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Tra “chiacchiere” e costumi, si festeggia il giovedì grasso– storia e ricetta

La parola carnevale deriva dal latino carnem levare (“eliminare la carne”), poiché indicava il banchetto che si teneva l’ultimo giorno di Carnevale (Martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima.

I festeggiamenti maggiori avvengono il Giovedì grasso e il Martedì grasso, ossia l’ultimo giovedì e l’ultimo martedì prima dell’inizio della Quaresima.

Giovedì precedente l’ultimo giorno di Carnevale in tutta Italia viene chiamato col nome di Giovedì Grasso.

Ultimo giovedì prima di Carnevale, per questo si chiama Giovedì Grasso che, a seconda della regione, cambia nome. In Toscana viene chiamato “berlingaccio”, termine che, di derivazione tedesca, significa “mangiare con piacere”. Ma a Venezia si festeggia il ricordo di un’importante battaglia che torna indietro nei secoli. In generale, che vi si fornisca valenza religiosa o meno, si tratta di una giornata goliardica e i dolci la fanno da padrone, soprattutto le chiacchiere (o frappe o, ancora, frappole).

Ricetta – Chiacchiere a forno

Per prepararne 35, servono 350 grammi di farina, 40 di burro e 80 di zucchero. Servono ancora 2 centilitri di olio extravergine di oliva, 2 cucchiai di brandy, mezzo cucchiaio di lievito vanigliato, un pizzico di sale, zucchero a velo e una scorza di limone grattugiata.

Come si procede

Per prima cosa si versano la farina, lo zucchero, il burro fuso, l’olio, il brandy, il lievito vanigliato, sale e scorza di limone grattugiata in una ciotola e si procede a impastare. Quando l’impasto è a punto, va avvolto nella pellicola e lasciato a riposo in frigorifero per un’ora circa. Quindi lo si stende fino a farne una sfoglia sottile e su un piano di lavoro infarinato si taglia delle strisce con il coltello.

In forno per 10 minuti

Quando tutto sarà pronto, le frappe vanno messe in una teglia, sopra la carta da forno. Quindi si mette in forno e si lascia cuocere a 180 gradi per una decina di minuti. A quel punto si sparge lo zucchero a velo e si serve.

nell’infanzia di tutti noi il Carnevale è stato sempre un segno di festa e goliardia e a D’Annunzio va una delle poesie più belle dei nostri ricordi:

Carnevale vecchio e pazzo
s’è venduto il materasso
per comprare pane e vino
tarallucci e cotechino.
E mangiando a crepapelle
la montagna di frittelle
gli è cresciuto un gran pancione
che somiglia ad un pallone.
Beve, beve all’improvviso
gli diventa rosso il viso
poi gli scoppia anche la pancia
mentre ancora mangia, mangia.
Così muore Carnevale
e gli fanno il funerale. (Gabriele D’Annunzio)

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