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La Scuola di Gentile e il cretinismo economico

[di Francesco Saverio Calcara] Tralascio di commentare il profluvio di sciocchezze e di banalità, spesso frutto di maldestri copia-incolla, che con pena ho dovuto leggere a commento del ricordo del 76° anniversario dell’assassinio di Giovanni Gentile. Aveva proprio ragione Umberto Eco quando sosteneva che che il Web non ha inventato gli imbecilli, ma ha dato loro, semplicemente, lo stesso pubblico che hanno i premi Nobel.

E siccome la madre degli imbecilli è sempre incinta, è inutile ribattere, citando magari Benedetto Croce o Gianni Vattimo o Emanuele Severino, a gente che si riproduce a ritmo esponenziale e parla solo per stereotipi, per luoghi comuni, per sentito dire, per partito preso. Sarebbe inutile come il classico lavar la testa all’asino. Pure qualcosa voglio dirla, non tanto ai suddetti imbecilli, che sarebbe appunto tempo perso, ma a quanti, in virtù del fulminante assioma di Eco, potrebbero rimanere da questi negativamente impressionati.

E dunque, assodato il fatto Che Giovanni Gentile, assieme ad Antonio Gramsci, fu il più grande pensatore italiano del Novecento, ammesso e non concesso che egli sia stato responsabile di tutte le nefandezze di cui qualcuno lo accusa, tanto da meritare una italica Norimberga, ha lasciato comunque un dono meraviglioso, per il quale dovremmo essergli eternamente grati: la Riforma della scuola e il Liceo Classico. E siccome il mio punto di vista potrebbe essere considerato inficiato dal pregiudizio ideologico, essendo io, da sempre e a testa alta, un uomo di destra, faccio anch’io copia incolla, citando però l’insospettabile fonte che si chiama “Fatto Quotidiano”, il quale tempo fa così scriveva: «Come spesso accade, ci si accorge dell’importanza di una realtà a cui siamo abituati solo allorché essa comincia a venire meno, come accade quando manca l’aria: così è per il Liceo classico, la migliore scuola del mondo, concepita dal Gentile ministro dell’Istruzione, fautore della migliore riforma della scuola di cui il nostro Paese abbia ad oggi beneficiato; riforma, certo, discutibile finché si vuole, se si considera che già Gramsci, non senza buone ragioni, la accusava di classismo. Riforma discutibile finché si vuole, sì, ma pur sempre la migliore di cui questo Paese abbia beneficiato. Resta, d’altro canto, il fatto che il Liceo classico ha reso possibile la superiorità culturale di intere generazioni di liceali italiani rispetto ai loro coetanei di tutto il mondo (provate ad andare in Germania o in Francia per accorgervene).

Giovanni Gentile

Con l’insegnamento del latino e del greco, ma poi anche con il nobile progetto di formare uomini in senso pieno, unendo tra loro la paideia greca, la raison illuministica e la Bildung romantica, il liceo classico ideato da Gentile resta un unicum nel panorama mondiale e oggi, possiamo dirlo, una vera e propria forma di resistenza al generalizzato “cretinismo economico” (Gramsci) che la cosiddetta mondializzazione sta esportando in ogni angolo del pianeta: cretinismo in forza del quale sempre meno si pensa e sempre più si calcola, in un desolante paesaggio in cui il greco e il latino, la filosofia e l’arte sono liquidati come “inutili” (sic!) dalla stolida ragione calcolatoria che pretende di essere la sola sorgente di senso.

Noto, per inciso, che in Spagna hanno già, nei licei, sostituito la filosofia con la finanza! Il grande dono che Giovanni Gentile ci ha lasciato è ciò che oggi gli “specialisti senza intelligenza” (Weber) dei nuovi governi di centro-destra e di centro-sinistra stanno distruggendo: il latino e il greco, la storia dell’arte e della letteratura saranno presto sostituiti dall’inglese e dalla finanza, dal management e dall’impresa. La barbarie è alle pote e si presenta, con tono rassicurante, come “Buona Scuola”, proprio come i bombardamenti si chiamano “missioni di pace” e i colpi di stato finanziari si chiamano “governi tecnici”.Orwell era un dilettante: la realtà ha superato la fantasia, facendo apparire normale e plausibile l’inimmaginabile. La barbarie oggi imperante impone di valutare tutto sulla base del solo criterio dell’utilità, alla cui luce la filosofia e l’arte, la teologia e la storia risultano, evidentemente, indegne di essere coltivate e studiate. La stupidità non ha limiti. Stiamo, in effetti, assistendo alla distruzione pianificata del liceo e dell’università, tramite quelle riforme interscambiabili di governi di destra e di sinistra che, smantellando le acquisizioni della riforma della scuola di Gentile del 1923, hanno conformato – sempre in nome del progresso, della modernizzazione e del superamento delle antiquate forme borghesi – l’istruzione al paradigma dell’azienda e dell’impresa (debiti e crediti, presidi managers, informatica e inglese in luogo del latino e del greco, e mille altre amenità coerenti con la ristrutturazione capitalistica della scuola). La situazione è, davvero, tragica ma non seria. Anche un bambino si può accorgere di come i continui tagli dei finanziamenti destinati alla cultura (o, in forma complementare, il foraggiamento a flusso continuo delle eterogenee forme dell’ “idiotismo specialistico”) rispondono essi stessi a un programma politico opportunamente mascherato dietro le leggi anonime dell’economia. Il silenziamento di ogni prospettiva critica viene oggi ottenuto non più tramite il ricorso alla violenza nelle sue forme dirette e plateali, dal rogo di Bruno e di Vanini alle torture dei non ortodossi di ogni tempo, bensì tramite la rimozione delle risorse necessarie per sopravvivere: vale a dire secondo un modo che – cifra della violenza come categoria economica immanente del capitalismo – rende in larga parte invisibile tanto l’azione dei carnefici quanto la sofferenza delle vittime. Il potere nichilistico della finanza e del capitale deve tagliare ogni testa pensante, sostituendola con il cretinismo economico delle teste calcolanti: la distruzione del liceo classico è una tappa fondamentale di questo criminale processo oggi in corso. Il capitale non vuole vedere tese pensanti, esseri umani dotati di identità culturale e di spessore critico, consapevoli delle loro radici e della falsità del tempo presente: vuole vedere ovunque il medesimo, cioè atomi di consumo senza identità e senza cultura, in grado di parlare unicamente l’inglese dei mercati e della finanza». Intelligenti pauca.

Francesco Saverio Calcara
foto. Polizzi

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