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La follia che non abbiamo amato

La follia che non abbiamo amato

Iannozzi Giuseppe

Donne e ParoleIannozzi GiuseppeEdizioni Il Foglio – ISBN 9788876066450 – pagine: 604 – 2017 – prezzo: € 18,00

‘Na sega

non saprei buttar giù
due versi di valore
neanche se per tutta la vita
sotto tortura

ma sogno il bambino
che ero e che non sono più

e non mi cale di mostrare
o di celare rimpianto,
e per questo menar poi vanto;
e non mi cale manco
di gettare il guanto,
in ogni caso offesa
verso dio oscuro

mani giunte
non sanno pregare,
né il pollice verso
sa all’indice accordarsi
per regger della penna
il peso;
come scimmia ottusa
bene mi viene
il pugno e ‘na sega

Ci siamo innamorati

Ci Siamo innamorati
che eravamo troppo giovani
per capire chi cosa dove quando
Ci siamo innamorati
perché non avevamo altri sogni
in cui versare la coppa della giovinezza:
io le mie tasche di piena povertà,
tu la tua gonna con lo spacco
Eravamo due tipi alla moda
A modo nostro eravamo belli
Belli e perdenti

Ci siamo innamorati
guardando un brutto film in un vecchio Cine:
all’incappucciato gli friggevano le cervella
mentre la sedia elettrica rideva elettricità
Eravamo troppo giovani
per poter capire che l’anima ha un suo peso
anche se non lo sentiamo

Ci siamo innamorati
davanti a quel locale che è poi saltato in aria
sotto un cielo rasato da un tramonto di sangue
Tutti quei corpi morti ci facevano paura
Ci facevano sentire più soli che mai
sotto quel cielo così rosso, e l’IRA

Ci siamo innamorati
Abbiamo preso tutto alla lettera
senza discutere, per nascondere l’ignoranza
che ci divorava le budella

Ci siamo innamorati a prima vista:
due bambini che si giocano la nudità
immaginandosi dottore e paziente
E intanto Jeff moriva affogato tacendo
E Tim dall’Aldilà suonava un disco rubato
al Mercato delle Pulci

Ci siamo innamorati
delle nostra bella retorica
e del David michelangiolesco
Ci siamo innamorati
e dio non ha degnato d’uno sguardo
le mie tasche vuote e il tuo spacco

Ma ci siamo innamorati
ed eravamo quasi innocenti,
uguali ad angeli caduti
per colpa d’uno sgambetto

Quando la paura

Quando la paura morde la coda ai cani
e non sai dove andare e perché,
c’è solo una cosa che tu possa fare,
aspettare che un angelo si ricordi di te

Quando non hai più motivi per resistere
e ogni giorno è uguale a quello precedente,
c’è solo una cosa che tu possa fare,
aspettare che un angelo ti salvi o ti condanni

Quando non hai più domande e risposte
Quando la luna affoga in fondo al mare
Quando la notte fa male
e la tua anima è fredda di dolore,
non ti resta che pregare
Quando hai perso la fede e l’amore
e ogni altra cosa che ti faceva felice,
anche se non ci credi, non ti resta che pregare

Non ti resta che questo
anche se non ci credi
Anche se non ci credi…

Anche se non ci credi ti sveglierai
e lei ti dirà d’esser venuta per te
Con dolcezza ti inviterà a scegliere
la carta dal mazzo, vivere o morire

Quando non hai più motivi per esistere
Quando il tempo ti ha pugnalato alle spalle
Quando il danno è la sola moneta che hai,
non ti resta che alzare i pugni anche se…
anche se non ci credi più a te
Quando la donna che hai amato è lontana
e non ne vuol più che sapere d’un buffone,
non ti resta che aspettare e pregare
che un angelo, in un modo o nell’altro,
metta fine a tutto questo

Quando temi per la tua vita
ma non t’importa più come e quando,
un angelo arriverà a donarti un bacio
e non avrai più paura del destino
Non avrai più paura d’andare avanti
Non avrai più paura della fine
perché avrai tutto il tempo che ti serve
per fermarti per sempre senza paura

Facciamo una follia

Facciamo una follia
che mandi il piccolo mondo
che conosciamo
a gambe all’aria
Facciamolo
prima che un figlio
ci pugnali alle spalle,
baciamoci in strada
nudi e disarmati
forti delle debolezze
e delle poche certezze
che ci han resi
così come oggi siamo

Facciamo una follia
I castelli che Loro han tirato su
non hanno retto i secoli:
in mezzo a mille pietre fesse,
in mezzo a pochi morti ciuffi d’erba
neanche l’ombra d’un fantasma

Tornato dalle Crociate
ho capito Dio e la sua Illusione,
così adesso credo sia giunto il momento
Facciamo una follia
anche se sappiamo poco o nulla di noi

Ho perso la spada,
e non la rimpiango
Ho perso la fede,
e non la rimpiango
Piango chi la sfortuna
ha voluto freddo
sul campo di battaglia,
con gli occhi rivolti
alla vuotezza del cielo

Facciamola questa follia
Andiamo a vivere insieme
prima che l’alba
con il suo insanguinato rossore
ci renda ciechi per sempre

Sappiamo poco di noi,
ma baciamoci in strada
Siamo in due,
un uomo e una donna,
non è forse abbastanza?

Gli anni perduti

Gli anni perduti,
quelli dal tempo mangiati,
dalla stupidità rovinati,
oggi se contati son tanti;
eppur oggi come allora
continuo a essere selvaggio,
forse solo un po’ più saggio
le verità altrui rifiutando
cavando dal pacchetto sigarette,
il culo alle ragazze pizzicando
perché mi si dica “pazzo”.

Non m’han cambiato,
non di molto questi anni
mietendo danni.

Colpo finale

Han scavato le cieche lacrime
la dura roccia millenaria;
resiste però la Rosa nel Deserto,
miraggio per poeti dimenticati,
per quanti patria
e affetti han sacrificato nel Niente
da Oriente a Occidente vasto,
impossibile da sognare o segnare
E ronza un moscone all’Ultimo Bar:
mano a un vuoto bicchiere, in gola
un’arida goccia di gin butta giù
prima che sia l’ira del dolce jinn
ad arrestargli il pomo d’Adamo
mentre in sconosciute vie di periferia
la Ruota della Fortuna tentano gli orfani
nel fumo di Mosca subito seppellendosi
E sulla scrivania attende la Remington
che infine giunga un perfetto nessuno
a sbloccare il carrello, il colpo finale

Dulcinea del Toboso

Eran d’oro e miele
questi campi ora grigi
dove a vuoto
mulinava la lancia mia,
l’illusa mia gioia,
Dulcinea del Toboso

Nell’ora estrema
che vecchiaia
alle spalle m’ha preso,
lo sbaglio comprendo;
da sgambetto fantasma
rimango sorpreso
in ginocchio finendo
subito toccando l’aridità
che seco reca la verità
Finito per sempre,
per sempre l’errare mio
e con esso gli errori
che ieri allo specchio
mi fecero un po’ bello

Per disperazione

Tu aspetta che ti leghi alla sedia
con rossi nastrini di seta
Tu aspetta che metta la penna
sulla carta per registrare sul bianco
ogni tuo vergine sospiro
Tu aspetta, e vedrai che sorpresa
l’amore, come non l’avevi immaginato
Aspetta che ti soffochi di domande,
che metta a nudo la tua anima,
che ti faccia sentire senza difese
in mio completo potere
E allora non avrai più scampo
Ti toccherà arrenderti, per disperazione
amarmi; e sarà triste e bello
allo stesso tempo, anche se ora
fatichi non poco a credermi

Stupida carezza

Disperazione m’ha colto
quando parea sereno il cielo

Ingrata la vita
in destino avuta
quando mio sol desio
un’esistenza d’amore
– una coccola
senza il taglio cesareo
del dolore,
di tutta quell’assenza
che viene dopo
e che mai si dimentica

Una stupida carezza,
una sola sarebbe bastata
a togliermi via
dal peso del negro sudario
che mi cade adesso addosso

Bagnato rimango
col cuore spezzato
a contare quante lacrime
dal cielo ancora su di me,
sul corpo mio fradicio
che le ossa ha esposte
in perenne magrezza

Carnefici

Non molto rimane
fra carnefici e burattini;
un corpo qua, uno là,
e macerie di città,
finestre e vetri rotti
uguali a loculi violati

Non molto rimane
in mano al ragazzino
che sol ieri sognava
una donna,
un campo da arare
e sudore sotto il sole,
la fatica a fine giornata;
si vive l’oggi
temendo il domai
sotto il lacerante mitragliare
di stranieri in pompa magna
venuti ad assassinare la pace
che non c’è
e che forse mai ci sarà

Ho sognato

Ho sognato ed ho sognato forte
cercando un dove
che non mi stesse stretto;
poi la strada in salita
e quella in discesa
sotto il peso dei piedi
andate per loro conto;
conto adesso
quante le nuvole ancora in cielo;
ammetto però che le ossa
le morde il freddo
e il dimenticato cuore
una croce di povero legno.

Kaddish

Non era previsto,
non era previsto che così presto
cadesse la testa nella cesta
Presto volterò l’angolo

Prego,
ti prego di dimenticare
che mi hai incontrato
Prego,
ti prego di dimenticare
che hai ascoltato le mie parole,
che sono stato uno
che parlava con bocca d’amore
inventando follie su follie
per un sorriso, per il tuo sorriso

Sono stato un folle,
uno senza arte né parte
che non ce l’aveva il diritto
di sconvolgere la tua vita
invitandoti a posare
la prima pietra per una chiesa
Da te sono stato
per un battesimo di luce,
ma già da un’eternità
nella siccità giaceva il fiume
In ritardo su di me
lo capisco adesso,
e non cerco assoluzione

Considera che
non avevo esperienza;
e considera che,
fra miracoli alla buona,
cadute e preghiere inascoltate,
quasi sempre la mia guancia
ha raccolto in silenzio
schiaffi nudi di guanti

Presto volterò l’angolo
Per le mie parole
sono stato condannato
a tacere fino alla fine
Per le mie parole
sono stato condannato
a bere l’acidità della verità
fino a quando ce la farò

Presto volterò l’angolo,
non te ne dispiacere
Non mi hai conosciuto mai,
mai veramente, mai sul serio:
solo inventavo storie su storie,
giorno dopo giorno,
ora dopo ora,
minuto dopo minuto,
per un sorriso non venuto

Scende la notte

Scende la notte qui:
manca la febbre e la follia,
un sorriso amante,
o la complicità di Charlie Manson


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