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L’anomalia

Giuro che vidi realmente quello di cui sto parlando, sebbene le mie parole possano sembrare i deliri di un folle. Le cose che vi descrivo, le surreali esperienze che ho vissuto in quel buco inimmaginabile, fuori dal mondo che conosciamo, non sono frutto della mia immaginazione. Mi rendo conto che, se anche riuscissi a convincervi delle veridicità delle mie parole, non riuscirei comunque a trasmettervi l’orrore che ho provato nel vedere tali cose, in quanto le mie abilità di narratore non sono sufficienti, e forse lo stesso linguaggio non è abbastanza potente da esprimere tali concetti.

Perché possiate comprendere il meglio possibile gli eventi cui ho assistito, occorre che vi descriva come sono andate le cose, a partire dall’inizio. Circa un mese fa’ mi giunse la notizia che, nell’aperta campagna del mio paese, era stata trovata un’apertura apparentemente naturale nel terreno, dalla forma più o meno circolare e delle dimensioni di un copertone di camion. Il foro si era aperto, così pare, da un giorno all’altro, in un luogo in cui prima non c’era niente, uno spiazzo erboso a fianco di un sentiero sterrato. L’aspetto era quello di un pozzo verticale, i bordi dell’apertura erano netti e l’oscurità non permetteva di scorgerne il fondo.

In un primo momento la gente non si preoccupò del fenomeno, attribuendolo al crollo della volta di una cavità naturale, magari in seguito all’erosione delle acque sotterranee. Nei giorni successivi alla scoperta, però, coloro che percorrevano il sentiero riferirono di aver sentito strani suoni provenire dall’interno del foro, suoni che avevano ben poco di naturale. Quando provarono però a descrivere cosa avessero sentito, non ne furono capaci: seppero solamente dire che tali suoni suscitavano un terrore inspiegabile, e forse non si trattava neppure di suoni bensì di vibrazioni, che non venivano avvertite dall’udito ma erano, per chissà quale motivo, interpretate dal cervello come onde sonore. A queste segnalazioni ne seguirono altre, di diversa natura: alcuni dissero di aver scorto una sorta di vapore torbido levarsi dalla zona circostante il foro e assumere forme terrificanti; altri ancora credettero di vedere un tenue bagliore irradiarsi direttamente dal foro, ma sia i primi che i secondi furono attribuiti alla suggestione e alle leggende popolari, che facevano spesso riferimento a creature demoniache provenienti dal sottosuolo, ma a cui ormai nessuno dava più alcuna importanza.

Nessuno speleologo venne ad esplorare il pozzo, probabilmente perché la popolazione locale preferiva convivere col mistero piuttosto che chiedere spiegazioni scientifiche agli esperti delle città vicine. Infatti nessuna università o istituto di ricerca venne informato del fenomeno, e se non fosse per me che ne sto parlando ora, nessuno sarebbe mai venuto a saperne. Non fraintendete però il mio interessamento per il fenomeno con la curiosità scientifica: io decisi di scoprire cosa fosse quella cavità per la paura immotivata che m’incuteva, poiché io ne fui ossessionato forse più di tutti. La suggestione, unita ai racconti dei testimoni di quegli strani fenomeni di cui ho parlato, mi provocò non poche notti inquiete, infarcite di incubi in cui mi trovavo all’interno della caverna e vi trovavo abominevoli orrori, che al risveglio non riuscivo a ricostruire.

Presi la decisione di esplorare l’interno del pozzo quando i fenomeni inspiegabili di cui si raccontava cominciarono a diminuire, poiché associai tale fatto ad una diminuzione di attività (se di questo si poteva trattare) da parte della caverna. Dal Momento Che io, come nessun altro, sapevo quanto fosse profondo, presi con me una fune da alpinista lunga un centinaio di metri, e mi procurai anche una piccozza e un elmetto da minatore dotato di lampada, in modo da evitare spiacevoli incidenti dovuti alla scarsa luce. Partii verso le nove di mattina alla volta del pozzo, che si trovava a pochi chilometri da casa mia, avvertendo gli amici che avrei fatto un’escursione e sarei stato fuori probabilmente tutto il giorno. Non volli preoccuparli e per questo nascosi accuratamente l’elmetto, la corda e la piccozza in un grosso zaino, in modo che non potessero sospettare quali fossero le mie reali intenzioni.

Sebbene non avessi mai visto la cavità, la riconobbi appena la vidi perché nei miei incubi ne avevo indovinate la forma le dimensioni, e l’aspetto inquietante. Dopo essermi assicurato che non ci fosse nessuno nei dintorni, legai saldamente un’estremità della corda a un grosso albero poco distante dal foro e, dopo essermi sincerato che le pareti fossero effettivamente verticali, cominciai a calarmi lentamente all’interno. Procedendo con i piedi contro la parete potei notare che, man mano che scendevo, l’aspetto delle pareti cambiava: appena al di sotto dell’ingresso la roccia era chiara e porosa, dall’aspetto tipico del calcare, mentre più in profondità diventava più scura e di più probabile origine ignea o metamorfica. Sebbene non fossi un geologo, riconobbi che una tale differenza non era giustificabile, se non altro non avrei dovuto osservarla dopo una discesa di pochi metri. Inoltre la forma e la rapidità con cui il pozzo si era formato suggerivano un’origine carsica, ma la presenza di rocce ignee e metamorfiche escludeva questa possibilità. D’altronde non era neppure accettabile che avesse un’origine vulcanica, dal momento che l’area in cui si trovava era molto stabile dal punto di vista sismico.

Nonostante la perplessità continuai la discesa, che con mia sorpresa terminò dopo pochi metri, lasciandomi sul fondo della grotta. Guardando verso l’ingresso e facendo le debite proporzioni stimai una profondità di dodici metri o poco più, il che costituiva un sollievo perché al ritorno avrei dovuto affrontare una scalata abbastanza modesta e non avrei avuto particolari difficoltà.

Il pavimento della grotta si presentava come una lastra stranamente liscia e uniforme di granito o di qualche altra roccia molto compatta, che non riuscivo a riconoscere a causa della scarsa luce che filtrava dal foro d’ingresso. Anche dopo che ebbi acceso la torcia che portavo sull’elmetto non riuscii a capire di cosa si trattasse, ma la cosa non mi preoccupò eccessivamente e preferii continuare l’esplorazione. Quando compresi che mi trovavo in un luogo che nessuno aveva mai visitato prima, provai una sensazione di orgoglio misto a timore per quel che avrei potuto trovarvi. Per fortuna neppure l’aspetto suggestivo del luogo riuscì a rievocare nella mia mente le visioni inimmaginabili Che Avevo avuto in sogno a proposito di quella caverna, nel qual caso avrei sicuramente abbandonato il proposito di esplorarla.

Dopo che ebbi volto lo sguardo in tutte le direzioni, compresi che mi trovavo in un ambiente dalle pareti lisce, di roccia levigata. La mia perplessità sulla natura della roccia, e addirittura sul fatto che quel luogo fosse una cavità naturale, aumentò ancora e mi portò a considerare l’improbabile eventualità che si trattasse dell’ingresso di un rifugio militare, risalente magari all’ultima guerra, che aveva visto svolgersi in quel luogo battaglie importanti. Ma anche questa ipotesi non concordava col fatto che non ci fossero scale di accesso, per quanto spartane, e neppure col fatto che l’ingresso fosse rimasto invisibile per tutti quegli anni.

Presi la piccozza con l’intenzione di prelevare un campione di roccia dalle pareti, ma non riuscii neppure a scheggiarle: evidentemente si trattava di una roccia dura e compatta, per cui rinunciai a procurarmi il campione per evitare di rompere la piccozza, di cui avrei forse avuto bisogno in seguito. Invece mi diressi verso un lato della caverna che sembrava restringersi, come se si trattasse di un corridoio, e vi puntai la torcia cercando di individuare un passaggio che conducesse ad un altro ambiente. Dopo l’iniziale restringimento, il corridoio procedeva diritto, con il soffitto parallelo al pavimento e le pareti parallele tra loro, tanto che feci fatica a credere che si trattasse del risultato dell’erosione da parte delle acque. Continuai a camminare lungo il tunnel per alcune decine di metri, senza incontrare impedimenti da parte di eventuali rocce franate o biforcazioni nel percorso; in effetti l’assenza totale di imperfezioni nelle pareti di roccia mi fece pensare ad una eccellente opera di levigatura, effettuata magari con dischi diamantati, ma chi mai avrebbe potuto ricercare una tale precisione in uno scavo sotterraneo, peraltro sconosciuto?

Cercai anche di ricordare se nella zona fossero presenti giacimenti di minerali preziosi, ma non mi venne in mente niente: scartai la possibilità che si trattasse di una miniera abbandonata. Tutte le mie elucubrazioni furono comunque vanificate quando mi trovai di fronte ad una costruzione assurda: si trattava di una struttura trilitica, cioè di tre grosse pietre, ben squadrate, disposte in modo da formare un portale, con le due pietre laterali perfettamente verticali e la terza poggiata su di esse in modo da costituire la copertura.

L’intera struttura era alta poco meno di tre metri e si trovava al centro di una camera circolare, dal soffitto leggermente più alto rispetto a quello del corridoio da cui ero arrivato. Scoprii con sorpresa che nel soffitto era presente un foro circolare, delle dimensioni di circa dieci centimetri, da cui filtrava la luce esterna e che illuminava l’ambiente in modo abbastanza efficiente, così potei apprezzare i dettagli della struttura anche senza bisogno della torcia. La roccia di cui erano costituite le pietre del portale era di un tipo a me sconosciuto, verdastra e liscia, con alcune venature nere e dei riflessi dorati qua e là. Sembrava di origine metamorfica, della famiglia dei serpentini, ma la sua presenza in una zona carsica come quella mi lasciava perplesso. Inoltre non riuscivo a spiegarmi come gli autori dello scavo avessero potuto trasportarla fin là. Non considerai neppure per un istante l’idea che tale struttura potesse trovarsi già in quel luogo quando lo scavo venne effettuato.

Appena mi fui ripreso dalla scoperta incredibile, volsi lo sguardo sulle pareti dell’ambiente in cui mi trovavo, cercando altri passaggi che mi conducessero magari ad altre stanze nascoste, ma fui deluso dallo scoprire che non c’erano altri ingressi, oltre a quello da cui ero entrato. Ovviamente il portale di pietra al centro della stanza non conduceva da nessuna parte, ma allora cosa rappresentava? Mi venne in mente l’imponente Porta del Sole della città di Tiahuanaco, che aveva un significato religioso e astronomico per le popolazioni precolombiane residenti in quel luogo, ma non riuscii a trovare un’analogia con quella che mi trovavo di fronte. Per esempio non notai alcuna iscrizione o bassorilievo sulla superficie dello strano portale, e ne esclusi alcuna funzione astronomica dal momento che si trovava sottoterra, e riceveva solo un po’ di luce tramite l’apertura nel soffitto.

Decisi di osservare il lato opposto, sperando di notare qualche dettaglio che mi permettesse di capire qualcosa, per cui l’attraversai, per non doverla aggirare percorrendo il perimetro della camera. E questo, o voi che leggete, fu il primo passo nel mondo sconosciuto in cui vidi e sperimentai gli orrori di cui vi ho parlato precedentemente.

Non mi accorsi immediatamente di cosa fosse successo dal momento che, appena varcai la soglia del portale, continuai a vedere la parete della caverna antistante l’ingresso, ma quando mi volsi per osservare l’altra faccia del portale, vidi che era cambiato completamente. Il suo aspetto non poteva essere più terrificante: quelle che prima erano rocce perfettamente squadrate di pietra verde, erano diventate un orrendo groviglio di arti, che formavano delle colonne da cui spuntavano mani con dita artigliate, e la pietra sovrastante si era trasformata in un grumo di teste, alcune umane e altre non identificabili, che volgevano i loro occhi bianchi e le loro espressioni disperate in tutte le direzioni.

Arretrai appoggiandomi alla parete per non crollare a terra, sconvolto com’ero dalla visione orribile. Non riuscivo a capire cosa fosse successo: dov’era finita la porta di roccia verde che avevo attraversato? Come poteva essersi trasformata in un abominio simile? Non avevo ancora osato guardare le pareti del nuovo ambiente in cui mi trovavo, ma quando lo feci scoprii che la camera era più grande rispetto a prima, sempre di forma circolare ma dal soffitto pieno di stalattiti, che si protendevano verso il basso come dita puntate. L’ingresso era ancora presente, ma non aveva più la bella forma squadrata di quando ero arrivato: era adesso un tunnel a sezione circolare, un po’ irregolare, ma speravo conducesse lo stesso verso luoghi migliori rispetto a quello in cui mi trovavo in quell’istante.

Non c’era più la luce proveniente dal soffitto, al suo posto c’era una tenue luminescenza, proveniente dalle pareti o dal portale stesso, che contribuiva a dare all’ambiente un aspetto sinistro. Mi mossi dal posto in cui mi trovavo, stando bene attento a non riattraversare il portale, nel timore che potessi trovarmi in un posto ancora più orribile di quello, e seguii invece il perimetro della sala per raggiungere l’unico ingresso, che speravo mi avrebbe condotto all’esterno. La nuova ambientazione tetra e grottesca mi fece tornare in mente le sensazioni che provavo negli incubi riguardanti la caverna, in particolare l’inquietudine di trovarmi di fronte a qualcosa di inspiegabile.

Vi starete chiedendo come facessi ancora a mantenere la lucidità, in una situazione così sconvolgente, ma comprenderete più avanti che quello che vi ho raccontato finora è ancora poca cosa rispetto a ciò che mi sarebbe successo poi. Comunque ero fortemente determinato a non fuggire finché non fossi riuscito a scoprire cosa si celava in fondo a quella grotta. Considerai anche il fatto che, probabilmente, riattraversando il portale sarei tornato nella camera precedente e sarei quindi riuscito a tornare in superficie, nel mondo che conoscevo, ma ormai non potevo rinunciare ad esplorare quel luogo.

Avanzai quindi all’interno del tunnel circolare che mi avrebbe condotto in un altro ambiente, sempre tenendo la torcia accesa e ben puntata in avanti, onde evitare di colpire ostacoli o inciampare in qualche buca nel pavimento. Giunsi ad una curva, che copriva un angolo di circa novanta gradi, e intuii che il corridoio fosse più lungo di quello squadrato che avevo percorso all’andata. Quando però cominciai a percorrere questo nuovo ramo del tunnel, scorsi una luce in lontananza, che sembrava provenire da una torcia simile alla mia. Non potevo credere che qualcun altro fosse giunto fino a questo punto, e che anzi mi avesse preceduto! Chiesi chi fosse, cercando di non spaventare il mio eventuale compagno di esplorazioni, ma per tutta risposta ricevetti l’eco della mia domanda. Come poteva esserci l’eco in un tunnel così stretto, e come poteva essermi giunto alle orecchie nel momento stesso in cui avevo espresso la domanda? Vidi oltretutto che i movimenti della luce dall’altra parte del tunnel sembravano rispecchiare i miei, poiché quando io mi spostavo leggermente a sinistra, lo stesso faceva la luce dall’altra parte.

Volli vederci chiaro e mi avvicinai all’individuo che si trovava sulla mia strada, e notai che egli, per nulla spaventato, cominciò a venirmi incontro. Chiesi di nuovo chi fosse e come fosse giunto fino a lì, ma ricevetti di nuovo l’eco come risposta, sebbene nelle modalità anomale che ho spiegato prima. Quando fui ad una distanza tale da poter scorgere il suo aspetto, ebbi la sorpresa sconvolgente di trovarmi di fronte a me stesso. Non mi somigliava semplicemente, era in tutto e per tutto uguale a me!

Dopo un primo istante di terrore, vidi che anche l’altro individuo aveva una espressione sconvolta sul viso, il che mi fece se non altro sentire un po’ più a mio agio, anche se ancora non riuscivo a capacitarmi del fenomeno. Poi ebbi l’intuizione che avrebbe risolto l’enigma: evidentemente mi trovavo di fronte ad uno specchio, posto sul fondo del corridoio, e quella che vedevo di fronte a me era soltanto la mia immagine riflessa. Con questa nuova spiegazione in mano mi avvicinai con più sicurezza a quella che doveva essere la parete dello specchio e, quando fui a pochissima distanza, allungai una mano per toccarla.

Come era ovvio che accadesse, anche la mia immagine riflessa allungò il braccio ma, quando le dita vennero in contatto, capii che avevo avuto l’intuizione sbagliata. Quello che toccai non era la superficie liscia di uno specchio, ma le dita morbide e delle mie stesse dimensioni di una mano umana. Della mia mano!

In quel breve momento in cui le mie dita toccarono quelle dell’altro individuo identico a me, percepii la sensazione di entrambi e non capii da quale parte mi trovassi. Vi avevo avvertito che non sarei riuscito a spiegare adeguatamente i fenomeni che avrei sperimentato, e questo è uno di quelli. Infatti non so spiegarvi come, in quel momento, sentissi si essere contemporaneamente me stesso e l’altro individuo, che peraltro mi guardava con la mia stessa espressione colma di terrore.

Quando ritrassi la mano, e lo stesso fece l’altro, il mio gemello scomparve e io non seppi se mi trovavo ancora nella stessa direzione in cui procedevo prima o se invece mi trovassi rivolto nella direzione opposta, quella cioè che percorreva il mio doppio. Un’esperienza del genere mi tolse ogni dubbio sul fatto che non mi trovassi più nel mondo che conoscevo, dove una cosa simile poteva essere solo frutto di un’allucinazione. D’altra parte io sapevo di essere perfettamente lucido, e di essere rimasto cosciente per tutta la durata del fenomeno.

Sperando di non ripetere l’esperienza appena sperimentata, anche se un’altra volta sarei stato preparato, decisi di procedere lungo il corridoio nella direzione in cui ero rivolto, intenzionato com’ero a risolvere il mistero una volta per tutte. Come avrei potuto intuire dalla simmetria della situazione precedente, procedetti fino a raggiungere un’altra curva ad angolo retto, che piegava nello stesso verso della precedente. Sperai che non si aprissero altre vie secondarie nelle pareti del tunnel perché in tal caso avrei rischiato di perdermi in quel luogo spaventoso. Fortunatamente il cammino procedeva diritto, evidentemente perché l’intera caverna era stata costruita in modo da condurre verso una ben precisa destinazione.

Dopo alcune decine di metri incontrai un’altra curva ad angolo retto, per cui il cammino piegava ancora nella stessa direzione. Dal momento che il tunnel procedeva in piano, senza cioè salire né scendere apprezzabilmente, credetti che quest’ultimo ramo del tunnel sarebbe dovuto essere più breve di quello in cui avevo incontrato il mio doppio, se non altro perché in caso contrario avrebbe intersecato un ramo del tunnel che avevo percorso precedentemente. Avevo già avuto prova di come le normali leggi di natura tendevano ad essere distorte in quel luogo, ma non ero pronto a rinunciare alla geometria a cui ero abituato, perché speravo che almeno alcune delle certezze che avevo potessero ancora essere considerate tali.

Contro ogni mia previsione, invece, il cammino procedeva in linea retta per una lunghezza che sembrava addirittura superiore a quella che avevo percorso fino a quel momento, tanto che mi chiesi se non fosse il caso di tornare sui miei passi, se non altro per non rischiare che la batteria della torcia si esaurisse. Dopo almeno duecento metri scorsi però un bagliore violaceo in fondo al tunnel, dove sembrava che le pareti si allargassero leggermente. Capirete che, giunto fino a quel punto, in cui avevo dovuto ammettere che le nozioni che possedevo sulla realtà erano state stravolte, non potevo rinunciare a scoprire quella che sarebbe stata forse le più sconvolgente delle cose che avrei mai visto in tutta la mia vita.

Con passi prudenti e misurati mi avvicinai quindi a quello sembrava l’ingresso di un nuovo ambiente, molto più grande dei precedenti, e pervaso da una luce viola innaturale. La stanza era di forma circolare, dal soffitto alto e stavolta privo di stalagmiti. Anche questa camera ospitava un portale, stavolta delle dimensioni e della forma di una porta di una abitazione comune, fatta eccezione per il fatto che essa sembrava fatta d’oro, o di un altro metallo prezioso. La luce viola che illuminava la stanza non mi permise di comprendere quale fosse il vero colore di tale metallo, ma era lucido e liscio, privo di iscrizioni o bassorilievi.

Da quel punto di vista sembrava molto meno minaccioso del portale che mi ero trovato di fronte appena entrato in quel mondo di incubo, ma stavolta la porta era chiusa e non potevo minimamente indovinare cosa vi fosse dietro. Vidi anche questa volta che la porta era posta al centro della camera e sembrava non dover condurre da nessuna parte, ma ormai avevo imparato a diffidare dalle apparenze. Ormai ero disposto soltanto ad attraversare un altro portale, e non sapevo neppure se avrei avuto il coraggio di esplorare un altro livello di quell’abisso inspiegabile, ma mi feci forza e afferrai la maniglia della porta.

Adesso avrete bisogno di tutta la vostra immaginazione per comprendere ciò che mi appresto a raccontarvi, perché le mie parole non saranno di certo sufficienti. La porta si aprì senza impedimenti, senza emettere il minimo cigolio, e mi lasciò di fronte a qualcosa che non avrei mai potuto immaginare: oltre la soglia della porta si apriva lo spazio siderale, senza stelle. In compenso la Terra faceva la sua presenza maestosa proprio di fronte a me: il pianeta intero copriva la dimensione angolare di un pallone da calcio, per cui dedussi che si trovasse a più di un milione di chilometri di distanza, quindi dovevo trovarmi oltre l’orbita della luna. Non ha neppure senso chiedersi come potessi essere giunto fin là, a quel punto avevo rinunciato a cercare una spiegazione razionale ai fenomeni di cui ero stato testimone. Non riuscii neppure a capire dove potessi trovarmi, dal momento che, per quanto ne sapessi, non erano mai stati individuati corpi rocciosi, fossero essi pianeti o asteroidi, alla distanza di un milione di chilometri dalla Terra.

Ma se credete che sia stata questa la visione che mi abbia sconvolto oltre ogni limite, vi sbagliate. Ero ancora disposto ad accettare di poter vedere il mio pianeta dall’esterno, come se mi trovassi ad una distanza a cui nessun uomo era mai arrivato, ma fatto sta che la Terra non fu l’unica cosa che vidi. Come ho detto poco fa, la Terra aveva le dimensioni di un pallone da calcio, ma c’erano presenze ben più inquietanti: nel vuoto assoluto, intorno alla Terra, volteggiavano enormi figure dalla forma di vermi, ben più lunghe della coda delle comete, che intrecciavano complicate danze in cui si avvolgevano su sé stesse. Riuscii a contare cinque di queste immense creature, ma ho ragione di credere che ce ne fossero molte di più, e forse la stessa danza di vermi giganti si compiva intorno a tutti i pianeti del sistema solare, forse di tutta la galassia, da tempi antichissimi.

Come potessi giungere a questa conclusione, vi chiederete voi, dopo aver visto solo questo, non ve lo so spiegare, ma sta di fatto che nel momento in cui compresi quello che stava succedendo, i miei incubi acquistarono un senso, e li ricordai in modo vivido come non mai. Ricordai che la sensazione di terrore irrazionale che avevo provato era solo la consapevolezza delle mie condizioni, come di quelle di tutta l’umanità: l’essere umano non è altro che un insetto insignificante di fronte alle entità antichissime che vivono nel cosmo, e che ci tengono sotto controllo da tempi antichissimi.

Ricordai però che doveva esserci qualcos’altro, qualcosa di infinitamente più sconvolgente di tutto ciò. Pensai che forse non stessi osservando con la dovuta attenzione l’immagine terribile che si presentava oltre la porta, per cui aguzzai la vista e cercai di guardare oltre. All’inizio non riuscii a vedere nulla al di là della Terra e dei giganteschi vermi che vorticavano intorno ad essa, ma quando mi sporsi sull’orlo del portale riuscii a vedere: il ristretto campo visivo offertomi dall’apertura mi aveva precluso la visione del sole, che si trovava in posizione laterale, ma credetemi quando vi dico che avrei fatto bene a non vederlo.

Voi tutti SAPETE che il sole è una stella e che produce luce e calore per mezzo di processi fisici ben compresi ormai da un centinaio di anni, SAPETE che il sole ha un’età stimata di cinque miliardi di anni e ne vivrà probabilmente altrettanti, e infine SAPETE che il sole è soltanto una stella come tante nell’universo, e si stima che ce ne siano almeno cento miliardi solo nella nostra galassia. Ebbene no, se farete uno sforzo e deciderete di credermi, dovrete rigettare tutto queste certezze faticosamente acquisite dall’uomo in secoli di studi e osservazioni.

Quello che vidi era sì il sole, ma posso dire con certezza che non era nulla di tutto ciò che conoscevo: era sì un’enorme palla luminosa, ed aveva giustamente una dimensione angolare minore di quella della Terra, in virtù della sua distanza, ma non poteva essere una stella. Così come avevo potuto vedere, attraverso quella porta, le presenze immense e minacciose che vorticavano intorno al nostro pianeta, e che erano altrimenti invisibili agli astronomi e alla gente comune che scruta il cielo, allo stesso modo ero stato in grado di vedere il vero aspetto del sole. La sfera luminosa a cui siamo abituati non è altro che la propaggine di un essere ben più grande e mostruoso dei vermi di cui ho parlato in precedenza, un essere talmente immenso che io, dalla mia posizione privilegiata al di fuori dell’orbita della luna, potei scorgerne solo un tentacolo.

Comprendo bene che avrete non poche difficoltà a credere a quel che vi dico, ma io so di aver visto ciò che ho visto e sto cercando di comunicarvelo affinché siate preparati, nel caso un giorno queste entità permettano all’umanità di vedere la realtà delle cose. Come vi ho detto non riuscii a vedere altro che un tentacolo mostruoso di quell’essere, all’estremità del quale era fissato il sole, come l’estremità luminosa della appendice di alcuni pesci abissali, ma ho ragione di credere che ne possedesse altri, e che la sua intera figura potesse estendersi su distanze a noi inconcepibili.

Capii che quella che avevo avuto era la visione definitiva, oltre la quale non può esserci nulla di più spaventoso, per cui mi ritrassi dalla soglia della porta, la chiusi e tornai sui miei passi, ripercorrendo a ritroso la strada per tornare in superficie, o come ormai mi era rassegnato ad accettare, sul mio pianeta. Con la mente completamente pervasa dalla visione spaventosa che avevo appena avuto, camminai quasi meccanicamente lungo i corridoi bui, contando le curve che effettuavo e quasi senza più guardarmi intorno, con il solo obiettivo di uscire il più presto possibile da quel sotterraneo.

Giunto alla stanza circolare riattraversai, con una certa riluttanza, il portale spaventoso e mi trovai nella camera più piccola, in cui il portale aveva la forma più squadrata ma ugualmente misteriosa. Fui felice di rivedere la luce del sole, o meglio di quello che ormai conoscevo essere l’organo luminoso di un mostro gigantesco. Nonostante la consapevolezza della realtà, ripercorsi il corridoio dalle pareti squadrate, tornai nel pozzo verticale da cui ero entrato e risalii in superficie.

Dopo aver raccolto la corda ripercorsi la strada verso casa, intenzionato a non tornare mai più in quel foro nel terreno, e meno che mai nel mondo oltre il portale. Non raccontai a nessuno quello che avevo visto, nel timore che la gente ridesse di me o peggio dubitasse della mia sanità mentale, ma ora mi sento obbligato a parlarne affinché si sappia la verità. Seppi in seguito al mio ritorno a casa che il foro, in cui mi ero calato, scomparve misteriosamente, senza lasciare affossamenti nel terreno, come capita quando frana il soffitto di una grotta e il terreno sprofonda al su interno. Pare che in questo caso invece il foro fosse scomparso nello stesso modo in cui era comparso, e nessuno ne seppe più nulla, anche perché nessuno aveva la minima intenzione di approfondire l’argomento.

Io temo che il fatto fosse legato alla mia intrusione in un luogo in cui nessun essere umano avrebbe dovuto mettere piede, e che quindi le autorità sovrumane competenti si fossero adoperate affinché l’episodio non si ripetesse e hanno provveduto a rimuovere l’anomalia. Dal momento che io sono ancora vivo e ho conservato i ricordi di quanto ho visto e vissuto, devo dedurre che le creature che dominano l’universo ritengano inutile mettermi a tacere, pensando forse che nessuno presterà attenzione alle mie parole.

Posso ritenermi fortunato ad aver potuto dare un’occhiata oltre il velo della realtà, e capisco che tutto ciò che credevo di sapere sul mondo non è altro che un insieme di illusioni, costruite apposta da entità superiori per farci rimanere all’oscuro della loro presenza. Ignoro se tali esseri superiori costituiscano una minaccia per il genere umano o per l’intero universo, ma dal momento che essi esistono certamente da un tempo infinitamente più lungo di noi, credo che non dobbiamo temere nulla da parte loro. Infatti, se avessero voluto nuocerci, lo avrebbero fatto già da molto tempo.

Concludo il mio resoconto avvertendovi che l’anomalia in cui mi sono imbattuto potrebbe comparire altrove sulla Terra, non essendo (ormai è evidente) di origine umana, e raccomando a chiunque vi si trovi davanti di resistere alla tentazione di entrarvi perché le visioni che potrebbe ricevere all’interno, e le esperienze che potrebbe vivere nei suoi oscuri meandri, potrebbero segnare la sua vita e il suo carattere in modo irreparabile.

Non so neppure se tale fenomeno si ripresenterebbe nella stessa forma, perché credo che le stesse modalità in cui le persone possano interagire con essa siano soggettive, e quindi diverse da persona a persona. Potreste giungere alle stesse conoscenze che io ho acquisito guardando oltre la porta in modo molto diverso, magari guardando negli occhi una persona o scrutando oltre il ciglio di una collina che non avevate mai notato, non saprei dirlo.

Ad ogni modo, se giungerete alle stesse visioni, riconoscerete che sono autentiche, sebbene siano peggio dei deliri di un pazzo. Per il bene di tutti è opportuno che rimangano in pochi a conoscere la verità, altrimenti le stesse entità che sono intervenute per cancellare l’anomalia potrebbero decidere, nel peggiore dei casi, di porre fine all’insignificante genere umano.



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