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Ottenimento e implementazione UDI: la guida completa

Da quando applicare la codifica UDI

Dal 26 maggio 2021, data di entrata in vigore del Regolamento (UE) 2017/745, il mondo dei Dispositivi medici già in commercio si è diviso in due: i dispositivi che godono del cosiddetto “periodo di grazia” (anche conosciuti come dispositivi Legacy) e i dispositivi per i quali non è prevista la possibilità di immissione in commercio in conformità alla Direttiva 93/42/CEE con data successiva al 26 maggio 2021. Questi ultimi, per poter continuare ad essere immessi, devono essere certificati secondo MDR.

Per tutti i nuovi dispositivi certificati secondo DMR dopo il 26 maggio 2021 (tra cui rientrano i dispositivi del secondo caso suddetto) è necessario generare una codifica UDI completa, composta da codice UDI e codice Basic UDI-DI.

Più in dettaglio, per i dispositivi conformi al Regolamento e per i quali è previsto un iter di valutazione della conformità da parte di un Organismo Notificato è necessario definire almeno il codice Basic UDI-DI prima di sottomettere la domanda di certificazione. Il codice UDI andrà definito prima dell’immissione in commercio.
Per quei dispositivi che non richiedono un organismo notificato, sia il Basic UDI-DI che il codice UDI andranno definiti prima dell’immissione in commercio.

Di contro, per i dispositivi Legacy (ovvero tutti quei dispositivi per i quali è stato emesso un certificato di conformità alla Direttiva 93/42/CEE e che possono continuare ad essere immessi sul mercato fino a scadenza del loro certificato CE oppure i dispositivi di classe I per i quali, ai sensi del Regolamento, verrà previsto un iter di certificazione tramite Organismo Notificato) non è necessario definire un codice UDI né un codice Basic UDI-DI.
Come vedremo più avanti, pur non essendo obbligatorio, è comunque possibile definire una codifica UDI per questa tipologia di dispositivi.

Riassumendo, i dispositivi certificati secondo 93/42/CEE di classe I sterile, I con funzione di misura, IIa, IIb e III non necessitano dell’UDI fino alla scadenza del certificato, dopodiché, se passano a MDR, devono averlo. I dispositivi di classe I e i nuovi dispositivi devono essere già conformi al Regolamento dal 26 maggio 2021 e di conseguenza da quella data richiedono una codifica UDI completa.

Aggiungendo un ulteriore livello di complessità, considerato quanto sopra, non tutti i dispositivi per i quali è richiesta la definizione di un codice UDI devono già ad oggi riportarlo in etichetta

L’apposizione del codice UDI sul prodotto per i dispositivi medici di classe III è obbligatoria già dal 26 maggio 2021; per i classe IIa e IIb dal 26 maggio 2023 e per i classe I dal 26 maggio 2025.
In caso di apposizione diretta su dispositivi riutilizzabili si avranno 2 anni in più.

Basic UDI-DI, UDI, UDI-DI e UDI-PI: un po’ di chiarezza

La moltitudine e l’assonanza dei termini utilizzati per la codifica univoca dei dispositivi secondo il Regolamento (UE) 2017/745 lascia, in un primo momento, spiazzati o quantomeno confusi.

Cerchiamo di fare un po’ di ordine partendo da questa schematizzazione gerarchica (dove n deve essere maggiore o uguale a 1):

  • Basic UDI-DI
    • UDI_1 (UDI-DI_1 + UDI-PI_x)
      • UDI-DI_1 + UDI-PI_A
      • UDI-DI_1 + UDI-PI_B
      • UDI-DI_1 + UDI-PI_C
    • UDI_n (UDI-DI_2 + UDI-PI_y)
      • UDI-DI_2 + UDI-PI_D
      • UDI-DI_2 + UDI-PI_E
      • UDI-DI_2 + UDI-PI_F

Quindi un Basic UDI-DI è un codice che rappresenta un raggruppamento omogeneo di dispositivi medici prodotti da un certo Fabbricante, un UDI è un codice che identifica un certo prodotto (o livello di confezionamento) che a sua volta è composto da due parti: una statica (UDI-DI, Device Identifier) ed una dinamica (UDI-PI, Production Identifier).

Cos’è e com’è composto il codice Basic UDI-DI

Il codice Basic UDI-DI è un codice univoco assegnato ad un gruppo omogeneo di dispositivi medici prodotti dallo stesso fabbricante che condividono classe di rischio, destinazione d’uso e caratteristiche essenziali di design e realizzazione. 
I primi due aspetti sono ben definiti all’interno del fascicolo tecnico mentre, per il terzo, è il fabbricante stesso che in quanto esperto del settore ha le competenze per decidere se due prodotti sono accomunabili sotto questo punto di vista.

Vediamo un caso pratico.

Il fabbricante Acme Corporation produce mascherine chirurgiche (classe I), protesi d’anca in titanio (classe III) e protesi d’anca in cromo-cobalto (classe III). 
Il fabbricante in questione dovrà sicuramente prevedere di generare almeno due Basic UDI-DI considerando che le classi di rischio dei dispositivi prodotti sono differenti.
Le protesi d’anca in titanio e in cromo-cobalto condividono destinazione d’uso e classe di rischio. È il fabbricante a dover valutare se è opportuno assegnare ad ognuna un suo UDI-DI di Base oppure accomunarle allo stesso.

Supponendo che Acme Corporation ritenga di definire un Basic UDI-DI specifico per la singola categoria di protesi impiantabile, dovrà emettere in totale 3 codici Basic UDI-DI:

  1. XXXXXMASK
  2. XXXXXPROT_TI
  3. XXXXXPROT_CRCO

Un ulteriore spunto dal quale farci guidare nella scelta di accorpare più codici nello stesso Basic UDI-DI ci è dato dall’utilizzo che verrà fatto di questo codice: esso non apparirà sul prodotto, ma sarà utilizzato in documenti di alto livello, come certificati CE, dichiarazioni di conformità e certificati di libera vendita.
Non in ultimo, nel caso di dispositivi per i quali è previsto un Organismo Notificato, sarà l’Organismo stesso ad accettare o meno la suddivisione proposta durante la fase di valutazione del fascicolo tecnico.

La struttura del codice Basic UDI-DI, che a livello implementativo cambia a seconda dello standard di codifica a cui si fa riferimento, è comunque composta da almeno due parti: la prima che permette di identificare in modo univoco il fabbricante dei dispositivi che afferiscono a quel codice (nell’esempio di prima, XXXXX identifica univocamente Acme Corporation a livello internazionale) e la seconda che rende univoco ogni codice UDI-DI di Base emesso da un singolo fabbricante (nell’esempio precedente: MASK, PROT_TI e PROT_CRCO permettono di distinguere i tre gruppi di prodotti). 

Inoltre il codice Basic UDI-DI è l’informazione chiave principale per le registrazioni nella banca dati europea Eudamed.

Cos’è e com’è composto il codice UDI

Il codice UDI è un codice numerico o alfanumerico univoco che permette di identificare senza ambiguità l’entità a cui ci si sta riferendo.
Un UDI univoco è assegnato ad ogni dispositivo (o alla sua confezione), a ogni altro eventuale livello di confezionamento previsto. Allo stesso modo, kit e sistemi procedurali necessitano di un codice UDI dedicato.
Come anticipato, il codice UDI è composto da due parti: l’UDI-DI e l’UDI-PI.

L’UDI-DI è la parte statica del codice UDI ed identifica un singolo modello di dispositivo.

Il codice UDI-DI viene costruito in modo differente a seconda dell’Organismo di Codifica scelto per la sua implementazione, ma in ogni caso dovrà contenere una parte che permetta l’identificazione del fabbricante ed una che ne garantisca l’univocità rispetto a tutti gli altri codici UDI-DI creati dal medesimo fabbricante.
Inoltre, l’UDI-DI è anche usato come chiave di accesso alle informazioni memorizzate in una banca dati Eudamed.

L’UDI-PI è la parte variabile del codice UDI e raccoglie le informazioni necessarie per garantirne la tracciabilità.

In particolare, se una o più delle seguenti informazioni è contenuta nell’etichetta del prodotto, dovrà essere obbligatoriamente inclusa nel codice UDI-PI:

  • Lotto
  • Numero di serie
  • Data di scadenza
  • Identificativo del software

Nel caso in cui in etichetta fosse presente esclusivamente la data di fabbricazione, questa dovrà obbligatoriamente essere inclusa nel codice UDI-PI. 
Il contenuto del codice UDI-PI può essere integrato con altre informazioni secondo le modalità ed i limiti previsti dai diversi standard di codifica, tuttavia questo non costituisce obbligo.
Le modalità con cui l’UDI-PI viene costruito variano in base allo standard adottato.
Considerando le informazioni contenute nell’UDI-PI risulta quindi chiaro il perché della sua natura dinamica e che quindi lo stesso dispositivo prodotto in due momenti temporali diversi avrà medesimo UDI-DI ma differente UDI-PI.

Cos’è il vettore UDI

Il codice UDI, a differenza del codice Basic UDI-DI, dev’essere riportato sul prodotto o sulla sua confezione e in tutti i livelli previsti di confezionamento nelle sue forme HRI e AIDC.

La prima (HRI, Human Readable Interpretation) è semplicemente la stringa alfanumerica che definisce il codice UDI riportata in chiaro per poter essere letta dall’utilizzatore. La seconda (AIDC, Automatic Identification and Data Capture) prevede l’utilizzo di tecnologie per la lettura automatizzata del dato. Tali tecnologie comprendono codici a barre, smart card, biometria e RFID.

Ora che abbiamo chiarito come dovrà essere riportato il codice in etichetta, facciamo un po’ di chiarezza sul dove
Il codice UDI potrà essere contenuto all’interno della normale etichetta di marcatura o potrà avere un’etichetta tutta sua. In entrambi i casi dovrà essere verificato che l’informazione apposta rimanga disponibile e facilmente leggibile per tutta la vita utile del dispositivo e a seguito delle attività di pulizia, sanificazione e sterilizzazione eventualmente previste.
Generalmente, l’indicazione del codice UDI (detta anche apposizione del codice) in etichetta prevede che i due formati viaggino sempre in coppia.

È importante ricordare che la codifica UDI nella sua interezza, è un requisito supplementare e non sostituisce alcun altro requisito di marcatura o etichettatura previsto dal Regolamento.

Chi deve ottenere il codice UDI

I fabbricanti sono responsabili per la generazione della codifica UDI dei propri dispositivi utilizzando le regole di codifica previste da uno dei quattro standard ad oggi riconosciuti.

Esistono alcune eccezioni per le quali altri operatori economici sono tenuti a generare la propria codifica UDI, in particolare:

  • Sistemi e kit procedurali: prima dell’immissione sul mercato di un sistema o kit procedurale, la persona fisica o giuridica responsabile attribuisce al sistema o kit procedurale, nel rispetto delle norme dell’organismo di rilascio, un UDI-DI di base è un codice UDI.
  • Modifiche a dispositivi medici già immessi sul mercato: qualora un distributore, un importatore o un’altra persona fisica o giuridica dovesse effettuare le azioni previste dall’articolo 16 del Regolamento (UE) 2017/745, questi si assumerebbe gli obblighi previsti per il fabbricante, fra i quali l’obbligo di definire la codifica UDI per il prodotto modificato.

Chi rilascia il codice UDI

Il Regolamento fornisce una serie di requisiti da soddisfare in merito alla codifica dei prodotti definendo in modo più o meno preciso il “cosa” ma, come spesso accade, non entra nei dettagli del “come”.

Ad oggi, 4 Organismi di Rilascio risultano autorizzati dalla Comunità Europea (a seguito della Decisione di esecuzione (UE) 2019/939 della Commissione del 6 giugno 2019):

  • GS1 AISBL
  • Health Industry Business Communications Council (HIBCC)
  • ICCBBA
  • Informationsstelle für Arzneispezialitäten – IFA GmbH

Indipendentemente dall’Organismo scelto il fabbricante, a seguito di sottoscrizione di un contratto di fornitura, riceverà:

  1. Un codice univoco di identificazione che permetterà di creare codici unici a livello internazionale;
  2. Uno standard che fornisce tutte le informazioni necessarie per costruire una codifica completa (Basic UDI-DI, UDI-DI e UDI-PI) secondo le regole dello specifico Organismo.

QUALE ORGANISMO DI RILASCIO SCEGLIERE?
È doveroso premettere che tutti gli organismi sono parimenti validi al fine di dare rispondenza a quanto previsto dal Regolamento in materia di codifica UDI.

Detto questo, esistono differenze che potrebbero far propendere il fabbricante per un Organismo oppure per un altro. I principali aspetti da considerare sono:

  • Costo e tipologia di abbonamento: c’è chi, ad esempio, prevede un costo di iscrizione iniziale ed un rinnovo annuo e chi prevede esclusivamente una tassa di iscrizione una tantum;
  • Lingua del servizio clienti: non sempre è una discriminante, ma sicuramente avere uno standard ed un servizio clienti nella propria lingua è una comodità;
  • Complessità dello standard da applicare: esistono standard più semplici e standard più articolati;
  • Specificità dell’Organismo: i quattro Organismi di Rilascio individuati esistono e offrono i propri servizi da prima che entrasse in vigore il Regolamento e non per forza solo per il campo dei dispositivi medici. Questo significa che molto spesso gli standard sono sovrastrutturati rispetto a quanto serve per definire la sola codifica UDI. Con questo in mente, è importante considerare qual è il mercato di riferimento generico dei singoli Organismi: c’è, ad esempio, chi è più specializzato nel campo farmaceutico e chi, invece, è più specializzato per il largo consumo ed il retail.

Come implementare la codifica UDI

Il primo passo (e forse anche quello concettualmente più complesso) è quello di definire – avendo chiari gli obiettivi della codifica UDI – quali sono i vari livelli di raggruppamento applicabili ai propri prodotti. 

Il Regolamento prevede che la codifica UDI venga implementata considerando, in via generale, quanto segue:

  • L’UDI-DI è un codice numerico o alfanumerico unico specifico di un modello del dispositivo […] (Allegato VI, Parte C, Paragrafo 1);
  • Un UDI è attribuito al dispositivo stesso o alla sua confezione. I livelli esterni di confezionamento sono dotati di un proprio UDI (Allegato VI, Parte C, Paragrafo 3.1)
    • Per livelli di confezionamento si intendono i vari livelli di confezionamento del dispositivo che contengono una quantità definita di dispositivi, quali un cartone o una scatola (Allegato VI, Parte C, Paragrafo 1).
  • L’UDI-DI è unico a tutti i livelli di confezionamento del dispositivo (Allegato VI, Parte C, Paragrafo 3.4);
  • A ogni componente che è considerato un dispositivo ed è disponibile separatamente in commercio è attribuito un UDI distinto a meno che i componenti facciano parte di un dispositivo configurabile che reca un suo UDI (Allegato VI, Parte C, Paragrafo 3.6);
  • Ai sistemi e ai kit procedurali di cui all’articolo 22 è attribuito un UDI proprio (Allegato VI, Parte C, Paragrafo 3.7).

Per specifiche tipologia di dispositivi, quali:

  • Dispositivi impiantabili
  • Dispositivi riutilizzabili che richiedono la pulizia, la disinfezione, la sterilizzazione o la rimessa a nuovo negli intervalli di utilizzo
  • Sistemi e kit procedurali
  • Dispositivi configurabili
  • Software (solo quelli disponibili separatamente in commercio e quelli che costituiscono dispositivi a sé stanti)

potrebbe inoltre essere necessario considerare aspetti aggiuntivi riportati al Paragrafo 6 dell’Allegato VI, Parte C.

Per quanto riguarda l’organizzazione della codifica UDI, un ottimo punto di partenza è sicuramente stilare una lista di tutti i dispositivi fabbricati dalla propria azienda. 
Ogni modello, variante o configurazione di vendita dei dispositivi elencati verrà considerato come un dispositivo a sé stante e entrerà a far parte, a sua volta, di tale lista.

Una volta chiariti quali sono i singoli elementi per i quali prevedere un codice, è possibile passare alla definizione dello stesso tramite le logiche e le regole previste dallo standard dell’Organismo scelto.

Il processo di apposizione del codice UDI: dalla teoria alla pratica

Una volta definiti i codici UDI dei prodotti, questi dovranno, con le tempistiche riportate nel paragrafo iniziale, essere riportati in etichetta
L’apposizione seguirà anch’essa quanto previsto dai singoli standard di riferimento e comporterà la realizzazione di etichette che riportino il codice UDI (UDI-DI + UDI-PI) nei formati HRI e AIDC.

A meno di non implementare un processo di verifica in linea dell’etichettatura, quello dell’apposizione è un processo che va validato, ovvero bisogna garantire che ogni etichetta riporti il vettore dell’UDI conforme e con una qualità tale da essere interpretabile sia da chi avrà in mano il prodotto sia da eventuali mezzi di acquisizione automatica.

Per validare il processo sarà necessario definire tutti gli “attori” che compartecipano alla realizzazione di un’etichetta completa, ovvero:

  • Il software utilizzato per la creazione del codice UDI e/o il recupero dei dati di prodotto che andranno inseriti al suo interno (es: il lotto);
  • Il software utilizzato per “tradurre” la stringa alfanumerica UDI in un vettore grafico come ad esempio un codice a barre o un datamatrix;
  • La stampante utilizzata per stampare le etichette;
  • Le tipologie di supporti fisici su cui le etichette andranno stampate.

Validare il processo di apposizione, in sintesi, implica verificare e mantenere sotto controllo quanto sopra al fine di limitare la variabilità dell’output così da poter ragionevolmente assumere che quanto stampato in etichetta soddisfi gli standard dell’Organismo di Rilascio utilizzato.

Per verificare che il vettore grafico apposto in etichetta soddisfi gli standard dell’Organismo di Rilascio si utilizzano generalmente dei verificatori, ovvero dei lettori ottici certificati che, a definite condizioni ambientali, possano verificare la qualità del vettore rispetto a delle ISO di riferimento, quali la ISO/IEC 15415 o la ISO/IEC 15416. Questa attività è tipicamente svolta da laboratori specializzati.

Impatto sul sistema qualità

L’implementazione della codifica UDI ha sicuramente impatto a più livelli sul sistema qualità aziendale considerando che la corretta gestione ed implementazione delle attività interessate dall’assegnazione, gestione e mantenimento della codifica coinvolgono trasversalmente diversi processi.

Identificando macro-aree d’impatto, avremo:

GESTIONE DOCUMENTAZIONE DI ORIGINE ESTERNA
L’implementazione della codifica verrà effettuata seguendo gli standard forniti dall’Organismo di Rilascio scelto. Tale documentazione dovrà quindi essere opportunamente recepita, eventualmente integrata con procedure interne e ne dovrà essere mantenuto controllato lo stato di aggiornamento.

GESTIONE RINTRACCIABILITÀ
Una delle principali finalità della codifica UDI è quella di rendere più efficace ed efficiente la rintracciabilità di prodotto. Dovranno essere redatte procedure di sistema adeguate a definire in modo chiaro e non ambiguo le logiche di assegnazione della codifica declinata nei suoi vari livelli (UDI-DI di Base, UDI-DI, UDI-PI). La documentazione di sistema preesistente dovrà essere aggiornata al fine di permettere un link fra codici UDI e documenti di produzione.

Il fabbricante ha l’onere di garantire l’univocità dell’assegnazione della codifica, di conseguenza le modalità adottate per soddisfare questo requisito devono essere chiaramente esplicitate e dovrà essere redatto e mantenuto aggiornato un elenco di tutti i codici UDI (UDI-DI + UDI-PI) prodotti.

VALIDAZIONE DEL PROCESSO DI APPOSIZIONE
Dovrà essere aggiornata la documentazione di sistema al fine di delineare le modalità con cui verrà verificato e validato il processo di apposizione, ovvero le modalità con cui si intende riportare le informazioni UDI sul prodotto e sui vari livelli di confezionamento previsto. 

In particolare le attrezzature individuate per ottenere un livello adeguato di qualità della rappresentazione del codice in etichetta dovranno essere gestite in modo da permettere una pronta rivalutazione del processo in caso di guasti o aggiornamento. Le caratteristiche minime identificate per i mezzi che concorrono al processo di apposizione (stampanti, supporti di stampa) dovranno essere documentate e rese disponibili ai processi che ne hanno in carico l’approvvigionamento.

Allo stesso modo, i software coinvolti nelle attività di apposizione (ad esempio il software che genera il vettore grafico a partire dal codice UDI nel suo formato alfanumerico) devono essere verificati e mantenuti sotto controllo in caso di aggiornamenti automatici o periodici.

In caso di integrazione dei processi con un ERP (Enterprise Resource Planning) aziendale, le interazioni tra ERP e i processi di raccolta di metadati per la generazione dei codici UDI, generazione e stampa dei vettori grafici ed eventuali processi di connettività M2M (Machine to Machine) per la registrazione in banca dati dovranno essere opportunamente documentati e validati

GESTIONE DEL PROCESSO DI REGISTRAZIONE DEI DISPOSITIVI MEDICI
L’organizzazione dovrà prevedere un aggiornamento delle procedure relative alla registrazione dei dispositivi nelle opportune banche dati, prevedendo l’introduzione della nuova banca dati Eudamed definendo le responsabilità e le modalità con cui si procederà alla registrazione dei dispositivi tramite la codifica UDI e le responsabilità e le modalità con cui verrà mantenuto aggiornato tale database.

PROGETTAZIONE E SVILUPPO
Già durante le fasi di progettazione e sviluppo del prodotto sarà opportuno tenere in considerazione i requisiti posti in materia di codifica UDI, valutando eventuali prescrizioni specifiche per la tipologia di dispositivi realizzati. 

Nella documentazione di prodotto dovranno essere chiaramente indicate le modalità con cui il vettore grafico verrà riportato sul prodotto o in etichetta nelle sue due forme (HRI e AIDC) ed eventuali razionali a supporto delle scelte implementative effettuate.

VIGILANZA E SORVEGLIANZA
Ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 5, del Regolamento, l’UDI deve essere utilizzato per segnalazione di incidenti gravi e azioni correttive di sicurezza sul campo.
Di conseguenza sarà necessario aggiornare le procedure interne relative alla vigilanza sui prodotti.

La documentazione di sistema utile a raccogliere informazioni di ritorno dal mercato, reclami, feedback e report di service e assistenza dovrà essere aggiornata per permettere e/o facilitare il link fra prodotto interessato e relativo codice UDI.

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