uomini del popolo, di uomini che vivono soltanto del proprio lavoro, e che da decenni sono attive nella lotta per la loro emancipazione. Queste masse si sono organizzate, hanno combattuto e combattono non soltanto per migliorare la propria esistenza giorno per giorno, attraverso le loro agitazioni e i movimenti loro economici e politici, ma anche e soprattutto per gettare le fondamenta di un nuovo ordinamento sociale, di una società nazionale rinnovata, governata dal lavoro secondo i propri interessi e secondo la propria profonda moralità, secondo quei princìpi di libertà, di uguaglianza, di giustizia sociale, che sono l’essenza dell’ideologia delle classi lavoratrici, in tutte le forme in cui essa può manifestarsi.
Onorevole presidente! Onorevoli colleghi! Il nostro gruppo interverrà attivamente nel dibattito costituzionale, per sostenere che nella maggior misura possibile la nuova Carta costituzionale della Repubblica italiana corrisponda a questi princìpi; corrisponda cioè a quelle che sono le aspirazioni della grande maggioranza del popolo italiano, aspirazioni che esprimono la più profonda, la più urgente esigenza della nostra vita nazionale in questo momento.



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