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Perchè viaggio con 2000 libri

La letteratura è una difesa contro le offese della vita” – Cesare Pavese, Il mestiere di vivere

Tutta la mia vita, ho visto Mio Padre ogni sera seduto al tavolo della cucina a lavorare, ma molto più spesso a leggere. Solo adesso forse comincio a capire il significato di quell’immagine che, negli anni scorsi, ho faticato a comprendere. Da ragazzo, quando pensavo di sapere tutto, non capivo perchè tutta questa “fame” di letteratura.

Dopo essere andato in pensione poi, la frenesia della lettura era sempre più esasperata. Passava le notti lì in cucina, di buon umore, a leggere, leggere ininterrottamente, leggendo e rileggendo i romanzi, i classici, i saggi.
Quando ho svuotato casa dei miei, dopo la sua morte, ho contato più di milleseicento libri, che accumulava e leggeva senza sosta. Ci sono molte duplicazioni, edizioni diverse dello stesso libro. Rivedo le pile nascoste negli sportelli, accumulati sugli scaffali, i colori del dorso dei libri di Einaudi o di Sellerio, i volumi della storia della letteratura italiana (credo ne avessimo almeno tre per casa), ma soprattutto i libri comprati negli anni ’50 e ’60 in cui ha annotato la data. Quelli erano periodi in cui, per mio padre, comprare un libro era un lusso.

E ricordo di essermi chiesto spesso negli ultimi anni, quello che le parole di Giovanni Raboni descrivono benissimo:

“perchè leggere tanto, perchè impadronirsi di tante storie, di tante verità se gli restava così poco tempo per usarle, per metterle a profitto?”

Mio padre non leggeva per passare il tempo, per non annoiarsi, lui aveva bisogno di leggere e di leggere quanto più possibile. Il suo più grande rammarico è stato (negli ultimi giorni) di non poter più leggere, ma, soprattutto, di non poter leggere tutti gli altri libri che avrebbe voluto. Non ha avuto abbastanza tempo.

Non nascondo che non ho capito questa frenesia e questa esigenza per tanti anni. Da ragazzo, leggere un libro era un traguardo, da grande ho imparato ad assaporarli, a rileggerli, a sottolinearli (molte di queste capacità le devo proprio a mio padre). Forse ho imparato tardi a capire veramente certi libri, per questo riprendo spesso cose già lette. Provo a riascoltare cosa mi aveva colpito allora (e avevo sottolineato) e a capire come sia cambiata la mia sensibilità.

Alle volte dei libri mi rendono più forte, altri mi indeboliscono, in alcuni casi mi sento come il protagonista, in altri non vedo l’ora di arrivare alla fine, altri ancora mi portano ad immaginare un futuro. Non lascio mai un libro (bello o brutto che sia) a metà, esattamente come mio padre. Ci sono libri che mi resistono all’inizio, perchè richiedono tempo e concentrazione, ma soprattutto mi resistono perchè mi impongono di fermare dei pensieri, per lasciargli spazio. Un esempio su tutti è stato “Un altro giro di giostra” di Tiziano Terzani.

Se mi sono trascinato dietro, di casa in casa, fino a Londra, quasi duemila libri, è stato prima per ricordare mio padre, ormai forse per potere ritoccare quelle pagine in cui lui ha annotato la data, in cui ha sottolineato frasi, insomma, per poter tornare a parlare con lui.

Da un po’ di tempo, inizio a pensare di essere un po’ più come mio padre.

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