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Che cos’è la mascolinità tossica?

Foto di Anna Shevchuk

La mascolinità, come attualmente definita dalla nostra cultura, è una categoria stretta, rigida e poco flessibile. Proprio per questo molti aspetti della mascolinità contemporanea sono definiti “tossici” ossia producono danni sociali. Basti pensare che in mandarino la traduzione di mascolinità tossica è “cancro maschile diretto”.

Perché si parla di mascolinità tossica?

Che la mascolinità possa Essere “tossica” non significa che noi uomini siamo intrinsecamente cattivi. Piuttosto sono i ruoli culturali che siamo costretti a interpretare a produrre questi effetti dannosi.

In generale gli standard di mascolinità hanno un lato oscuro. Perché fanno riferimento ad aspetti regressivi dell’essere uomini. Ad un certo punto del passato, infatti, aveva probabilmente senso avere un genere dedicato alla caccia e un altro dedicato alla crescita della famiglia. Forse era utile. Ma che senso ha oggi credere che le persone debbano essere distinte in base all’anatomia, che debbano sottostare a delle aspettative incatenate ai loro genitali e che non possano scegliere liberamente i loro ruoli sociali e l’identità più adatta a se stessi?

Ideali come la forza fisica o la potenza sessuale diventano problematici quando vengono stabiliti come attributi standard da raggiungere. Ed è proprio questo che porta gli uomini a sentirsi più insicuri, più ansiosi e che li spinge a usare la forza, la violenza e l’aggressività per sentirsi ed essere visti come dominanti e di controllo. Diventando appunto tossici.

Esistono degli aspetti positivi tipici della mascolinità. Come il concetto di leadership, di forza di proposito, di protezione. Ma bisogna eliminare tutti gli aspetti dannosi derivanti da questa mentalità. Come la vergogna di ciò che è femminilmente nostro, la definizione di norme nei confronti del corpo maschile, il rifiuto delle nostre manifestazioni emotive, la dipendenza dal potere attraverso l’abilità fisica, l’oggettivazione delle donne e in generale praticare qualsiasi forma di oppressione che produce disuguaglianza

La mascolinità tossica infatti non influisce negativamente solo sugli uomini, ma è anche uno degli effetti collaterali del patriarcato. Aiutando a diffondere la misoginia, la violenza di genere, il degrado delle donne e di ciò che sia la femminilità.

Foto di Rafael Cerqueira

Cosa può essere quindi la mascolinità?

In realtà la mascolinità è un prodotto di relazioni e comportamenti, e non un insieme fisso di identità e attributi. Per questo esistono molteplici mascolinità.

Queste forme di mascolinità emergono quando gli uomini non badano agli standard culturali di ciò che “è un uomo”, ma si esprimono onestamente con i loro attributi e la loro identità. E questo può significare ad esempio esprimersi, avere dei comportamenti o fare delle cose considerate tradizionalmente femminili senza vergognarsene. Significa essere socialmente collaborativi, avere il desiderio di servire gli altri, essere in armonia con la propria bellezza e con quella degli altri, modellare la propria autenticità, il proprio coraggio e il proprio senso etico. Significa avere qualcosa da dire tanto sulla politica quanto sulla cura della pelle, sulla giustizia e sulla moda, sullo sport e sull’arte, senza che queste cose si annullino a vicenda.

Chiudersi fuori dal mondo e rifiutare di essere chi si è, per paura della reazione di chi ci circonda, non è segno di forza. Sentirsi aperti e sinceri è ciò che richiede forza. Richiede forza la compassione, la gentilezza, il rispetto e la generosità.Rivalutare la propria vulnerabilità è segno di forza. Perché facendo così azzeriamo il suo potere su di noi, e aiutiamo altri uomini a fare lo stesso.

Abbattere questi costrutti non è facile. Lo capisco. Crescendo, ci sfidiamo. Dobbiamo essere più duri, più forti, più coraggiosi. Ma siamo abbastanza coraggiosi da essere vulnerabili? Da chiedere aiuto ad un altro uomo? Siamo abbastanza forti da essere sensibili? Da piangere quando stiamo male o siamo felici, anche se ci fa sembrare deboli? Siamo abbastanza sicuri di noi da ascoltare le donne che abbiamo accanto, che siano partner, amiche o colleghe? Da ascoltare le loro idee e soluzioni? Da credere a ciò che dicono, anche se sono critiche nei nostri confronti?

E saremo abbastanza uomini da andare contro altri uomini quando sentiremo “chiacchiere da spogliatoio”, quando sentiremo storie di aggressioni, anche sessuali? Quando i nostri amici parleranno di pacche sul culo o di “quei frocetti”? Gli andremo davvero contro e faremo qualcosa affinché un giorno non vivremo in un mondo dove una donna, una persona di colore o una persona con altra identità o orientamento deve rischiare tutto, persino la sua vita?

È questo che vuol dire essere uomo. E non abbiamo più scuse per fingerlo di non saperlo.



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