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Tecnologie & Startup: un contributo all’instabilità

Oggi, provo a ritornare a parlare di Tecnologie, startup e innovazione.

In fin dei conti, questo blog nasceva con l’obiettivo di condividere le gioie e i dolori del fare impresa, in modo non certo troppo professionale, ma pur sempre con un ambito preciso.

Negli ultimi tempi, mi sono preso la libertà di lasciare parlare l’imprenditore con le sue paure e preoccupazioni. A questo punto, basta “atturrare” (letteralmente, tostare, ma per estensione annoiare) con questi argomenti e passiamo a qualche riflessione più professionale.

Premesso che non sono un esperto di politica e di sociologia, quanto riportato di seguito è il frutto di un po’ di esperienza sul campo, dell’osservazione dei comportamenti social Delle persone e della conoscenza delle dinamiche dietro alle attuali tecnologie,

Inutile dire come questi mesi stiano riservando molte novità sulla scena internazionale che non potranno non avere impatto su quello che sarà il mercato dell’innovazione tecnologica dei prossimi anni. La vittoria di Trump, subito dopo la Brexit, l’ondata xenofoba e protezionistica che si respira in molte parti del mondo (Italia compresa) sono fatti che influenzeranno senza dubbio il mondo della ricerca, dell’innovazione e delle startup, le quali finora hanno trovato la loro propulsione nella libera circolazione di merci, persone e capitali.
Non ha senso illudersi che nulla cambierà.

Gli effetti di questi cambiamenti sono difficilmente prevedibili in termini economici, ma facilmente immaginabili: il mercato intero (persone e capitali compresi) si adatterà spostandosi verso le aree più aperte e tranquille, ridisegnando la mappa delle capitali dell’innovazione che conosciamo.

Sotto certi aspetti, il paradosso è che sono state proprio le nuove tecnologie, con il loro carico di completa accessibilità, social e share economy, a creare i presupposti per ciò che è accaduto. Si parla in questi giorni del peso che Twitter e Facebook hanno avuto in queste ultime elezioni.

La possibilità per chiunque di creare e condividere contenuti (via social media, blog,…), di alimentare, diffondere e radicalizzare le proprie idee, di crearsi un’informazione su misura perfettamente allineata alle convinzioni personali, ha contribuito a rendere intere fasce della popolazione sempre meno aperte al prossimo e tolleranti, oltre che (ahimè) più ignoranti. Il tutto ha indotto l’assenza di un vero dibattito basato su idee capaci di alimentare il confronto e l’adozione della tecnica dell’aggressione e dell’insulto a coloro che hanno idee e posizioni diverse (da ascoltare il pensiero colorito di Jonathan Pie).

Non si può non pensare agli algoritmi con cui i social e i motori di ricerca ci profilano e propongono le news. Lo fanno sulla base delle nostre stesse preferenze e ci danno costantemente ragione (ergo, se io fossi a favore del NO al prossimo referendum in Italia o avessi avuto una prevalenza di letture a favore del NO, gli stessi motori di profilazione dei social mi proporrebbero in evidenza notizie in linea con le mie preferenze, creando un fenomeno di autoalimentazione delle mie convinzioni e oscurando quasi completamente le ragioni della controparte critica). 

I recenti fatti hanno dimostrato come l’influenza del cosiddetto “establishment” (rappresentato da Cameron in UK e Clinton in USA) sia drasticamente diminuita (e sempre più diminuirà nei prossimi anni), perchè l’accesso alle informazioni non è più istituzionalizzato, influenzato e impacchettato da giornali e tv. Temo che le masse abbiano scelto in modo apparentemente irrazionale non solo perchè non informate (da vedere il video in cui Michael Moore prevede la vittoria di Trump e parla del più grande vaff… al mondo), ma anche perchè informate in linea con le loro stesse convinzioni. Insomma, le tecnologie hanno abilitato un sistema di contro-informazione (di qualità o meno, poco importa) che contribuisce in modo determinante all’orientamento di ampie fette della popolazione (basti pensare alle assurde campagne contro i vaccini o le cure oncologiche tradizionali, attualmente in corso anche in Italia e basate su informazioni errate e approssimative).

Pare chiaro che siamo nel bel mezzo di un sisma che sta sovvertendo il modo con cui accediamo alle informazioni e ci creiamo un’opinione, le dinamiche dell’influenza e del consenso, ma soprattutto il controllo stesso della società (nell’accezione più positiva).

Il mondo che l’innovazione tecnologica di questi anni ha disegnato, in cui tutti siamo publishers, tutti abbiamo uno storytelling, ha contribuito al crollo del controllo dell’informazione da parte dell’ “establishment” in qualsiasi nazione. Temo che questa sia una delle cause che ha prodotto la conseguente ondata di instabilità e chiusura che oggi mette a repentaglio le stesse dinamiche alla base dei processi innovativi e dell’ecosistema dell’innovazione (ricerca e startup comprese).

Corbyn e Farage in UK, Trump in USA, Salvini e Grillo in Italia (cercate su Internet per le altre nazioni) sono riusciti a emergere proprio grazie alle tecnologie che i pescecani dell’ “establishment” hanno sottovalutato, ignorato o comunque non sono riusciti a controllare. Queste tecnologie hanno contribuito ad alimentare il vento di ribellione contro quello che era voluto dagli stessi governi. Situazioni stile WikiLeaks e Panama Papers hanno ulteriormente aggravato questo stato di cose.

Tutto sta radicalmente cambiando. Basti pensare al settore legale (il più vicino alle sfere governative di ogni nazione) che inizia ad essere sotto pressione per rendere la giustizia più semplice, immediata, congruente con le tempistiche dei moderni mezzi e accessibile grazie proprio alle tecnologie. Mettere “online” la giustizia implica che le future generazioni gestiranno le loro dispute grazie a soluzioni a bassissimo costo e possibilmente con un tap sullo smartphone. Non è fantascienza, basti pensare al modo con cui ciascuno di noi si approccia già oggi al tema della salute. Tutti vogliamo essere consapevoli dei rischi e delle possibili terapie, ma non usiamo più (o non solo) il medico. Le ricerche su Internet di informazioni relative alla salute sono ai primi posti e il livello di consapevolezza sulle patologie è talmente aumentato da diventare controproducente (per es. con fenomeni di autocura, mancata aderenza alla terapia o contestazione delle indicazioni dei medici).

Ciò con cui tutto il settore delle tecnologie e dell’innovazione dovrà confrontarsi, presto o tardi, è la consapevolezza che i progressi nella sfera digitale stanno cambiando le dinamiche di equilibrio tra i poteri delle nostre società. Le  “elites” (o almeno le elites tradizionali che conosciamo) stanno perdendo la loro presa sul controllo informazioni, sulla formazione delle opinioni e della conoscenza e sulla capacità di influenzare le masse.

Chi riempirà questo vuoto? Quando questo accadrà, che mondo dobbiamo aspettarci? Cosa accadrà quando l’intelligenza artificiale contribuirà alla formazione delle informazioni e delle opinioni?

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